Il pane costa troppo? Pazienza, le armi non devono mancare
Giorgia Meloni è tornata in Senato come Alice nel Paese delle meraviglie. Ma il suo racconto al premier time sembra scritto dai fratelli Grimm sotto psicofarmaci: l’Italia cresce, i salari migliorano, il Pil è solido e la giustizia sociale è dietro l’angolo. I dati Istat dicono tutt’altro, ma lei tira dritta: la produzione industriale cala? Colpa dell’ambientalismo. I salari sono fermi? Merito suo se non vanno peggio. Le liste d’attesa in sanità? Colpa delle Regioni, ovviamente.
Meloni annuncia anche che porterà la spesa militare al 2% del Pil. Dieci miliardi da trovare, senza dire dove. Il pane costa troppo? Pazienza, ma le armi non devono mancare. Per i poveri l’ottimismo è una forma di sussidio: basta ascoltare la premier e la fame passa.
Alle opposizioni che le ricordano la realtà, risponde con arroganza: chi non applaude è nemico della patria. Elly Schlein parla di bugie al Parlamento, Giuseppe Conte la paragona a un alieno. Lei, nel dubbio, si vanta persino del gas liquido comprato da Biden, ma rassicura: se torna Trump, non ci torneremo dalla Russia, giura.
Alla fine, la favola si conclude con un pizzico di propaganda sul premierato, un tocco di repressione sui migranti e una carezza al proprio ego. Si vanta del “25% di migranti rimpatriati” con l’accordo Albania, ma sono appena nove persone. E racconta che “quasi tutti” sono autori di reati gravi, senza uno straccio di verifica. Nella fiaba di Meloni l’Italia è un successo, ma fuori dal Senato si fa la fila alla Caritas. E quando finisce l’incantesimo restano solo i dati, la povertà, le code negli ospedali e un Paese che non si riconosce nel suo specchio deformante.
08/05/2025
da Left
Giulio Cavalli