19/12/2025
da Il manifesto
Bilancio Nelle modifiche last minute, la conversione della produzione civile e il commercio di armi
La quarta manovra del governo Meloni non smette di riservare sorprese. Dopo l’allungamento dell’età pensionabile che ha spaccato la Lega e messo in imbarazzo la premier, tra le tante riscritture è spuntato un emendamento per favorire la produzione e il commercio «di armi e materiale bellico» sul territorio nazionale. Il motivo, recita la formulazione del governo, è «tutelare gli interessi essenziali della sicurezza dello Stato e rafforzare le capacità industriali della difesa». Uno o più decreti ministeriali dovranno individuare «le attività, le aree e le relative opere, nonché i progetti infrastrutturali finalizzati alla realizzazione, ampliamento, conversione, gestione e sviluppo delle capacità industriali della difesa».
UNA DEFINIZIONE ampia che apre alla possibilità di decretare l’economia di guerra come interesse nazionale e di potenziare sia gli stabilimenti militari statali sia le aziende belliche private, persino quindi convertire produzioni civili al militare. Per Bonelli (Avs) è un «blitz del governo» che «punta a trasformare le fabbriche italiane in produzioni di armi». Critici anche i 5s: «È la conferma del cuore della manovra, ovvero la micidiale austerità finalizzata solo all’aumento delle spese militari». Secondo il capogruppo Ricciardi «si stanno usando i soldi dei cittadini non per la sanità, la scuola o i trasporti, ma per soffiare sulle tensioni internazionali e arricchire le grandi lobby delle armi». I decreti dovranno essere emanati dal ministero della Difesa di concerto con le Infrastrutture, perciò il sospetto è che il piano riguardi anche i porti da dove transitano molte armi dirette ad altri paesi. L’emendamento riserva al governo la possibilità di militarizzare le banchine per evitare i blocchi dei container verso Israele avvenuti negli ultimi mesi grazie alle mobilitazioni dei portuali. A ciò si aggiunge un contributo di 100mila euro all’Agenzia Industrie Difesa del ministero, approvato in commissione Bilancio per sostenere la ricerca e sviluppo nelle tecnologie di difesa.
IL NUOVO CAPITOLO bellico va a completare la legge di bilancio più austera e tardiva degli ultimi anni. Il ddl sarà votato martedì in Senato e il 30 dicembre alla Camera, evitando per un pelo l’esercizio provvisorio. Palazzo Madama sarà costretto a votare il testo senza avere avuto il tempo per esaminare le ingenti modifiche presentate mercoledì dal ministro dell’economia Giorgetti, arrivato a sorpresa in commissione Bilancio con un irrituale emendamento che ha aumentato la portata da 18,7 a 22,2 miliardi. Le opposizioni sono infuriate ma le perplessità fioccano anche tra i parlamentari di maggioranza. La ministra del lavoro Calderone le ha giudicate «normali divergenze» ma in realtà si tratta di fratture, che riguardano soprattutto le pensioni. Ieri i lavori della commissione Bilancio sono stati sospesi fino alle 21 per consentire una riunione di maggioranza sulla riformulazione del governo, a dimostrare le spaccature interne al centrodestra. Soprattutto nella Lega. In mattinata il vicepremier Salvini aveva detto su Rtl che «alcune scelte tecniche devono essere modificate: niente allungamento dell’età pensionabile, niente rivalsa su chi riscatta la laurea». In serata l’emendamento è stato riscritto cancellando la stretta sul riscatto della laurea per l’accesso alla pensione anticipata, ma è rimasto lo spostamento graduale dell’età pensionabile verso i 70 anni a partire dal 2035.
«NON SIAMO CONTENTI assolutamente», ha detto il senatore leghista Borghi dopo la riformulazione, mentre il suo ministro Giorgetti affermava che «non è nostra intenzione aumentare i requisiti pensionistici» e comunque «il sistema può essere cambiato quando si vuole e come si vuole ben prima della scadenza». Ma la carta dice altro. Per la segretaria del Pd Schlein «sulle pensioni la premier si dimostra campionessa di incoerenza. Ha tradito tutti gli impegni presi in campagna elettorale, quando con Salvini prometteva di abolire la legge Fornero. Promettevano di abbassare l’età pensionabile, stanno facendo l’opposto». Per fare cassa il governo ha anche inserito una ritenuta automatica dell’1% sulle fatture tra imprese che non aderiscono ai concordati preventivi con l’Agenzia delle entrate per le dichiarazioni dei redditi. La tassa entrerà in vigore dal 2029, con un gettito stimato di 1,5 miliardi annui.

