Il caso Il surreale dibattito sul «contributo di solidarietà» e le ipotesi per evitare il tabù: le tasse. La stima: 663 milioni di euro o 1,3 miliardi da un prelievo tra l’1 e il 2% sugli utili. 66 miliardi di euro lordi nel 2022 e nel 2023. Secondo la Fabi questi sono stati i profitti realizzati dalle banche italiane con l’aumento dei tassi di interesse della Bce
Tassa sugli «extraprofitti» delle banche o «soluzione concordata» in nome della «nazione». La scommessa non è tanto sulla formula giocherellona che sarà scelta nella legge di bilancio, ma sul modo in cui il governo Meloni riuscirà a evitare di fare pagare qualcosa che le banche non intendono dare e le destre non intendono chiedergli. Il ministro dell’economia Giorgetti ha fatto sapere che nessuno sta lavorando a una simile ipotesi. Eppure la discussione tiene banco nel soporifero esercizio ragionieristico della legge di bilancio.
«TUTTI DARANNO un contributo alla crescita del paese» ha detto il vicepremier leghista Matteo Salvini. Per questo «tutti» Salvini ha inteso anche «artigiani e operai». «Se chiediamo un contributo a loro, faranno la loro parte anche i grandi gruppi bancari e assicurativi che magari spesso pagano all’estero tasse più basse rispetto a quelle che lavoratori italiani pagano in Italia». Se così fosse, e non è, Salvini starebbe parlando di un prelievo generalizzato.
GRANDE È LA CONFUSIONE tra Forza Italia che nega ogni forma di prelievo sui mega profitti e Fratelli d’Italia che gira tra le banche con un piattino in mano. Il sottosegretario all’economia Federico Freni ha trovato una formula: «soluzione concordata» su un contributo «nell’interesse generale». Le ipotesi sarebbero diverse: agire sull’eccedente e non sul totale, calcolato sulla media degli utili ottenuti fino a 10 anni. Tutto ciò che eccede la media sarebbe tramutato in contributo di solidarietà. Oppure: agire sugli ammortamenti delle perdite, allungando i tempi per portarle in deduzione, in pratica un anticipo, di risorse dovute. E ancora: un aumento dello 0,5%, dell’addizionale Ires. Infine, per chi rifiuta di versare il contributo di solidarietà potrebbe arrivare l’obbligo di accantonare a riserva o al patrimonio una somma pari anche a 2,5 volte e mezzo i profitti extra. Come l’anno scorso.
UNA GOCCIA NELL’OCEANO. Di questo parlano. Uno studio dell’ufficio ricerche della Fabi ieri ha stimato che un contributo dell’1% sui profitti degli ultimi due anni, 2022 e 2023, otterrebbe 661 milioni. Se il contributo fosse del 2% le banche darebbero 1,3 miliardi di euro in un biennio. Stiamo parlando di profitti lordi per 25.454 milioni di euro nel 2022 e 40.643 nel 2023, per un totale di 66.097 miliardi. Una manna incredibile creata dall’aumento dei tassi di interesse voluto dalla Banca Centrale europea (Bce) per contrastare l’inflazione. Una politica che ha aumentato i profitti e contenuto al minimo gli aumenti dei salari. Operazione riuscitissima. Il problema sta a monte, e non solo a valle.
IL GOVERNO ha aspettato i conti dell’Istat dal 1995 al 2023 per scoprire che la crescita del Pil nel 2023 è stata tagliata dallo 0,9% allo 0,7%, che il rapporto deficit/Pil era al 7,2% e che il debito pubblico era calato al 134,6%. Tutto sommato, nulla cambia rispetto a quanto è stato deciso. «La revisione dell’Istat è di lieve entità e non cambiano i principi e il quadro del piano strutturale di bilancio (Psb)» ha fatto sapere Giorgetti. Il Psb sarà «rifinito». Un’opera d’arte, si direbbe. Insomma per sapere il già noto dall’Istat il governo ha rinviato la scadenza del 17 settembre, termine entro il quale avrebbe dovuto inviare il Psb a Bruxelles. Non sarà l’ultimo rinvio, probabilmente.
IL CONSIGLIO DEI MINISTRI che avrebbe dovuto varare «veramente» il Psb è stato rinviato a venerdì. Domani il governo vedrà le «parti sociali» con Giorgetti e il sottosegretario Mantovano. Della manovra si dirà poco più delle voci che girano all’impazzata, coltivate dallo stesso governo, a cominciare dall’importo complessivo che partirà da 25 miliardi. Da qualche parte bisogna pure trovare i soldi con una procedura di infrazione per deficit eccessivo, sette anni di austerità, un bonus a natale e un altro tutto l’anno per fingere che tutto va bene, signora mia.
