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Messina si solleva: arte, resistenza e un grido unico per la Palestina

Messina si solleva: arte, resistenza e un grido unico per la Palestina

Non un semplice corteo ma un’onda di corpi, voci e colori che ha attraversato la città con la forza di un popolo che riconosce, nelle ferite altrui, le proprie.

Il 28 giugno, Messina ha trasformato le sue strade in un palcoscenico di resistenza, unendo arte e attivismo in una manifestazione che è stata più di una protesta: un atto di fratellanza con il popolo palestinese.

Dalla piazza all’arte, il dolore che diventa lotta.

Il corteo, partito da Piazza del Popolo, ha subito assunto i toni di un coro globale: “From the river to the sea”, “Stop genocide”, “Free Palestine”. Ma a distinguere questa giornata è stata la potenza simbolica dell’arte. In Piazza Cairoli, il Collettivo Sabotattores ha offerto alla città una performance straziante e necessaria: corpi distesi al suolo, immobili sotto il rombo registrato delle bombe. Una simulazione cruda della vulnerabilità umana di fronte alla guerra, ma anche un manifesto di resilienza. Perché quei corpi, poco dopo, si sono rialzati. Con fiori lanciati al cielo e un grido — “Io voglio vivere!” — hanno ribadito che la resistenza è, prima di tutto, un atto di amore per la vita.

La marcia ha continuato il suo percorso fino a Piazza Municipio, dove le bandiere palestinesi si sono intrecciate con quelle delle associazioni locali, creando un mosaico di colori e simboli di solidarietà. Qui, in un dibattito acceso e dissonante, la piazza ha trovato una voce comune, un grido di condanna contro i governi complici, il commercio delle armi e l’ipocrisia di chi giustifica l’oppressione con la sicurezza. Messina, in questo giorno, ha scelto di non essere neutrale, abbracciando con fervore la lotta contro l’ingiustizia. Come affermava Desmond Tutu: “Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore”. La massa dei partecipanti ha fatto propria questa verità, trasformando la piazza in un manifesto di resistenza attiva.

La Sicilia, d’altra parte, conosce il peso della storia. Terra di conquiste, dominazioni e rinascite, porta nelle sue pietre millenarie le storie di chi ha subito, resistito. Oggi, quel dolore antico vibra all’unisono con quello palestinese, perché l’isola sa cosa significa essere terra contesa, identità meticcia calpestata, popolo in lotta per esistere.

La Sicilia non può restare immobile davanti all’ingiustizia. Ecco perché scende in piazza e sceglie di stare dalla parte di chi resiste. Non è solidarietà astratta, ma riconoscimento. Perché quando i siciliani alzano la voce per la Palestina, non stanno solo gridando contro un’oppressione lontana. Stanno ricordando che le storie, alla fine, si scrivono scegliendo da che parte stare. E il Mediterraneo, da sempre, è un mare che unisce più che dividere.

La giornata si è conclusa con momenti di arte e poesia che hanno lasciato un segno profondo nei partecipanti. La lettura collettiva del libro “Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza” ha visto adulti e bambini condividere parole e silenzi carichi di significato. Ma sono stati proprio i più piccoli, con la loro spontaneità disarmante, a dare voce a emozioni pure e incontaminate, capaci di arrivare là dove spesso il linguaggio degli adulti si fa opaco. Nelle loro voci, fragili eppure risolute, vibrava l’eco di una resistenza umana che non si spegne.

E forse è proprio in quegli sguardi limpidi, simili al mare del nostro Stretto, che si nasconde la chiave di un futuro diverso. Un futuro che, come scriveva Elsa Morante ne Il mondo salvato dai ragazzini, può rinascere solo attraverso l’innocenza e il coraggio di chi ancora crede nell’essenziale.

Non è stato solo un momento di condivisione, ma un seme piantato nella terra arida dell’indifferenza. Perché la vera politica – quella che cambia le cose – non si misura solo nelle grandi dichiarazioni, ma nei gesti quotidiani, nelle voci che si alzano insieme, nella certezza che un altro mondo non solo è possibile, ma necessario. E forse, quel mondo, inizia proprio da qui: da un libro aperto, da una poesia recitata a voce alta, da occhi di bambini che ancora sanno vedere oltre l’orizzonte.

30/06/2025

da Pressenza

Simone Millimaggi 

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