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Lo sbarco in Normandia che senza la Russia non ci sarebbe stato

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Il 4 giugno 1944 -80 anni fa- le avanguardie americane raggiunsero Roma e la città fu liberata, prima tra le capitali dell’Asse. Due giorni dopo un’altra notizia oscurò però il pur grande successo: lo sbarco in Normandia all’alba del 6 giugno aprì il ‘secondo fronte’, la svolta nella Seconda Guerra mondiale, attesa (ed auspicata) da tempo soprattutto in Unione Sovietica.
L’Unione Sovietica e la lunga attesa del ‘secondo fronte’: oggi sulla scia della guerra Ucraina, contro la Russia di Putin un tentativo di cancellazione della storia?

‘Operazione Barbarossa’

L’Unione Sovietica fu attaccata a sorpresa dalla Germania nazista il 22 giugno 1941, quando si abbatté sul paese una forza gigantesca di oltre duecento divisioni, più di tremila carri armati e cinquemila aeroplani. A queste forze ben presto se ne aggiunsero altre: Italia, Romania, Ungheria e Spagna inviarono infatti altre trentasette divisioni, anche se non paragonabili come potenza a quelle tedesche.
Da quel momento l’URSS chiese ripetutamente agli alleati – dapprima i soli inglesi, ma poi anche agli americani a partire dal gennaio 1942 – l’apertura di un secondo fronte per alleggerire la posizione russa: sul fronte orientale si stava infatti combattendo una guerra totale che comprendeva anche l’annientamento della popolazione civile. Ad onor del vero, prima dell’entrata in guerra degli Stati Uniti, la sola Gran Bretagna avrebbe avuto difficoltà ad ampliare il fronte, ma nella fase successiva il potenziale alleato era aumentato progressivamente, tanto che furono inviati aiuti militari dagli alleati, che tuttavia nell’enorme calderone del fronte orientale non si rivelarono determinanti.
Altre richieste furono avanzate nel 1942 e nel 1943: non solo la situazione angloamericana era migliorata, ma l’avanzata tedesca era stata fermata a Stalingrado e in Nord Africa le forze dell’Asse si erano arrese. Si cominciò però a parlare concretamente di uno sbarco ‘nei Balcani’ o altrove solo alla conferenza di Tehran, cioè nel dicembre 1943.

La conferenza di Teheran

Sul fronte orientale era stata appena liberata Kiev (novembre 1943), ma l’ultima grande contro-offensiva tedesca rioccupò parte dell’Ucraina respingendo i russi. A Teheran, tra la fine di novembre e i primi di dicembre, furono comunque prese numerose decisioni: i tre grandi (Churchill, Roosevelt e Stalin) concordarono l’appoggio al movimento partigiano di Tito in Jugoslavia; lo sbarco in Normandia, al quale fu posto come scadenza un semestre o la massimo nove mesi, e la dichiarazione di guerra russa all’impero del Giappone, che però avvenne solo nell’estate 1945.
Mentre si discutevano i piani futuri, si ebbe anche la relativa certezza che i tedeschi avevano tuttavia creduto alle operazioni di inganno messe in atto sin dall’estate, ossia le false notizie di sbarchi in altri luoghi. I tedeschi disorientati arrivarono così a temere sbarchi in Grecia o nei Balcani, ma non per questo spostarono ingenti forze: continuarono a mantenere il cento di gravità sul fronte orientale e combattere contro i russi una guerra di annientamento e di sterminio, anche se ormai avevano perso l’iniziativa strategica. Probabilmente fu la fase peggiore della guerra: il presagio della sconfitta accrebbe durezza e brutalità soprattutto nei confronti della popolazione civile.

Sacrificio russo agghiacciante

Le vicende della collaborazione tra alleati furono decisamente complesse e controverse, ma resta il fatto che lo sforzo compiuto dai sovietici fu gigantesco e soprattutto prolungato. Alla conclusione della guerra il numero delle perdite sovietiche fu stimato in circa ventisette milioni di persone, cifra da capogiro che – nonostante successivi ricalcoli o contestazioni – resta in ogni caso semplicemente terrificante.

Caddero in combattimento almeno dodici milioni di soldati e quindici milioni di cittadini sovietici, furono rase al suolo un migliaio di città, completamente distrutte trentamila fabbriche e altre decine di migliaia di aziende agricole, senza contare strade e ferrovie. Secondo stime internazionali nel dopoguerra i danni complessivi ammontarono a centoventi miliardi di dollari: per fornire un paragone basti pensare che i danni nella sola Inghilterra, pesantemente provata dai bombardamenti aerei tedeschi, ammontarono invece a una trentina.

Fu infine sul fronte orientale d’altra parte che i tedeschi subirono il numero più elevato di perdite: settecentocinquantamila rispetto le quattrocentomila degli altri fronti. Dopo lo sbarco in Normandia gli alleati non affrontarono una passeggiata militare per liberare la Francia, ma senza il logoramento provocato dal fronte russo il loro compito avrebbe richiesto sacrifici maggiori.

02/06/2024

da Remocontro

Giovanni Punzo

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