Tassa sugli «extraprofitti» delle banche o «soluzione concordata» in nome della «nazione». La scommessa non è tanto sulla formula giocherellona che sarà scelta nella legge di bilancio, ma sul modo in cui il governo Meloni riuscirà a evitare di fare pagare qualcosa che le banche non intendono dare e le destre non intendono chiedergli. Il ministro dell’economia Giorgetti ha fatto sapere che nessuno sta lavorando a una simile ipotesi. Eppure la discussione tiene banco nel soporifero esercizio ragionieristico della legge di bilancio.
«TUTTI DARANNO un contributo alla crescita del paese» ha detto il vicepremier leghista Matteo Salvini. Per questo «tutti» Salvini ha inteso anche «artigiani e operai». «Se chiediamo un contributo a loro, faranno la loro parte anche i grandi gruppi bancari e assicurativi che magari spesso pagano all’estero tasse più basse rispetto a quelle che lavoratori italiani pagano in Italia». Se così fosse, e non è, Salvini starebbe parlando di un prelievo generalizzato.
GRANDE È LA CONFUSIONE tra Forza Italia che nega ogni forma di prelievo sui mega profitti e Fratelli d’Italia che gira tra le banche con un piattino in mano. Il sottosegretario all’economia Federico Freni ha trovato una formula: «soluzione concordata» su un contributo «nell’interesse generale». Le ipotesi sarebbero diverse: agire sull’eccedente e non sul totale, calcolato sulla media degli utili ottenuti fino a 10 anni. Tutto ciò che eccede la media sarebbe tramutato in contributo di solidarietà. Oppure: agire sugli ammortamenti delle perdite, allungando i tempi per portarle in deduzione, in pratica un anticipo, di risorse dovute. E ancora: un aumento dello 0,5%, dell’addizionale Ires. Infine, per chi rifiuta di versare il contributo di solidarietà potrebbe arrivare l’obbligo di accantonare a riserva o al patrimonio una somma pari anche a 2,5 volte e mezzo i profitti extra. Come l’anno scorso.
UNA GOCCIA NELL’OCEANO. Di questo parlano. Uno studio dell’ufficio ricerche della Fabi ieri ha stimato che un contributo dell’1% sui profitti degli ultimi due anni, 2022 e 2023, otterrebbe 661 milioni. Se il contributo fosse del 2% le banche darebbero 1,3 miliardi di euro in un biennio. Stiamo parlando di profitti lordi per 25.454 milioni di euro nel 2022 e 40.643 nel 2023, per un totale di 66.097 miliardi. Una manna incredibile creata dall’aumento dei tassi di interesse voluto dalla Banca Centrale europea (Bce) per contrastare l’inflazione. Una politica che ha aumentato i profitti e contenuto al minimo gli aumenti dei salari. Operazione riuscitissima. Il problema sta a monte, e non solo a valle.
IL GOVERNO ha aspettato i conti dell’Istat dal 1995 al 2023 per scoprire che la crescita del Pil nel 2023 è stata tagliata dallo 0,9% allo 0,7%, che il rapporto deficit/Pil era al 7,2% e che il debito pubblico era calato al 134,6%. Tutto sommato, nulla cambia rispetto a quanto è stato deciso. «La revisione dell’Istat è di lieve entità e non cambiano i principi e il quadro del piano strutturale di bilancio (Psb)» ha fatto sapere Giorgetti. Il Psb sarà «rifinito». Un’opera d’arte, si direbbe. Insomma per sapere il già noto dall’Istat il governo ha rinviato la scadenza del 17 settembre, termine entro il quale avrebbe dovuto inviare il Psb a Bruxelles. Non sarà l’ultimo rinvio, probabilmente.
IL CONSIGLIO DEI MINISTRI che avrebbe dovuto varare «veramente» il Psb è stato rinviato a venerdì. Domani il governo vedrà le «parti sociali» con Giorgetti e il sottosegretario Mantovano. Della manovra si dirà poco più delle voci che girano all’impazzata, coltivate dallo stesso governo, a cominciare dall’importo complessivo che partirà da 25 miliardi. Da qualche parte bisogna pure trovare i soldi con una procedura di infrazione per deficit eccessivo, sette anni di austerità, un bonus a natale e un altro tutto l’anno per fingere che tutto va bene, signora mia.
24/09/2024
da Il Manifesto