18/11/2025
da Remocontro
rem
«Il Consiglio di Sicurezza ha detto sì, ma ciò che resta sul tavolo somiglia più a un involucro che a un accordo di pace», introduce con efficacia il cattolico Avvenire. «La risoluzione americana su Gaza, approvata con 13 voti favorevoli e le astensioni di Mosca e Pechino, segna certo un passaggio diplomatico rilevante, ma non offre alcun riferimento concreto all’unico sbocco riconosciuto dalla comunità internazionale come credibile: la soluzione a due Stati».

Assenza decisiva, lo Stato di Palestina
Dal premier Netanyahu l’opposizione alla nascita di uno Stato palestinese costretta dalla diplomazia. Senza ritegno il suo governo di estremisti. «La missione della mia vita è impedire la creazione di uno stato palestinese nel cuore della nostra terra», dichiara il ministro delle finanze Bezalel Smotrich. Peggio Itamar Ben Gvir, sottolinea il manifesto, che vorrebbe far fuori tutti i leader dell’Autorità nazionale palestinese (Anp): «Se accelerano il riconoscimento dello stato palestinese, e l’Onu lo riconosce, dovrebbero essere ordinati omicidi mirati di alti funzionari dell’Anp». Per il 90enne Abu Mazen, «C’è una cella di isolamento pronta per lui nella prigione di Ketziot», ha minacciato il suprematista ebraico. Un altro personaggio su cui la Corte penale dell’Aja continua ad essere distratta.
Ringhi elettorale ma di Stato Palestinese non c’è traccia
Ma Israele sa bene che nella risoluzione che gli Stati uniti hanno portato all’Onu non esiste un progetto chiaro per la nascita di uno stato palestinese. Il riferimento è stato inserito per volontà dei governi arabi, ma solo per non irritare l’alleato, e l’arzigogolo Trump: «percorso verso l’autodeterminazione». Il non dire per mai fare. Nella striscia intanto Israele continua a uccidere. Ad al-Daraj,sganciato un ordigno su una scuola-rifugio, ferendo 13 persone, tra cui diversi bambini. Almeno due palestinesi sono stati uccisi dai militari vicino alla ‘linea gialla. Nella Cisgiordania occupata, i coloni israeliani hanno dato fuoco a case e automobili palestinesi vicino a Betlemme, mentre a Tzur Misgavi a centinaia hanno attaccato persino la polizia israeliana che tentava di sgomberare un avamposto illegale, denuncia Eliana Riva.
L’invenzione Onu
- «Una forza internazionale sarà incaricata di stabilizzare la Striscia e disarmare Hamas. Donald Trump esulta, definendo il voto ‘storico’ e annunciando la creazione di un Board of Peace che guiderà personalmente». Oltre le sparate ormai caricaturali del personaggio che s’indora, i fatti purtroppo dicono altro.
Rigoroso Giulio Isola su Avvenire
- «Un entusiasmo che stride con il contenuto del documento, nel quale la prospettiva della statualità palestinese viene solo evocata in forma condizionale e rinviata a un futuro indeterminato, subordinata a riforme dell’Autorità Palestinese e a un avanzamento della ricostruzione. Una formula di circostanza che non definisce tempi, garanzie né competenze».
Più diplomazia che contenuti
Russia e Cina, inizialmente pronte a mettere il veto, hanno scelto l’astensione, pur criticando l’opacità del processo. Mosca aveva depositato nei giorni scorsi una bozza alternativa: niente smilitarizzazione obbligatoria, nessun Board of Peace presieduto dallo stesso Trump, e una forza internazionale affidata alla supervisione del segretario generale dell’Onu, non a Washington. Posizioni condivise da Pechino e dall’Algeria, rimaste però isolate di fronte alla compatta pressione dei principali Paesi arabo-musulmani — Qatar, Egitto, Emirati, Arabia Saudita, Giordania, Indonesia, Pakistan e Turchia — determinati a non rallentare la fase due del piano, dopo il cessate il fuoco, la liberazione dei prigionieri e il ritiro parziale dell’Idf dalla Striscia. L’Autorità Palestinese ha salutato con ‘soddisfazione’ il voto e chiesto una «attuazione immediata».
L’assenza di impegni chiari nel testo
La reazione dei diretti interessati denuncia la fragilità del tutto. Hamas ha respinto la risoluzione definendola un passo verso una tutela straniera su Gaza degli interessi israeliani, rifiutando ogni riferimento al disarmo. Netanyahu, stretto tra pressioni interne e la prospettiva di una governance internazionale della Striscia, ha ribadito che Israele «resta contrario allo Stato palestinese» e che la smilitarizzazione di Gaza sarà perseguita «con le buone o con le cattive». Sul terreno la tensione resta alta: gli scontri con i coloni nell’avamposto di Tzur Misgavi e le violenze a Jaba’a, vicino Betlemme, confermano che la Cisgiordania continua a essere un banco di prova instabile e infiammabile.
Russia e Cina astenuti ma arrabbiati
- Da Mosca e Pechino, pur scegliendo l’astensione, molte critiche. Il rappresentante russo ha denunciato l’affrettatezza del processo e l’assenza di un impegno reale verso due Stati. L’ambasciatore cinese Fu Cong ha parlato di un documento che «non riflette una visione adeguata per una soluzione politica complessiva» e che consegna agli Usa un ruolo dominante attraverso il Board of Peace e l’International Stabilization Force, di cui «non si conoscono né mandato né limiti».

