Nessun confronto possibile ma due coincidenze a proporci il tema della ‘giustizia’, o ingiusta o impietosa. Nessun possibile confronto tra le diverse garanzie democratiche nei due fronti, ma diverse disumanità simili che affiorano. Tifoserie vietate, i semplici dati di fatto.
Il dissidente leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, 47 anni, è morto nella colonia carceraria dove stava scontando una pena di 19 anni, come si legge in un comunicato diffuso dal servizio penitenziario federale russo.
Mentre il fondatore di Wikileaks attende in carcere a Londra il verdetto sull’estradizione. L’appello della moglie il giorno in cui diventa cittadino onorario di Roma. «Julian Assange morirà se estradato negli Stati Uniti, dove potrebbe andare ‘tra qualche giorno’ se verrà respinto il suo appello alla Corte suprema i prossimi 20 e 21 febbraio».
.
Navalny, l’oppositore via Social allo strapotere di Putin
«Navalny si è sentito male dopo la passeggiata (l’ora d’aria), perdendo conoscenza quasi subito. Il personale medico è arrivato immediatamente ed è stata chiamata l’ambulanza. Sono state eseguite le misure di rianimazione che non hanno dato risultati positivi. I paramedici hanno confermato la morte del condannato. Si stanno accertando le cause della morte», si legge nel comunicato del servizio penitenziario federale russo. Per la tv Russia Today, Alexei Navalny sarebbe morto per ‘un coagulo sanguigno’, una trombosi.
Braccio destro Navalny 3 giorni fa, ‘non teme per la vita’
Parlando tre giorni fa in videoconferenza dall’estero con un gruppo di diplomatici europei a Mosca, il braccio destro di Alexei Navalny, Leonid Volkov, aveva detto che l’oppositore «era in condizioni psicofisiche sorprendentemente buone e che non temeva per la sua vita, assicurando di ‘sentirsi al sicuro’». Lo riferisce all’ANSA una fonte diplomatica che ha partecipato al colloquio. Kira Yarmysh, la portavoce di Alexei Navalny, ha detto di non avere ancora notizie dirette, ufficiali, sul decesso dell’oppositore.
In isolamento per la 27/a volta
Alexey Navalny era stato rinchiuso ancora una volta in cella di punizione, per la 27esima volta dall’agosto del 2022. L’oppositore, in carcere per motivi politici, ha denunciato diversi gravi soprusi in questi tre anni di reclusione e di essere stato rinchiuso in una cella di isolamento con i pretesti più assurdi. Una situazione già denunciata da Amnesty International, che ha accusato il servizio penitenziario federare russo. Solo a fine dicembre, le autorità avevano annunciato che Navalny era stato trasferito nella remota colonia penale a ‘Lupo Polare, oltre il circolo polare artico.
Subito le polemiche politiche internazionali
Primio a dichiarare, come spesso accade, l’ucraino Zelensky. «Navalny è stato ucciso e Putin dovrà rendere conto dei suoi crimini», dichiara da Belino dove si trova a cercare armi e soldi. Insegue con un tweet il presidente della Lettonia Edgars Rinkevics: «Qualunque sia il vostro pensiero su Alexey Navalny come politico, è stato appena brutalmente assassinato dal Cremlino». In attesa della marea di reazioni dalle capitali che più contano, la prima reazione di Mosca.
‘L’occidente ha conclusioni già pronte’
«La reazione immediata dei leader della Nato alla morte di Navalny, sotto forma di accuse dirette contro la Russia», mostra la natura di questi Paesi. Lo scrive su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. «Non esiste ancora un esame forense, ma le conclusioni dell’Occidente sono già pronte», aggiunge la portavoce.
Assange, colpevole di aver svelato segreti sporchi americani
Da 5 anni Julian Assange, 52 anni, è detenuto nel carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh. Washington accusa il giornalista australiano di aver diffuso migliaia di dossier riservati, reato per cui rischia una reclusione fino a 175 anni. Il 20 e 21 febbraio l’ultimo possibile ricorso giudiziario in casa britannica contro all’estradizione decisa dal governo britannico nel giugno 2022.È grazie alla pubblicazione di quei documenti, tuttavia, che il mondo ha aperto gli occhi sull’orrore delle condotte di guerre da parte occidentale in Iraq e Afghanistan.
