RIFORME. Il ministro secco anche sulle pensioni: «Con la natalità di oggi nessuna riforma tiene»
Se qualcuno si illudeva che la legge di bilancio 2024 potesse essere diversa da quella dell’anno scorso, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dal meeting di Cl a Rimini, ha provveduto a fare piazza pulita di sogni e chimere. Lo dice senza perifrasi: «Sarà una legge di bilancio complicata. Nulla è gratis e quando facciamo debito o deficit dobbiamo pensare alla sostenibilità. Siamo chiamati a decidere delle priorità: non si potrà fare tutto. Certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio bassi ma dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita». Messaggio chiaro: austerità era e austerità sarà.
GIORGETTI INVITA a sorvolare sulle indiscrezioni che circolano da giorni: «Fioccano proposte più o meno corrette e strampalate senza che i diretti interessati neppure le conoscano». Non fa certamente parte del mazzo di voci in libertà la scelta di puntare moltissimo sul taglio del cuneo fiscale. Lo conferma, sempre da Rimini, il ministro Adolfo Urso: «Per aumentare i salari dobbiamo rendere strutturali i due tagli al cuneo e semmai incrementarli ulteriormente». Significa che il grosso delle coperture, in gran parte ancora da reperire, servirà a questo. Se poi si aggiungono le spese militari e il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione resterà ben poco per le richieste della Lega, cioè un ulteriore intervento sulle pensioni, e di Forza Italia, l’estensione della Flat Tax a tutto il lavoro autonomo. Quota 103 sarà confermata grazie a quanto avanzato dallo stanziamento dell’anno scorso ma nulla di più ed è probabile che anche questo sia stato uno dei punti discussi da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini nell’incontro di domenica scorsa nella masseria pugliese in cui la premier si riposa. Sul tema il ministro dell’Economia si è limitato a segnalare che «nessuna riforma previdenziale tiene sul medio-lungo periodo con la natalità di oggi». Senza ulteriori accenni a correzioni della Fornero.
AL MEETING, IERI, è passata anche la ministra del Lavoro Marina Calderone e qualcosa ha anticipato: «Uno dei punti di riferimento per la manovra credo che sia la detassazione dei premi di produttività e la tassazione agevolata di alcune forme di welfare». Nel complesso, stando alle stime ancora incerte della vigilia, la manovra sarà più vicina ai 30 che ai 25 miliardi, se basteranno, e i fondi vanno ancora trovati. In parte la definizione della Nadef, da vararsi entro il 27 settembre, dipenderà dall’esito di alcune partite in agenda per settembre. Sul fronte delle uscite, se il governo darà seguito all’impegno della presidente del consiglio e presenterà una proposta contro il lavoro povero, con o senza salario minimo, ci sarà una voce di spesa significativa in più. Su quello delle entrate gli introiti della tassa sugli extraprofitti, già dimezzati da Giorgetti, rischiano di restringersi ancora e di trasformarsi da prelievo in prestito da restituirsi. Le richieste ufficiali di Antonio Tajani sono la garanzia che il fattaccio non si ripeta, e Urso ieri ha già assicurato che tutti gli altri extraprofitti saranno franchi da ogni prelievo, la defiscalizzazione e l’esenzione delle banche più piccole. Ma si può star certi che altre correzioni spunteranno al momento della conversione in Parlamento.
Nel suo intervento, Giorgetti è incappato in una gaffe poi prontamente corretta dal Mef. «Noi siamo responsabili sui conti ma la Ue non sia autolesionista. Spero che la clausola del Patto di stabilità non riparta dal gennaio 2024». Parole che a Bruxelles sono subito suonate, forse non a torto, come richiesta di posporre il rientro in vigore del patto. Il Ministero dell’Economia, qualche ora dopo, si è dunque affrettato a precisare che il ministro voleva solo auspicare che in gennaio entrino in vigore le nuove regole e non quelle antiche. Ma la riforma del Patto di stabilità è ancora tutta da definirsi e non è affatto detto che per l’Italia le nuove regole si rivelino molto più agevoli delle precedenti. Il rigore, per non dire l’austerità, che ha segnato la manovra dell’anno scorso e che marcherà anche questa potrebbe restare in vigore ancora a lungo.
NEL QUADRO DISEGNATO ieri dai ministri la voce mancante è il sostegno alle fasce penalizzate da crisi e rincari. Sotto il dettato dell’austerità quella casella è destinata a rimanere vuota. Così come quella della Sanità, per la quale si rischiano nuovi tagli.
22/08/2023
da Il Manifesto