In Medio Oriente la “catastrofe è imminente“. Quante volte i giornali hanno registrato dichiarazioni di questo tipo. Ma ora più che mai queste parole, scritte dalla coordinatrice speciale delle Nazioni Unite per il Libano Jeanine Hennis-Plasschaert, fotografa la fragilità del residuo equilibrio in quell’area sconvolta dai conflitti e dalle tensioni.
“Con la regione sull’orlo di una catastrofe imminente, non si può dirlo abbastanza: non esiste una soluzione militare che renderà più sicure entrambe le parti” spiega la funzionaria dell’Onu. Parole che saranno verosimilmente e disgraziatamente donate al vento, come successo sempre nell’ultimo periodo e in modo crescente. Sullo sfondo c’è la dichiarazione del presidente di Israele Isaac Herzog che, intervistato da Sky News britannica, alla richiesta di un commento sulle accuse rivolte a Israele riguardo alle esplosioni di cercapersone e walkie-talkie in Libano la scorsa settimana ha respinto ogni legame con tali operazioni, affermando: “Rifiuto categoricamente qualsiasi connessione con questa o quella operazione”. Parole che suscitano sorpresa per il ritardo con cui le autorità dello Stato ebraico si sono espresse dopo giorni di silenzio, che peraltro il premier Benyamin Netanyahu sta mantenendo. Se non per dire questo: “Abbiamo inferto a Hezbollah una serie di colpi che non immaginava. Se non ha capito il messaggio, vi assicuro che ora capirà. Siamo determinati a riportare i nostri residenti nel nord sani e salvi alle loro case. Faremo tutto il necessario per ripristinare la sicurezza”. Che il clima stia pericolosamente cambiando lo confermano poi le parole di uno dei portavoce di Hezbollah, Hassan Fadlallah, per spiegare che il conflitto con Israele è ora entrato in una “nuova fase“, confermando che continueranno gli attacchi fino a quando non ci sarà un cessate il fuoco a Gaza: “Abbiamo una resistenza forte e capace – ha detto – Tutte le opzioni sono sul tavolo, siamo pronti per qualsiasi scenario”.
Quest’ultima è stata una notte di fuoco quasi continuo tra Hezbollah e l’Idf. I primi hanno lanciato un attacco con decine di missili contro la base aerea di Ramat David nell’area delle Krayot, cittadine situate vicino a Haifa. Hezbollah ha dichiarato di aver utilizzato per la prima volta i missili Fadi 1 e Fadi 2, insieme ai razzi Katyusha. La rete Hezbollah Al-Mayadeen ha riferito che il Fadi 1 ha un calibro di 220 mm e una gittata di 80 km. In tutto, secondo l’esercito israeliano, i razzi dal Libano sono stati oltre 100. “Gravi danni” sono stati registrati a Beit Shearim nella valle di Jezreel, a Moreshet nel Misgav e a Kiryat Bialik, tutte cittadine a nord di Haifa. Una situazione che rischia di precipitare da un momento all’altro e che ha portato Israele a chiudere tutte le scuole del Nord e a disporre che tutti gli ospedali operino esclusivamente nei loro rifugi protetti. Israele immediatamente ha controbattuto a Hezbollah lanciando circa 400 attacchi contro siti nel sud del Libano, in due ondate, la prima con 290 target e la seconda con 110. L’esercito israeliano ha detto di aver colpito siti di Hezbollah e almeno tre persone sono rimaste uccise.
Il punto è che Hezbollah ha ampliato la portata dei suoi attacchi missilistici, includendo appunto la vasta area di Haifa e la valle di Jezreel, dove vivono due milioni di israeliani. Ieri sera l’esercito ha cambiato le linee guida di sicurezza per i civili nell’area e centinaia di migliaia di persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni per raggiungere i rifugi durante gli allarmi nella notte e nella mattinata. Un alto funzionario militare israeliano avverte: “Le regole del gioco sono cambiate, la politica delle equazioni è finita. L’esercito ha un piano chiaro per gli attacchi in Libano, che continueranno e si intensificheranno nelle prossime 24 ore“.
Un altro episodio restituisce altri elementi del quadro d’insieme, avvitato su se stesso ora dopo ora. C’è un retroscena consegnato da una non meglio precisata fonte vicina agli Hezbollah che ha raccontato al sito arabo-americano al Monitor che l’incontro di venerdì dei vertici militari del gruppo sciita con le forze d’élite Radwan a Beirut aveva lo scopo di discutere i piani per un’invasione di terra in Israele.
22/09/2024
da Il Fatto Quotidiano