Da fatto, condanna a morte
«Julian Assange morirà se estradato negli Stati Uniti, dove potrebbe andare tra qualche giorno», l’allarme della moglie Stella in una conferenza stampa in centro a Londra nel giorno in cui l’assemblea comunale di Roma ha deciso di concedere al giornalista australiano la cittadinanza onoraria. Stella Assange ha spiegato che «la sua salute sta peggiorando sia dal punto di vista fisico, sia psicologico. La sua vita è a rischio ogni giorno che resta in carcere e, se estradato, morirà. Ma non si tratta solo dell’estradizione. Julian non dovrebbe essere in carcere», ha sottolineato.
Le rivelazioni Wikileaks
Il giornalista ex caporedattore di Wikileaks, 52 anni, è detenuto dal 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh a sud est della capitale del Regno Unito per aver pubblicato file riservati del governo americano. «Sono molto preoccupata per come sta. Fisicamente è invecchiato prematuramente», ha aggiunto Stella Assange in lacrime, temendo di «non vederlo mai più» se verrà estradato. Nel caso in cui l’appello dovesse essere respinto dalla Corte suprema, ha aggiunto, Assange si rivolgerà alla Corte europea per i diritti dell’uomo contro quello che definisce «un caso politico».
Galera e peggio contro la libertà d’informazione
La direttrice di Wikileaks, Kristinn Hrafnsson, ha sottolineato che l’estradizione di Assange creerebbe un precedente dalle «implicazioni gravi e buie per la libertà di stampa attraverso il mondo». Assange era stato arrestato dalla polizia britannica nel 2019 dopo 7 anni di auto-reclusione nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare l’estradizione verso la Svezia dove era stato incriminato con una falsa accusa di violenza sessuale, successivamente archiviata.
Parallelismi da regimi e mondi
Contro Navalny e Assange, alla fine, accuse simili: di agire su mandato di forze straniere che puntano a destabilizzare lo Stato con la diffusione di informazioni riservate o segrete. Eppure in Usa e Russia non vengono mai accostati, tutte le parti contrapposte a cercare di distogliere l’attenzione dalle proprie contraddizioni per concentrarla su quelle dei propri avversari, tra attività di intelligence e di propaganda.
Sorprendenti somiglianze e pesi diversi
Dove Alexey Navalny e di Julian Assange presentano sorprendenti somiglianze. Entrambi portatori di un ‘giornalismo investigativo border-line’ che ha osato spingersi ben oltre i limiti fissati da leggi od obbedienze imposte o comunque dominanti. «Ma una cosa è accusare la Russia, paese ancora in transizione, lontano dall’avere l’ambizione di porsi come modello politico-istituzionale da esportare. Molto più pesante è criticare gli Stati Uniti, che, al netto di mille problemi, sono (e soprattutto si sentono) una delle forme più avanzate di liberal-democrazia applicata», sottolinea Igor Pellicciari, ordinario di Relazioni internazionali all’Università di Urbino.
Ciò che le due vicende ci dicono
Memoria di vicende di pochi anni, quando i Panama Papers che trattavano dei capitali di esponenti vicini a Vladimir Putin erano «giornalismo investigativo», mentre i file che descrivevano i conflitti di interesse di Hillary Clinton erano «attività di hackeraggio».
Nei fatti, sintesi estrema, l’interesse nazionale prevale ancora nettamente sul diritto all’informazione. E non si intravvedono cambiamenti all’orizzonte. «Per uno Stato-Nazione il ruolo di una spia resta ancora molto più centrale di quello di un giornalista. A meno che quest’ultimo non sia egli stesso parte della (legittimissima) attività di intelligence».
16/02/2024
da Remocontro