01/11/2025
da Left
Il socialista Zohran Mamdani, 33 anni, sfida Cuomo e Sliwa alle elezioni di New York del 4 novembre con un programma radicale su casa, diritti e giustizia sociale
Il primo a ribellarsi all’inedia che ha colpito l’opposizione dopo la vittoria di Trump è stato Bernie Sanders, il senatore socialista del Vermont che ha provato anche a candidarsi alla Casa Bianca. Il suo tour “Fight the Oligarchy” ha ottenuto record di presenze in tutti gli Stati Uniti. In particolare, venerdì 21 marzo ha collezionato 34 mila partecipanti nella sua tappa a Denver, Colorado. Era dalla campagna elettorale di Barack Obama 2008 che non si vedevano tante persone in un comizio a Denver.
E, ci tiene a specificare la deputata socialista Alexandria Ocasio-Cortez che ha partecipato insieme a Sanders, c’erano anche più persone presenti rispetto alla Democratic National Convention di Chicago del 2024, quella in cui Kamala Harris è stata incoronata ufficialmente candidata. Sempre durante il comizio di Denver, Ocasio-Cortez ha affermato: «Io non credo nella salute pubblica, nel lavoro e nella dignità umana perché sono marxista. Ci credo perché sono stata una cameriera, perché ho fatto i doppi turni per pagare le bollette e perché, nei miei giorni peggiori, mi sono resa conto di cosa significa avere la sensazione di essere lasciati indietro. E so che non dobbiamo vivere in questo modo».
Andando avanti nel suo discorso, ha sottolineato come spesso lei e Sanders siano additati come «radicali» per i temi che affrontano. «Io credo che si tratti di buonsenso, che se una persona si ammala non debba finire in bancarotta nel Paese più benestante della storia del mondo. Credo che uno stipendio minimo debba coprire i costi minimi di vita. È solo buonsenso», ha dichiarato. In un Paese che sta diventando sempre più autoritario e anaffettivo, con l’Ice (una sorta di polizia dell’immigrazione) che arresta persone di origine straniera senza alcun motivo tranne quello di non essere nati negli Stati Uniti, e lo fa mentre fanno la spesa, lavorano o vanno a prendere i figli a scuola, ricordare che il centro della politica dovrebbero essere gli esseri umani non è affatto superfluo.
Ma c’è un altro personaggio che si è fatto avanti con un sorprendente successo: è Zohran Mamdani, trentatreenne socialista di origini indiane nato in Uganda, cittadino americano dal 2018 e front runner nella campagna elettorale per il sindaco di New York (sfiderà Sliwa e Cuomo alle elezioni del 4 novembre).
Mamdani ha già vinto le primarie contro l’ex governatore Andrew Cuomo, costretto a dimettersi nel 2021 dopo un’accusa per molestie sessuali, e si gioca delle concrete possibilità alle elezioni del prossimo novembre. Un risultato, quello delle primarie, che sembrava difficile da raggiungere, considerando che Mamdani si è schierato dalla parte della classe media (la Grande Mela è una città piena di benestanti) e a favore della Palestina (idem per i cittadini di religione ebraica). Sembrava fosse destinato a una sonora sconfitta, invece ha sorpreso tutti battendo il membro dell’establishment di turno, un po’ come aveva fatto Alexandria Ocasio-Cortez nel 2018 alle primarie per il seggio che ora rappresenta alla Camera.
Come ha fatto Mamdani a vincere? È la domanda delle domande, e la risposta potrà essere molto utile ai Democratici. Innanzitutto, Mamdani ha saputo comunicare efficacemente il suo programma e le sue posizioni politiche, anche quando potevano scontentare qualcuno dell’elettorato più centrista. Si è fatto vedere, in città e sui social. La sua storia è diventata parte integrante della campagna elettorale, e l’ha raccontata in modo convincente.
Seppure non si possa dire che venga dal proletariato urbano, dato che suo padre è un professore e sua madre è la pluri premiata regista Mira Nair, Mamdani si è sempre mostrato attento ai problemi reali dei new yorkers. Ed è proprio questo, che l’ha portato al successo: essere stato in grado di creare un movimento attorno alla sua campagna elettorale, come scrive anche Jonathan Lemire su The Atlantic. Perché, in fin dei conti, è questo che è mancato durante la campagna elettorale di Kamala Harris: il senso di comunità, di far parte di un movimento più grande della singola scelta personale. Subito dopo essere subentrata a Biden (periodo che è stato soprannominato brat summer), Harris stava andando bene. L’entusiasmo c’era, i numeri anche. Ma più ci si avvicinava alle presidenziali, più Harris mescolava freneticamente le carte in gioco, allontanando chi aveva visto in lei un possibile segnale di cambiamento (sarebbe stata la prima donna presidente, e per giunta Nera) man mano che si avvicinava al centro destra nello spasmodico tentativo di raccogliere voti.
Questo Mamdani non l’ha fatto, anzi. È rimasto fermo sulle sue posizioni, ma non rigido. Un esempio è l’alleanza costruita con Brad Lander, controller (seconda carica cittadina di matrice fiscale) di New York e ex candidato arrestato dall’Ice per aver difeso un immigrato. Lander si definisce un «sionista progressista». Ed è un fermo oppositore della linea violenta del primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu, ma è anche convinto che Israele abbia diritto a esistere come Stato. Nonostante le divergenze, e anzi senza mai negarle, lui e Mamdani si sono alleati durante la campagna per le primarie, come sottolineano Alexis Grenell and Arash Azizi su The Atlantic. La strategia è stata di allearsi sui punti in comune per raggiungere l’obiettivo di vincere a New York, e lasciare le divergenze come punti di discussione secondari.
Zohran Mamdani è riuscito dove il suo partito ha ripetutamente fallito negli ultimi anni: ha coinvolto i giovani, in particolare i giovani maschi che alle presidenziali hanno preferito Trump a Kamala Harris. Le sue idee a favore di una maggiore accessibilità delle politiche abitative e, in generale, una maggiore accessibilità economica in una città in cui i prezzi sono fuori controllo, ha convinto gli elettori che si trovano nella fascia d’età in cui hanno ancora stipendi bassi e la necessità di trovarsi una casa.
È frutto solo di un successo a livello locale in una città a prevalenza Dem, che non ha alcun significato sulla scena nazionale? Lo vedremo. Intanto, lo storico Jon Meacham ha proposto una teoria molto convincente durante la sua partecipazione al programma The Daily Show. Meacham ha suggerito che i quattro anni della seconda presidenza Trump potrebbero portare più facilmente alla vittoria di un candidato di estrema sinistra, che del centro. Come un pendolo che tanto più si sposta a destra con Trump, tanto più arriverà a sinistra quando bisognerà fare i nomi definitivi del prossimo inquilino alla Casa Bianca. Mamdani non può candidarsi, dato che non è nato negli Stati Uniti, ma c’è un nome sulla bocca di tutti, che sembra troppo bello per essere vero: Alexandria Ocasio-Cortez. Se resterà fantapolitica o diventerà realtà lo scopriremo solo nel 2028.
Mamdani durante un comizio, foto wikic

