La trasmissione di Report andata in onda ieri sera ha mostrato, credo per la prima volta in prima serata in un canale della tv pubblica, l’immenso orrore provocato da Israele a Gaza e nei territori occupati. Ha fatto anche qualcosa di più, ha mostrato l’intreccio di affari tra lo stato ebraico e i paesi occidentali relativamente all’industria militare. Gli accordi internazionali impediscono di comprare armi da paesi in guerra, ma questa regola, come praticamente tutte le regole e i limiti normalmente applicati agli altri stati, non si applica ad Israele.
Insieme agli orrori, i dati delle stragi, le distruzioni generalizzate, l’apartheid nei territori illegalmente occupati da 57 anni, la trasmissione ha inoltre aperto un capitolo fondamentale per il dibattito politico, ovvero quello del genocidio. Su questa parola permangono molte remore, dovute a una sorta di alone di sacralità che protegge Israele attraverso giustificazioni meschine e volgari. Mi ha fatto piuttosto specie vedere il ministro degli Esteri Tajani, non il peggiore del governo, non un Lollobrigida, replicare al giornalista che gli chiedeva del ruolo dell’Italia rispetto ai crimini israeliani e alle morti di 43mila palestinesi, con affermazioni fuori luogo, che chiamavano in causa il genocidio nazista, come se il sangue dell’Olocausto lavasse il sangue dei palestinesi.
Sconcertanti sono poi le parole di Fiamma Nietenstein, per cui la parola genocidio ad Israele non si può applicare perché significa considerare i suoi abitanti dei nazisti. In un contesto in cui si dà del nazista ogni tre per due (anche Trump si è beccato del nazista, e da noi anche Berlusconi e persino Grillo), il problema della valutazione dei crimini israeliani sarebbe dunque limitata a causa di un aggettivo strabusato nei più disparati contesti dove nella larghissima maggioranza dei casi non ci sono vittime…
Report ha avuto il merito di aver mostrato che in realtà l’accusa di genocidio non è dovuta a una chiacchiera da social, ma è un preciso capo di imputazione emesso dal Tribunale internazionale. Non si tratta di un ghiribizzo di qualche toga rossa dell’Aja, ma di una precisa accusa derivante dalla definizione di genocidio stabilita dall’Onu e non da un influencer antisemita. Del resto, non pochi israeliani combattono contro il proprio paese per via dei crimini contro i palestinesi, anche loro antisemiti?
Ma ecco la definizione:
“Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:
(a) uccisione di membri del gruppo;
(b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
(c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
(d) misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo;
(e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro”.
Ora, numerosi atti compiuti da Israele rientrano nella definizione di genocidio. Tra i più clamorosi vi è quello commesso all’inizio dell’invasione di Gaza, quando l’esercito israeliano ha spinto i civili a spostarsi verso sud per poi bombardare proprio le zone meridionali in cui hanno cercato riparo. Ma questo è solo uno dei casi più clamorosi e facilmente verificabili. I massacri sono generalizzati, colpiscono i civili, le infrastrutture, gli edifici politici: il loro scopo è quello di uccidere quanti palestinesi è più possibile e rendere la vita di chi sopravvive un inferno, di modo da favorire la fuga e l’abbandono della Palestina.
La trasmissione ha infine messo in rilievo la torsione dell’Italia in politica estera, mostrando come il nostro paese in passato fosse tra quelli più sensibili alla causa palestinese. Dalla destra DC di Andreotti, sino al PSI di Craxi e al PCI di Berlinguer, la politica italiana non ha in passato mostrato in alcun modo la sudditanza ideologica e sanguinaria di Israele. L’involuzione che oggi rende il nostro paese complice dei massacri è iniziata con Berlusconi.
04/11/2024
da L'Antidiplomatico