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L’umanità fuori dall’angolo

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05/10/2025

da Il Manifesto

Andrea Fabozzi

C'è una strada È un paese reattivo e vitale quello che sciopera in solidarietà con Gaza

Sì, è vero, non può essere un corteo a duemila e più chilometri da Gaza, per quanto immenso, a interrompere il genocidio che lì si consuma da due anni. Ma proprio perché sono passati due anni, sappiamo che senza il protagonismo dei cittadini, senza una sollevazione forte ed evidente delle opinioni pubbliche mondiali la pulizia etnica dei palestinesi continuerà identica a se stessa. E resterà aperto quel baratro nel quale sta cadendo un bel pezzo della nostra umanità, non solo la Palestina.

I governi, in prima fila il nostro, lasciano fare il «lavoro sporco» a Netanyhau. Con le azioni – continuano lo scambio civile e militare con Israele, scelgono di non riconoscere lo stato di Palestina – e le omissioni – non interrompono gli accordi di collaborazione, restano acquiescenti persino di fronte all’arresto illegale e alla tortura dei connazionali imbarcati sulla Flotilla (e fortuna che il nostro Lorenzo D’Agostino ora può raccontarlo). Dunque cittadine e cittadini restano l’unica speranza per imporre una svolta, fosse anche solo per l’opportunismo dei governanti. E se questa speranza nel nostro paese ha tardato a manifestarsi più che altrove, adesso conquista l’attenzione del mondo. Per giorni ha riempito le piazze in un crescendo, una mobilitazione permanente di cui da decenni si erano perse le tracce, fino al corteo di ieri di Roma. Ma corteo non rende l’idea di quanto la città sia stata invasa, anche fuori dai percorsi programmati, da centinaia e centinaia di migliaia di persone arrivate da ovunque. Una massa con le dimensioni di quelle che cambiano, se non ancora la storia, certamente la prospettiva con cui guardare alla cronaca.

È un paese reattivo e vitale quello che sciopera in solidarietà, che non si stanca di scendere in strada, che riempie le facciate di bandiere della Palestina. Non ce la fa (più) a voltarsi dall’altra parte e non accetta che un colossale tradimento dell’umanità possa continuare così a lungo in suo nome o con la sua distrazione.

E non è l’importanza della giornata di ieri – e di tutte le precedenti giornate dal 22 di settembre – a sfuggire al governo, al contrario è il governo che fugge dalla realtà provando a raccontare le piazze come adunate di violenti. Gonfiare qualche stupido episodio che vale quanto quelli di una domenica allo stadio (benché frutto di una rabbia assai più leggibile) è il solito scontato tentativo di nascondere, con l’aiuto dell’informazione amica, la portata di una manifestazione che evidentemente fa paura.

Ed è giusto che faccia paura al governo. Perché le strade stracolme di Roma dimostrano come Meloni si trovi adesso in un angolo lontanissimo dal sentimento popolare. Dove si è messa da sola. La modalità unica che la premier ha di reagire a qualsiasi fatto non combaci con la sua propaganda, lo sperimentato vittimismo aggressivo, è clamorosamente inadatta quando si tratta di affrontare l’immenso orrore di Gaza che tutti vedono. Nessuno può credere veramente che i milioni di persone che in questi giorni hanno manifestato lo abbiano fatto per avere un giorno in più di vacanza o che in fondo «se ne fregano» dei palestinesi o della sorte della Flotilla, perché sono solo estremisti e violenti. Prigioniera ormai di questo inverosimile racconto, Meloni non può più tentare di riposizionarsi. Per cui se il movimento durerà non è difficile prevedere che la metterà seriamente in difficoltà.

Dopo la giornata di ieri proprio questo bisogna chiedersi, quanto a lungo sarà in campo questa mobilitazione. Servirà tempo per capirlo, ma intanto Roma ha dimostrato che la bandiera della Palestina sventola per tanto altro oltre alla tenace volontà di restare umani di fronte al genocidio. C’è un destino apparecchiato di sopraffazione, riarmo, guerra e devastazione ambientale. Ma c’è anche un’altra strada.

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