Rimpatrioti .Domani il decreto sui Paesi sicuri. Non sarà risolutivo ma darà il via allo scontro frontale. Palazzo Chigi punta a esasperare la pressione sui giudici e a massimizzare il consenso elettorale
Sul Colle si aspetta l’inizio della settimana prossima nel classico clima di tensione immobile che precede le battaglie vere. Lo scontro istituzionale stavolta è serio, molto più di quelli che si registravano ai tempi del braccio di ferro tra Silvio Berlusconi e i togati.
Qui la posta in gioco è molto più alta di un caso personale e non saranno solo dichiarazioni esplosive quelle che partiranno lunedì alle 18, ora della convocazione del consiglio dei ministri, dalle batterie del governo.
Sarà un decreto legge che dovrà essere emanato dal presidente della repubblica e che certamente verrà presentato in anticipo dal sottosegretario Mantovano al segretario generale del Quirinale Zampetti.
L’opposizione avrebbe molto gradito un pronunciamento di Mattarella su quella che considera una gravissima invasione di campo da parte del ministro della Giustizia Nordio. Ma il capo dello Stato in materia è irremovibile: il Quirinale valuta gli atti, e se del caso interviene, non le dichiarazioni per quanto fragorose.
NESSUNO COMUNQUE si illude che il governo limiti la reazione al ricorso in Cassazione già annunciato dal ministro dell’Interno Piantedosi o alla richiesta di chiarimenti dettagliati che probabilmente il centrodestra inoltrerà alla Corte di Giustizia europea in merito alla sentenza del 4 ottobre, che costituisce la base giuridica sovranazionale sulla quale poggia in buona parte la sentenza del Tribunale di Roma.
La parte politicizzata della magistratura vuole sancire il diritto di migrare a piacimento e impedire di contrastare l’immigrazione illegale :Giorgia Meloni
Il passare delle ore non ha moderato l’irritazione oltre i livelli di guardia della premier Meloni, ancora convinta che «la parte politicizzata della magistratura» voglia «sancire il diritto di migrare a piacimento e impedire al governo di contrastare l’immigrazione illegale».
Ma una contromossa davvero efficace, cioè in grado di sottrarre la decisionalità alla magistratura ordinaria, ieri il governo non la aveva ancora trovata. Si ipotizzava soprattutto lo spostamento per decreto della decisionalità ai giudici di pace ma è un’opzione che il governo ha già vagliato e poi scartato perché impraticabile in passato. Significherebbe, oltretutto, arrivare a uno scontro frontale con Mattarella – presidente della repubblica e del Consiglio superiore della magistratura – che la premier vuole invece evitare.
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, foto LaPresse
CENTRO DEL PROVVEDIMENTO sarà dunque, salvo trovate in extremis, la definizione per decreto legge invece che per decreto interministeriale dei Paesi considerati sicuri.
Solo che, se fosse davvero questo l’intervento del governo, non basterebbe a evitare sentenze come quella che ha imposto il rientro in Italia dei dodici migranti tornati ieri dall’Albania.
Non solo perché il decreto non annullerebbe il verdetto della Corte europea ma anche perché nella legislazione internazionale c’è una quantità di appigli che consentono, caso per caso, di bloccare i rimpatri.
A quel punto però lo scontro istituzionale sarà frontale e senza precedenti, tanto più se il decreto sarà scritto in modo da contrastare platealmente con la sentenza europea, che ha valore costituzionale.
Sarebbero i magistrati stessi a dover chiamare in causa la Consulta, che alla fine sarà comunque probabilmente chiamata a giudicare perché questo è sia l’obiettivo che lo sbocco naturale di uno scontro tra le istituzioni come quello che si prepara a scatenare il governo Meloni.
PALAZZO CHIGI è consapevole di non disporre di armi risolutive. Portando la guerra alle estreme conseguenze punta però a esercitare una pressione che auspica insostenibile sui giudici, forte anche dell’«interesse» che molti Paesi hanno manifestato nei confronti del Protocollo con l’Albania. Ma soprattutto mira a massimizzare il consenso elettorale che la vicenda garantisce.
Non a caso il più soddisfatto di tutti, nella maggioranza, è Matteo Salvini, il leader che più di ogni altro, e molto più della premier stessa, tira dall’inizio a rendere lo scontro sull’immigrazione esclusivamente politico. Forse il consenso, a fronte del fallimento di un modello sul quale conta molto a livello europeo, è solo una consolazione per Giorgia Meloni. Ma non di quelle insignificanti.
Proprio nell’ottica di rendere il conflitto quanto più estremo possibile, il governo medita davvero di imbarcare altri migranti verso l’Albania entro la settimana prossima. Il rischio di doverli riportare indietro in poche ore c’è tutto. Ma il clamore, a quel punto, diventerebbe davvero assordante.
20/10/2024
da il Manifesto