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Meloni a Bruxelles contro quasi tutti su quasi tutto

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Politica italiana

18/12/202

da Il manifesto

Andrea Colombo

Fuori Asset La premier intenzionata a mettersi di traverso sulla confisca dei miliardi russi

La divisione c’è ma non si vede, o almeno Meloni si sforza di farla vedere il meno possibile: l’Europa da una parte, l’Italia, su molto se non su tutto, dall’altra. Anche la spaccatura nella maggioranza c’è ma per camuffarla basta sbianchettare dal testo della risoluzione la parola «armi». Alla vigilia di un Consiglio europeo dedicato a una sola questione, se espropriare o meno gli asset russi per trasformarli in prestito di improbabile restituzione, Meloni in aula squaderna la linea italiana.

Si sforza di farla sembrare quasi uguale a quella della Ue, per non irritare troppo gli amici di Bruxelles e il presidente Sergio Mattarella. Ma la missione è impossibile, tanto palesi e spesso dichiarate sono le differenze.

La più vistosa è quella in ballo nel braccio di ferro di oggi a Bruxelles, la sorte dei miliardi russi di stanza in Belgio. Qui la premier non può fare a meno di ammettere lo scontro, pur fingendo che si tratti solo di cordiale discussione. L’Italia è contraria alla decisione che von der Leyen, Merz e il presidente del Consiglio europeo Costa vogliono assolutamente prendere. Si metterà di traverso o almeno ci proverà con ogni mezzo. «Trovare una soluzione sostenibile sarà tutt’altro che semplice», anticipa: un’ammissione e un avvertimento.

FIGURARSI SE PROPRIO l’amica più amica di Zelensky che ci sia non è convinta che a pagare i costi della ricostruzione, senza citare l’uso bellico degli asset che è invece quello principale, debba essere l’aggressore. Però ci vuole «una base legale solida» e non c’è. Urge chiarezza «sui rischi reputazionali, di ritorsione o legati a nuovi, pesanti fardelli, per i bilanci nazionali». E non c’è neppure quella.

Sulla decisione di «aiutare» gli ucraini non si discute. Purché non violi «il rispetto dei princìpi di legalità, sostenibilità e stabilità finanziaria e monetaria». E comunque, per essere chiari, l’Italia ha votato il congelamento sine die degli asset solo per amor d’Ucraina, ma dissentendo sul metodo e senza nessun impegno sull’uso del malloppo surgelato. Un no tondo alla confisca.

NON È L’UNICO NO. I Volenterosi si industriano per mandare truppe a garanzia di una pace che peraltro, particolare ininfluente, franerebbe se i militari europei arrivassero davvero. Gli italiani comunque resterebbero a casa. Meloni coglie l’occasione per ribadire: «L’Italia non intende inviare soldati». A Bruxelles, pressati da Trump, sono tentati dal far entrare l’Ucraina in casa Ue passando per la scorciatoia. Impossibile. Ci sono di mezzo «i nostri valori, princìpi e le regole su cui poggia lo Stato di diritto».

Prima la dimostrazione di aver varato le riforme necessarie e di aver sgominato la corruzione. Quindi prima i Balcani, che stanno sulla porta da un pezzo.

Anche quando la sintonia con i vertici europei pare smagliante si coglie in controluce un altro approccio. Certo, bisogna sostenere a suon di miliardi l’Ucraina per aumentarne il peso contrattuale e moltiplicare le pressioni su Mosca, che poi a ben guardare non è affatto forte come si dice: «In quattro anni ha conquistato solo l’1,45% del territorio ucraino». Ma con il solo obiettivo di spingere Putin a cedere qualcosina e uniformarsi senza bizze alla pace di Trump, che è già a suo completo vantaggio e va bene così.

Del resto tra le condizioni necessarie per arrivare alla sospirata pace Meloni piazza al primo posto «lo stretto legame tra Europa e Usa, che non sono competitor, atteso che condividono lo stesso obiettivo». Oddio, qualche differenza tra i rispettivi punti di vista non la si può negare. Dipende «dalla differente collocazione geografica». Come dire dai distinti quando non opposti interessi strategici e geopolitici, ma che volete che sia. Quanto a quelle perfide voci sul progettino trumpiano di fare a brandelli la Ue, il presidente «ha già smentito» e non se ne parli più.

ACROBAZIE DIPLOMATICHE a parte la missione di Meloni a Bruxelles è ardua ma questa volta bisogna augurarsi che riesca a portarla a termine. Tra le carte che può giocare c’è l’aver individuato per prima la soluzione al nodo delle garanzie di sicurezza, con il ricorso all’articolo 5 della Nato, c’è il ginepraio legale nel quale la Ue sa che si caccerebbe confiscando il tesoro e c’è il no del Belgio, prima parte in causa, e soprattutto della Francia. La soluzione, per non far perdere la faccia a nessuno, potrebbe essere un esproprio destinato solo a ricostruire e non a finanziare la guerra. Finirebbe cancellato dal trattato di pace e tutti contenti.

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