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Lo sfortunato regno italiano d’Albania

Lo sfortunato regno italiano d’Albania

Memoria di Albania oltre ai richiami dell’attualità, vicende sempre travagliate. Il ‘Protettorato italiano del Regno d’Albania’ fu uno Stato esistito tra il 1939 e il 1943, e Vittorio Emanuele III d’Italia, dopo l’occupazione decisa dal regime fascista, divenne anche Re d’Albania. Durante la seconda guerra mondiale, dopo le annessioni del 1941 di frammenti serbi del Kosovo e del Montenegro, divenne una effimera Grande Albania. Vita breve e travagliata: il Regno italiano d’Albania, travolto dalle difficoltà interne e dalle vicende della Seconda Guerra mondiale, scomparve dopo l’8 settembre 1943.

L’occupazione italiana del 1939

Il 28 novembre 1912, nel turbinio della Prima guerra balcanica, fu proclamata l’indipendenza albanese e il trattato di pace sottoscritto a Londra nel 1913 tra la l’impero ottomano e gli stati balcanici (Serbia, Bulgaria, Montenegro e Grecia) riconobbe l’esistenza del nuovo piccolo stato. Il primo sovrano fu un principe tedesco, Guglielmo di Wied, nipote della regina di Romania, che però sul trono sedette assai poco: allo scoppio della Prima Guerra mondiale lasciò infatti il paese su una nave italiana (nel 1914 l’Italia era ancora neutrale) e si arruolò nell’esercito tedesco.
Sconfitti gli imperi centrali, fu in pratica detronizzato e l’Albania divenne ufficialmente nel 1924 una repubblica guidata da Ahmed Bey Zog. Il neo presidente, la cui famiglia sosteneva di discendere dal leggendario condottiero Skanderbeg, eroe dell’indipendenza albanese che si era battuto contro gli ottomani nel XV secolo, si proclamò però egli stesso re nel 1928, senza ottenere tuttavia riconoscimenti internazionali, se non dall’Italia.
Pressato a sud dalla Grecia che rivendicava parte dell’Epiro settentrionale e ad est dal regno di Jugoslavia che avrebbe voluto spingersi fino all’Adriatico, Zog mantenne sempre una politica di amicizia e ammirazione verso l’Italia di Mussolini che di fatto ne garantì la permanenza al potere. Del resto la sua figura di re, nepotista, incline all’arricchimento personale e dedito ad altre stravaganze, non riscosse mai simpatie e nemmeno attenzione da parte delle altre case regnanti europee. Il 7 aprile 1939 truppe italiane sbarcarono in Albania ponendo fine al suo regno.

Il nuovo regno e i tanti vice-re

Principale artefice del rovesciamento di Zog fu Galeazzo Ciano, ministro degli esteri del governo Mussolini e genero dello stesso. Da tempo l’intraprendente Ciano aveva rivolto la sua attenzione al paese delle aquile, soprattutto ottenendo una sorta di assenso da parte della Jugoslavia, molto più preoccupata dalla Germania nazista che dell’Italia. Nel marzo 1939 Hitler occupò la Cecoslovacchia, a dispetto del patto di Monaco scuotendo l’opinione pubblica internazionale. Per non essere da meno, il dittatore italiano –alla vigilia di sottoscrivere il Patto d’Acciaio –, decise l’invasione dell’Albania sbarcando contemporaneamente a Valona, Durazzo, San Giovanni di Medua e Saranda con un determinante appoggio navale.
Il paese divenne formalmente un ‘protettorato’ italiano governato da un luogotenente generale di nomina regia, ma dipendente di fatto dal ministro degli esteri Ciano. Sebbene fosse stato conservato un governo albanese (se ne succedettero sei in meno di quattro anni), tutte le decisioni dei singoli ministri avevano bisogno tuttavia di una controfirma italiana; fu introdotto l’ordinamento amministrativo italiano (le prefetture) e istituito un corpo speciale di polizia per l’Albania e anche le forze armate furono inglobate nel regio esercito.
Furono istituite legioni di camicie nere, diretta emanazione del neo costituito partito fascista albanese, che al momento della prova delle armi diedero un pessimo risultato. Anche l’Agip, l’ente petrolifero italiano, intervenne nello sfruttamento delle risorse albanesi, ma a causa della guerra i risultati furono modesti anche nel settore minerario. Al contrario, quando i tedeschi occuparono il paese dopo la dissoluzione del regno, le miniere di zinco e piombo sotto il loro controllo divennero importanti nella produzione bellica della Germania.

L’epilogo della guerra

Nell’ottobre 1940, esattamente il giorno 28 – anniversario della marcia su Roma –, Mussolini attaccò la Grecia muovendo dall’Albania. Hitler andò su tutte le furie: Mussolini infatti, per la seconda volta, aveva deciso senza consultarsi prima con l’alleato. Come riportato da Ciano nei Diari, Mussolini aveva detto tra l’altro: «Questa volta Hitler lo saprà dai giornali!». Come in molti altri casi della storia, anche il piano italiano di invasione della Grecia sembrava sulla carta un capolavoro di arte militare e strategia: in meno di un mese si trasformò in un disastro pressoché totale perché i greci non solo resistettero agli italiani, ma li rigettarono indietro occupando anche parti dell’Albania.
Fu in questa fase che alcuni reparti albanesi si ammutinarono ed abbandonarono la linea del fronte creando agli italiani altre difficoltà oltre a quelle con i greci. Dopo la campagna di Jugoslavia nel 1941 fu annessa al regno d’Albania una parte dell’attuale Kosovo e del Montenegro, ma l’ingrandimento territoriale non cambiò l’atteggiamento degli albanesi nei confronti degli italiani: a partire dal 1942, in parallelo allo sviluppo del movimento di resistenza di Tito in Jugoslavia, cominciò anche la resistenza albanese soprattutto tra le montagne.
Nel luglio 1943 il regio esercito organizzò un’operazione in grande stile al termine della quale furono rasi al suolo un’ottantina di villaggi e uccisi centinaia di albanesi. Dopo l’8 settembre 1943 le parti però si invertirono e si verificarono uccisioni di centinaia di italiani e altri gravi atti nei confronti dei coloni e degli altri lavoratori affluiti dall’Italia a partire dal 1939.

19/11/2023

da Remocontro

Giovanni Punzo