09/12/2025
da Il Manifesto
Educazione americana I ministri dell’Interno dell’Ue aprono all’esternalizzazione totale del diritto d’asilo
La corsa alla cancellazione del diritto d’asilo procede senza ostacoli. Ieri il Consiglio dei ministri dell’Interno Ue ha approvato a maggioranza qualificata la propria posizione negoziale, sulla cui base intraprenderà i negoziati con Commissione e Parlamento, in merito a paesi terzi sicuri, paesi di origine sicuri e rimpatri. Il Patto immigrazione e asilo doveva segnare, da giugno 2026, il passaggio dall’«Europa fortezza» all’«Europa prigione» permettendo la detenzione di migliaia di richiedenti asilo. Le proposte di modifica a quegli stessi regolamenti, presentate ancor prima della loro entrata in vigore, segnano un nuovo salto di qualità nella guerra ai migranti.
IL PUNTO PIÙ SIGNIFICATIVO, introdotto dalla Commissione ma sottolineato e ampliato ieri dal Consiglio, riguarda il concetto di paesi terzi sicuri ai quali gli Stati membri intendono subappaltare i richiedenti asilo. Finora il trasferimento era possibile solo se il migrante aveva un legame, per esempio familiare, con il paese terzo in questione o se vi era transitato. Il criterio soggettivo di connessione viene ora spazzato via: sarà sufficiente un accordo dell’Ue o dello Stato nazionale. In pratica un eritreo sbarcato a Lampedusa potrebbe essere spedito in Serbia o magari in Uganda, se esiste un’intesa in questo senso. La sua domanda sarebbe giudicata inammissibile – in caso di ricorso la sospensiva al trasferimento non sarà automatica ma andrà riconosciuta da un giudice – e si aprirebbero le porte alla deportazione. Non solo durante l’esame della richiesta d’asilo, come era previsto in Albania, ma in modo definitivo: la persona migrante resterà dove è stata spedita anche dopo l’eventuale riconoscimento della protezione internazionale.
L’obiettivo di Stati membri e istituzioni comunitarie è cancellare il principio fondamentale della territorialità, che ha caratterizzato finora il sistema d’asilo europeo. Tutto il meccanismo potrà essere esternalizzato: la garanzia di un diritto fondamentale diventerà solo una questione di geopolitica. Un passaggio epocale che nei prossimi anni avrà conseguenze durissime sulla vita di centinaia di migliaia di migranti. L’unico divieto resta per i minori stranieri non accompagnati, insieme a qualche limite per i vulnerabili. «Tutto questo dimostra il fallimento dell’ottica di riduzione del danno portata avanti da Unhcr e altre agenzie Onu. Concentrarsi sulla difesa dei vulnerabili è servito solo a legittimare l’annientamento delle garanzie per tutti gli altri. Quando queste sono saltate è stata spazzata anche la trincea che avrebbe dovuto proteggere i più deboli», afferma Salvatore Fachile, avvocato Asgi.
OLTRE ALLA MODIFICA del regolamento procedure, il Consiglio ha dato il suo ok alla lista comune dei paesi di origine sicuri proposta dalla Commissione: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia (oltre a quelli con il processo d’adesione in corso). L’Italia teneva alla presenza di primo, terzo e ultimo, alla luce della classifica degli sbarchi, ed è stata accontentata. Ai cittadini di questi Stati possono essere applicate le procedure accelerate di frontiera che prevedono la detenzione, obiettivo originario del centro di Gjader. Il Consiglio ha depennato il fatto che la designazione debba essere realizzata su fonti accessibili. Ovvero quelle «schede paese» che in Italia avevano dato il via allo scontro con la magistratura perché riportavano situazioni in aperta violazione delle previsioni del diritto comunitario. Schede che, comunque, finora la Commissione non ha reso pubbliche.
Nella sentenza sul tema, la Corte di giustizia europea stabilisce che l’accessibilità a queste informazioni è necessaria. Così come il potere dei giudici di verificare la correttezza della designazione. Tale impianto resterà e c’è da scommettere che i conflitti con le toghe non saranno eliminati dalla lista europea. In ogni caso la nozione di paesi di origine sicuri perderà di importanza con il Patto Ue: per applicare le procedure accelerate di frontiera sarà sufficiente che i tassi di accoglimento delle richieste di asilo di un certo Stato siano inferiori al 20% a livello comunitario.
NELLA PROPOSTA approvata ieri c’è anche il «meccanismo di solidarietà» che prevede la redistribuzione di quote di migranti dai paesi di approdo o, in alternativa, il sostegno finanziario degli altri. In attesa di numeri e dettagli, il punto ha fatto comunque arrabbiare il premier ungherese Viktor Orbán: «Bruxelles sta cercando di costringere l’Ungheria a pagare ancora di più o ad accogliere i migranti: è inaccettabile. La ribellione ha inizio».
Esulta invece il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi, secondo il quale «i centri d’Albania si ricandidano a essere attivi su tutte le funzioni per le quali sono stati concepiti: trattenimento per le procedure accelerate di frontiera e hub di rimpatri». La realtà, però, è diversa. Intanto perché la procedura legislativa Ue è ancora in corso. Poi perché sui centri d’oltre Adriatico restano i rilievi della Cassazione, su cui si esprimerà la Corte di Lussemburgo, e perché la lista comune dei paesi sicuri, pur rinforzando le pretese italiane, non cancella il sindacato dei giudici. Infine perché il concetto di return hub è legato alla nuova direttiva rimpatri su cui i tempi sono più lunghi rispetto alle altre due normative.
SU QUESTE SI È ESPRESSA la scorsa settimana la Commissione Libe dell’organo legislativo comunitario. Il testo che ha ricevuto il via libera, con l’ennesima saldatura tra popolari e destre estreme, arriverà in aula la prossima settimana. Diventerà la posizione negoziale solo se non ci saranno opposizioni di deputati e gruppi. «Contesteremo il mandato negoziale», afferma Cecilia Strada, eletta da indipendente con il Pd. In quel caso Strasburgo dovrà votare. Ma portà farlo sul pacchetto già definito, senza emendamenti. Difficile ci siano sorprese. Con l’ok del Parlamento si passerà al trilogo con Commissione e Consiglio, nella corsa contro il tempo per anticipare il Patto Ue e fare contenta Giorgia Meloni.

