09/11/2025
da Il Fatto Alimentare
Nonostante la diminuzione registrata negli ultimi anni, il mercurio – soprattutto nella sua forma altamente tossica, il metilmercurio – continua a rappresentare una minaccia per chi consuma pesce in Europa.
È quanto emerge da una revisione sistematica pubblicata sulla rivista Foods da un gruppo di ricercatori italiani buona parte dei quali faceva parte del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA) rinnovato poche settimane fa. Si tratta di Riccardo Fioravanti, Luca Muzzioli, Eleonora Maurel, Giuseppe Palma, Giorgio Calabrese, Alberto Angioni, Cinzia La Rocca, Alberto Mantovani, Andrea Pezzana, Lorenzo Maria Donin. L’aspetto curioso è che il Ministero della Salute a cui è affidata la direzione del CNSA e che ha brillato per i risultati disastrosi sul piano dell’attività, non ha voluto pubblicare il parere da cui è originato questo lavoro scientifico.
L’analisi ha raccolto 74 studi pubblicati tra il 2000 e il 2024 su concentrazioni di mercurio totale e metilmercurio nei prodotti ittici europei. Il quadro che ne esce è complesso: la contaminazione è in calo, ma alcune specie superano ancora i limiti di legge fissati dal Regolamento (UE) 915/2023.

Le specie più a rischio
Gli autori individuano otto specie che superano i limiti in modo ricorrente, in particolare tonno rosso (Thunnus thynnus), pesce spada (Xiphias gladius), rana pescatrice (Lophius piscatorius e L. budegassa) e nasello (Merluccius merluccius).
Nel tonno rosso, i valori massimi arrivano a 3,37 mg/kg, oltre tre volte il limite europeo di 1 mg/kg. Anche il pesce spada supera spesso la soglia, con punte di 2,4 mg/kg, mentre la rana pescatrice e il nasello registrano concentrazioni tra 0,7 e 1,6 mg/kg.
Mediterraneo sorvegliato speciale
Il Mediterraneo – e in particolare l’Adriatico – è l’area con più frequenti superamenti. Le cause sono sia naturali (presenza di depositi di cinabro e fondali ricchi di sedimenti contaminati), sia antropiche, cioè legate alle attività industriali e minerarie storiche.
Nel 30% degli studi condotti nell’area mediterranea i livelli di mercurio superano i limiti normativi. I ricercatori ricordano che il metilmercurio si forma nei sedimenti e tende a concentrarsi maggiormente sia nei pesci che vivono a contatto con il fondo (es. rana pescatrice) sia nei pesci predatori ai vertici della catena alimentare (es. tonno, pesce spada).
Calo dei livelli, ma non basta
La revisione segnala una lenta diminuzione delle eccedenze: tra il 2000 e il 2012 il 33% dei campioni superava i limiti legali europei, mentre tra il 2012 e il 2024 la percentuale è scesa al 28%. Un trend che gli autori collegano, almeno in parte, agli effetti della Convenzione di Minamata e alle norme europee che hanno limitato l’uso industriale del mercurio e rafforzato i controlli ambientali.
Pesci d’allevamento e mercurio
Buone notizie arrivano dall’acquacoltura. Le specie allevate presentano livelli di mercurio sensibilmente inferiori rispetto a quelle selvatiche, grazie al controllo dei mangimi. In tre studi su quattro nessun campione di tonno allevato ha superato i limiti europei.
L’infografica sui dati Usa
Anche l’agenzia federale americana FDA monitora le concentrazioni di mercurio nei prodotti ittici commerciali, per aiutare i consumatori a fare scelte informate. Recentemente, proprio a partire dai dati dalla FDA sui livelli di mercurio nel pesce e nei molluschi commercializzati, è stato prodotta un’infografica, a cura di Julie Peasley, che riassume magnificamente la situazione, raggruppando i pesci in base al contenuto di mercurio e alle porzioni consigliate al mese.
I frutti di mare come capesante, vongole e sardine rientrano nella categoria a “basso” contenuto di mercurio, mentre il pesce spada e lo squalo sono in cima alla lista dei prodotti da “evitare” a causa delle concentrazioni vicine o superiori a 1,0 ppm. I predatori al vertice della catena alimentare come il pesce spada, lo squalo e il tilefish (Tubo zebrato) del Golfo del Messico hanno i livelli di mercurio più elevati, alcuni superiori a 1,0 ppm.

Cosa significa per i consumatori
Secondo l’EFSA, il metilmercurio è una delle principali fonti di esposizione a questo metallo nella dieta, soprattutto attraverso pesci predatori di grossa taglia. Le categorie più vulnerabili sono donne in gravidanza e bambini, per i potenziali effetti sullo sviluppo neurologico.
Gli esperti raccomandano quindi di variare le specie consumate e di limitare la frequenza di tonno, pesce spada, verdesca e altri grandi predatori, privilegiando pesci piccoli come sardine, alici, sgombri e orate, che offrono benefici nutrizionali simili ma con minore rischio di contaminazione.
Come ricorda il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare «il pesce resta un alimento prezioso, ma la sicurezza dipende da quali specie scegliamo e da quanto spesso le portiamo in tavola». L’ISS consiglia a donne in gravidanza e bambini di consumare pesce 2-3 volte a settimana, variando le specie e limitando il consumo di quelle che possono avere elevati livelli di metil-mercurio (es: grandi predatori). Non tutte le specie sono equivalenti dal punto di vista del rischio-mercurio, e la frequenza consigliata dipende dalla specie, dalla porzione e dal contesto individuale. Lo studio conclude che, pur in un contesto di miglioramento, il problema del mercurio nel pesce non è risolto.

