Altro tsunami per l’industria, a picco da 26 mesi di fila. Il crollo della produzione industriale a marzo è stato dell’1,8% su base annua: cali in quasi tutti i comparti.
Il Pil che arranca, l’occupazione che rallenta, l’impennata delle ore di Cigs, i salari reali che calano, le vendite al dettaglio, soprattutto quelle alimentari, che affondano. E ora i 26 mesi di calo della produzione industriale. L’Istat continua a sfornare dati che allarmano consumatori ed esercenti. A marzo 2025 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dello 0,1% rispetto a febbraio. Nella media del primo trimestre il livello della produzione aumenta dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti.
Ma al netto degli effetti di calendario, a marzo l’indice generale diminuisce in termini tendenziali, ovvero su base annua, dell’1,8%. Si registra un aumento esclusivamente per l’energia (+4,5%); mostrano cali, invece, i beni intermedi (-1,7%), i beni strumentali (-2,7%) e i beni di consumo (-2,9%).
Il calo della produzione industriale a parte l’energia non risparmia nessun comparto
I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+12,2%), la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+5,1%) e le altre industrie manifatturiere (+2,0%). Le flessioni più ampie si registrano nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-17,2%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-12,0%) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-8,3%).
Numeri che, alla luce dell’attuale situazione economica globale e della grande incertezza legata alle misure protezionistiche degli Usa, rischiano di peggiorare ulteriormente nei prossimi mesi, avvisa il Codacons.
“Un disastro. Prosegue lo tsunami che si è abbattuto sulle nostre industrie a partire dal febbraio 2023. E’ da allora, ossia da 26 mesi consecutivi, che prosegue il crollo della produzione industriale su base tendenziale. Un tunnel dal quale non si vede ancora la via d’uscita”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.
“Urge una politica industriale da parte del governo oltre che un rilancio della capacità di spesa delle famiglie, dato che se gli italiani non consumano le industrie o esportano o non si salvano”, conclude Dona.
Le opposizioni puntano il dito contro il governo Meloni
“E siamo a 26 mesi consecutivi di calo della produzione industriale con l’ultimo bollettino Istat: un altro -1,8% da aggiungere alla collezione. Con un’aggravante: dato che la Germania ha invertito la tendenza tornando in positivo, anche l’ultima balla che Giorgia Meloni ci ha raccontato al premier time si smonta. Dove passa la destra, non cresce più l’industria. Anzi, muore”, afferma il capogruppo M5S, Stefano Patuanelli.
“I numeri della drammatica crisi industriale che stiamo vivendo smentiscono la narrazione propagandistica della Meloni. Il governo continua a raccontare agli italiani che va tutto bene, mentre i dati dell’economia dicono altro: oltre 100 mila lavoratori sono a rischio perdita di lavoro, calo del fatturato industriale con oltre 40 miliardi di perdite e aumento esponenziale della cassa integrazione e dei fondi solidarietà. In questo contesto è in arrivo la bomba dazi di Trump che rischia di aggravare la situazione delle nostre industrie e mettere il paese in ginocchio”, dichiara il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto di Palazzo Madama.
“Il governo però continua a latitare. Ed è sconcertante. Che fine ha fatto il ‘piano’ anti-dazi da 25 miliardi annunciato da Giorgia Meloni? Quanto dovremo aspettare ancora per sapere come verranno riallocate le risorse dal (fallimentare) piano Transizione 5.0 verso altri strumenti per sostenere le imprese? Quando si decideranno la Meloni e i suoi ministri a smetterla con le chiacchiere e passare ai fatti?”. Così in una nota Antonio Misiani, responsabile Economia nella segreteria nazionale del Pd.
10/05/2025
da La Notizia