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A Monaco prima di Vance e AfD, con Mussolini e Ciano

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Lo spettro del ‘patto di Monaco’, 1938 e il nazismo. Sulla materia il Vice presidente Usa risulta poco preparato. Nel 1938 furono mediatori Mussolini e Ciano, e finì nella catastrofe della guerra mondiale. Oltre i molti facili parallelismi con una brutta attualità, la storia della vecchia Monaco e vice Usa Vance non ancora nato a dire scemenze con prepotenza. Con un utile ripasso su cosa fu il nazismo per l’illustre ma sgradevole ospite.

Perché la Cecoslovacchia

Sorta all’indomani della Prima Guerra mondiale dalle ceneri dell’impero austriaco, la Cecoslovacchia – pur godendo di un’economia industriale sviluppata e di un’agricoltura fiorente – si rivelò instabile per la presenza di consistenti minoranze: ad est gli slovacchi, nelle zone confinanti con la Germania i sudeti (cechi di lingua tedesca), ungheresi e ruteni (grossomodo gli attuali ucraini) nella zona dei Carpazi. Su suggerimento francese inoltre era stata stipulata un’alleanza con Romania e Yugoslavia, un patto che però irritava l’Ungheria che, pur senza ragione, si sentiva circondata e minacciata.
Soprattutto per i tedeschi la Cecoslovacchia costitituiva inoltre l’esempio più eclatante dell’iniqua pace imposta a Versailles nel 1919 e dell’ordine europeo che penalizzava la Germania. Quando arrivò la crisi del 1929 anche la Cecoslovacchia ne subì le conseguenze: soprattutto nelle zone a maggioranza di lingua tedesca aumentò la disoccupazione e la propaganda nazionalista condotta dalla Germania ebbe facile gioco nell’accusare il governo di Praga di discriminare i cittadini di lingua tedesca.
Non tutti i sudeti erano tuttavia simpatizzanti per il nazismo, ma dopo l’ascesa al potere di Hitler – e con il sostegno tedesco – il movimento assunse un carattere di estremo nazionalismo tanto da invocare l’annessione al Reich come diritto all’autodeterminazione. Nell’estate del 1938, ispirati da agenti nazisti, alcuni sudeti misero in scena provocazioni e incidenti allo scopo di suscitare una reazione ceca ed ottenere un intervento militare come protezione tedesca.

La Germania nazista

Chiunque avesse letto ‘Mein Kampf’ -nonostante le difficoltà nel comprendere un testo in cui vaghezza scientifica e retorica pangermanista si intrecciavano a scapito della chiarezza- poteva comunque intuire quale fosse il programma di Adolf Hitler, volto alla cancellazione dell’assetto politico introdotto dal trattato di Versailles, alla riunificazione delle stirpi tedesche in un unico stato e all’espansione verso Oriente, sorretta da un malcelato sentimento di superiorità razziale nei confronti del mondo slavo.
Nel marzo 1936 avvenne la cosiddetta ‘rimilitarizzazione della Renania’: in base al trattato di pace infatti, per garantire la sicurezza francese sul Reno, alla Germania era stato imposto l’obbligo di mantenere una zona demilitarizzata. Nessuna delle due potenze si oppose alla violazione tedesca e ciò significò mettere gradatamente in discussione l’assetto europeo.
Poi fu la volta dell’Austria: già nel 1934 infatti era stato tentato da parte dei nazisti un colpo di stato a Vienna, nel corso del quale era stato assassinato il cancelliere Dollfuß. Il colpo di stato non riuscì sia per l’intervento delle forze di sicurezza, sia per l’energica reazione di Mussolini che, proclamotosi protettore dell’indipendenza austriaca, inviò al Brennero e nel Tarvisiano tutte le truppe disponibili.
Contrariamente a quanto si ritiene, , nel momento dell’annessione, marzo 1938, la Wehrmacht non era ancora il potente strumento bellico che attaccò la Polonia nel settembre dell’anno successivo: i reparti militari che sfilarono tra la folla austriaca entusiasta per la riunificazione alla ‘comune patria tedesca’ rivelarono invece agli occhi degli addetti militari stranieri una serie di manchevolezze -soprattutto nella logistica- che indicavano come la preparazione alla guerra fosse tutt’altro che completa. L’ingresso trionfale a Vienna fu insomma un piccolo bluff realizzato anche grazie alle volenterose comparse austriache, ma nel frattempo -dopo l’occupazione dei Sudeti- la preparazione militare accelerò.

Il ruolo italiano tra Mussolini e Ciano

Prima della conferenza la situazione internazionale si era dunque inasprita e le posizioni anglo-francesi sembravano irrigidirsi: Hitler, consapevole dell’inadeguata preparazione militare e frenato dal suo stesso stato maggiore, temeva però che una distensione nelle trattative sarebbe apparsa come una debolezza. Fu a questo punto che -pare su suggerimento di Mussolini e Ciano-, accettò comunque l’incontro a Monaco per prendere tempo rimandando la data dell’invasione e decidendo di accettare qualsiasi proposta per dimostrare la propria buona fede.
Allo stesso tempo, figurando abilmente agli occhi di Francia e Inghilterra come il politico che aveva fatto ‘ragionare’ Hitler, Mussolini aumentò il proprio prestigio e fu salutato al rientro in Italia come il salvatore della pace. L’altro aspetto fu che, come riconoscimento del ruolo internazionale. Nel novembre 1938 Francia e Inghilterra accettarono il nuovo ruolo italiano e l’effimero impero che si sarebbe sfasciato tre anni più tardi.
A dubitare che il patto di Monaco non avesse affatto salvato la pace in Europa furono però molti: a parte Winston Churchill, che criticò l’«appeasement» ottenuto con il cinico sacrificio della Cecoslovacchia, anche in Italia si levarono perplessità. Nonostante la stampa di regime insistesse sui meriti di Mussolini, in Vaticano perfino papa Ratti, Pio XI, espresse con amarezza le sue critiche. Un alto prelato, in un documento riservato -ma che comunque finì ugualmente sulla scrivania di Galezzo Ciano-, scrisse senza mezzi termini che «dopo Monaco, Iddio certamente punirà il popolo tedesco e tutti coloro che si mettono per la sua via».

16/02/2025

da Remocontro

Giovanni Punzo

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