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L’Onu approva il piano Usa per Gaza grazie all’astensione di Russia e Cina: governo transitorio in vista di uno Stato palestinese

L’Onu approva il piano Usa per Gaza grazie all’astensione di Russia e Cina: governo transitorio in vista di uno Stato palestinese

18/11/2025

da Il Fatto Quotidiano

Redazione

Via libera del Consiglio di sicurezza dopo lunghi negoziati. La risoluzione prevede un "board of peace" fino al 31 dicembre 2027, presieduto da Trump, in attesa della riforma dell’Anp. Dopo la ricostruzione, "un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la sovranità palestinese"

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato ieri sera intorno alle 23 il piano statunitense per Gaza. Prevede una forza internazionale di stabilizzazione per garantire la sicurezza e – sulla carta – il disarmo di Hamas, aprendo alla nascita di uno Stato palestinese indipendente. La Russia, che aveva presentato una risoluzione concorrente, si è astenuta insieme alla Cina nel voto conclusosi con 13 voti a favore e nessuno contrario. Gli Stati Uniti e altri paesi speravano che Mosca non avrebbe usato il suo diritto di veto nell’organo più potente delle Nazioni Unite per bloccare l’adozione della risoluzione. Il voto è stato un passo cruciale per il fragile cessate il fuoco e per gli sforzi volti a delineare il futuro di Gaza dopo due anni di guerra tra Israele e Hamas. In un comunicato rilanciato dall’agenzia Wafa, l’Autorità palestinese di Mahmoud Abbas ha sottolineato la necessità che la risoluzione venga attuata “immediatamente sul terreno” allo scopo di garantire “il ritorno alla normalità” e la protezione della “nostra popolazione nella Striscia di Gaza”, facilitando la ricostruzione e “bloccando il processo di indebolimento della soluzione dei due stati”.

Governo transitorio in vista dello Stato palestinese

Il testo – modificato più volte durante i delicati negoziati tra i Quindici – autorizza la formazione di un “board of peace”: un organo di governo transitorio fino al 31 dicembre 2027, presieduto da Trump, in attesa della riforma dell’Autorità Nazionale Palestinese. Con una rinnovata leadership politica e la ricostruzione del territorio a buon punto, “potrebbero finalmente crearsi le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la sovranità palestinese”. A premere per il rapido passaggio della risoluzione sono stati gli Usa, l’Autorità Palestinese, oltre ai paesi arabo-musulmani più importanti: Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Giordania e Turchia. L’ambasciatore americano all’Onu Mike Waltz ha definito “storica” la risoluzione Usa adottata dal Consiglio di Sicurezza, salutando “l’opportunità di porre fine a decenni di spargimento di sangue e rendere realtà una pace duratura”. Con il sì alla risoluzione, può iniziare la fase due del piano di pace, quella più difficile, dopo la tregua: ovvero lo scambio dei prigionieri e il parziale ritiro dell’Idf dalla Striscia.

L’astensione di Russia e Cina

Sul voto pesava l’incognita del possibile veto della Cina e della Russia. Mosca nei giorni scorsi aveva presentato una bozza alternativa che non menzionava la smilitarizzazione di Gaza, si opponeva alla permanenza di Israele oltre la linea gialla, non citava il Board of Peace per l’amministrazione transitoria dell’enclave (presieduto dallo stesso Trump) e affidava al segretario generale dell’Onu il compito di valutare le “opzioni per il dispiegamento della Forza internazionale di stabilizzazione” (togliendole così a Washington). Ma dopo il via libera alla risoluzione Usa, manifestato dall’Anp e ai dai Paesi arabi, per Mosca e Pechino sarebbe stato difficile giustificare il voto contrario. Per facilitare il voto di Mosca e Pechino, la bozza di risoluzione era stata rinegoziata. Il testo afferma che gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza possono partecipare al cosiddetto Board of Peace. Per la forza internazionale di stabilizzazione, formata da Paesi prevalentemente musulmani, resta confermato il compito di garantire un processo di smilitarizzazione di Gaza, incluso il disarmo e la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas.

Hamas e Israele contrari alla risoluzione Onu

Un gruppo ombrello di fazioni palestinesi guidate da Hamas aveva pubblicato domenica una dichiarazione contro la risoluzione, bocciandola come un passo pericoloso verso l’imposizione di una tutela straniera. Respinta qualsiasi clausola relativa al disarmo di Gaza o che leda “il diritto del popolo palestinese alla resistenza”.

“La risoluzione impone un meccanismo di tutela internazionale sulla Striscia di Gaza, che il nostro popolo e le sue fazioni rifiutano”, afferma il gruppo islamista in una lunga dichiarazione su Telegram. “Assegnare alla forza internazionale compiti e ruoli all’interno della Striscia di Gaza, tra cui il disarmo della resistenza, la priva della sua neutralità e la trasforma in una parte del conflitto a favore dell’occupazione” israeliana, prosegue la dichiarazione. “Qualsiasi forza internazionale, se istituita, deve essere dispiegata solo ai confini per separare le forze, monitorare il cessate il fuoco e deve essere sotto la piena supervisione delle Nazioni Unite”, conclude.

Dal canto suo il premier Benjamin Netanyahu, sotto pressione dai ministri di destra del suo governo, aveva ribadito il no di Israele a uno Stato palestinese promettendo di smilitarizzare Gaza “con le buone o con le cattive”.

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