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Nazionalismi atavici e ‘modica quantità di giustizia’

Nazionalismi atavici e ‘modica quantità di giustizia’

Israele-Palestina: battaglie, attentati, dirottamenti e guerra segreta

La storia è intessuta di guerre e alcune sono ricordate per la durata: la ‘guerra dei Cento anni’ tra Francia e Inghilterra dal 1337 o la ‘guerra dei Trent’anni’ tra cattolici e protestanti in Germania dal 1618. Quella tra israeliani e palestinesi è cominciata alla fine del 1800 con l’arrivo in Palestina dei primi sionisti dall’Europa orientale, è proseguita in diverse forme lungo tutto il 1900, e nel terzo millennio sembra cercare l’esplosione finale.

NAZIONALISMI ATAVICI E ‘MODICA QUANTITÀ DI GIUSTIZIA’
«Il mio è un appello urgente a causa della mobilitazione delle forze del fondamentalismo atavico sia fra i sionisti che fra gli arabi. In assenza di una modica quantità di giustizia per il popolo palestinese queste forze potrebbero rovinare anche nel secolo a venire le vite delle generazioni non ancora nate».
Lo scrisse nel 1992 Rashid Khalidi, un famoso professore palestinese che insegnava ad Harvard. Era la prefazione del suo ‘Tutto quel che resta’, il volume che voleva salvare la memoria dei 418 villaggi palestinesi distrutti nel 1948, durante la Nakba. «Non c’è stata alcuna ‘modica giustizia’ proposta da Khalidi. Ha vinto il ‘fondamentalismo atavico’ delle due parti», ci ricorda Ugo Tramballi.

Arab refugees stream from what was then Palestine, on the road to Lebanon in northern Israel to flee fighting in the Galilee region in the Arab-Israeli war, November 4, 1948.

l’esplosione finale.

NAZIONALISMI ATAVICI E ‘MODICA QUANTITÀ DI GIUSTIZIA’
«Il mio è un appello urgente a causa della mobilitazione delle forze del fondamentalismo atavico sia fra i sionisti che fra gli arabi. In assenza di una modica quantità di giustizia per il popolo palestinese queste forze potrebbero rovinare anche nel secolo a venire le vite delle generazioni non ancora nate».
Lo scrisse nel 1992 Rashid Khalidi, un famoso professore palestinese che insegnava ad Harvard. Era la prefazione del suo ‘Tutto quel che resta’, il volume che voleva salvare la memoria dei 418 villaggi palestinesi distrutti nel 1948, durante la Nakba. «Non c’è stata alcuna ‘modica giustizia’ proposta da Khalidi. Ha vinto il ‘fondamentalismo atavico’ delle due parti», ci ricorda Ugo Tramballi.

Arab refugees stream from what was then Palestine, on the road to Lebanon in northern Israel to flee fighting in the Galilee region in the Arab-Israeli war, November 4, 1948

Le guerre aperte

1948, con qualche assaggio dal dicembre dell’anno precedente, la prima guerra arabo-israeliana a ridosso della proclamazione dello stato di Israele avvenuta il 15 maggio: le conseguenze furono la determinazione di ‘linee di armistizio’, ovvero confini provvisori fissati da accordi separati conclusi con l’Egitto, la Siria, la Transgiordania e il Libano. Nel 1956, dopo la decisione dell’egiziano Nasser di nazionalizzare il canale di Suez, Francia e Inghilterra, convinte di rovesciare il governo egiziano e di ripristinare i loro precedenti diritti, coinvolsero nelle operazioni anche Israele: l’ultima guerra coloniale si concluse però con uno scacco dopo che Stati Uniti e Unione Sovietica si schierarono dalla parte di Nasser.
Gli israeliani, che pure avevano respinto gli egiziani nel Sinai, si trovarono però coinvolti una serie di successivi incidenti di frontiera che avrebbero portato alla guerra successiva. Nel 1967 infatti, dopo che fonti di intelligence avevano riferito di un imminente attacco arabo, Israele scatenò una guerra preventiva: lanciò la propria aeronautica sugli aeroporti nemici e le truppe di terra sul Sinai, in Cisgiordania e sulle alture di Golan. Per gli arabi si trattò di una cocente umiliazione e Israele raggiunse la sua massima espansione territoriale; non solo il deserto del Sinai fino al canale, ma soprattutto la parte orientale di Gerusalemme – di grande valore simbolico – che fino a quel momento era appartenuta alla Cisgiordania ed era difesa da un reparto d’elite come la Legione araba.
Nel 1973 un attacco a sorpresa fu invece lanciato dai paesi arabi che sulle prime disorientarono le difese israeliane: in quei infatti si stava solennizzando la festività ebraica di Yom Kippur e molte unità non reagirono prontamente. Nonostante l’inizio decisamente sfavorevole la reazione fu determinata e nel contrattacco fu attraversato il canale di Suez penetrando in territorio egiziano e circondando le forze avversarie. Dal 1978 la guerra si trasferì in Libano dove si combatté anche dal 1982 al 2000 e recentemente nel 2006.

Attentati e dirottamenti

I primi attentati dinamitardi furono di parte ebraica, per allontanare gli inglesi dalla Palestina ancora sotto mandato britannico. Nonostante gli allarmi dell’intelligence inglese, nel luglio 1946 un gruppo terrorista ebraico fece esplodere l’Hotel King David a Gerusalemme provocando un centinaio di vittime: seguì il 31 ottobre dello stesso anno un attentato all’ambasciata inglese a Roma nei pressi di Porta Pia che non produsse vittime, ma portò in Europa il terrorismo. Nel frattempo in Palestina, fino al 1948, continuò una guerriglia costellata di attentati e sanguinose imboscate da ambo le parti.
A partire dalla guerra dei Sei Giorni si aprì comunque una fase nuova nell’aspro confronto tra Israele e il mondo arabo. Senza la pretesa di ricordare tutti i dirottamenti, ne citerò solo alcuni: Il primo fu un velivolo della compagnia israeliana El Al nel 1969 e seguì immediatamente una vera e propria escalation di questa forma terroristica perché nel solo 1970 gli aerei colpiti furono ben quattro appartenenti a Pan Am, Swissair, Twa e Boac.
Nel 1972 si consumò un’altra pagina nera durante le Olimpiadi di Monaco, quando furono presi in ostaggio atleti israeliani nel villaggio olimpico. Nel dicembre 1973 teatro di un altro grave attentato, nel corso del quale vi furono oltre trenta vittime, fu l’aeroporto di Fiumicino.
Uno spazio a parte merita la vicenda che si svolse ad Entebbe, in Uganda, nel giugno 1976: forze speciali israeliane liberano un centinaio di ostaggi catturati da terroristi che avevano dirottato un velivolo dell’Air France. Nel 1977 protagonista di un dirottamento fu il volo Lufthansa 181, da palma di Maiorca a Francoforte sul Meno, dirottato prima a Roma per il rifornimento di carburante, poi a Larnaca (Cipro), In Bahrein e a Dubai, ad Aden e infine a Mogadiscio. Ultimo in ordine di tempo tra i dirottamenti più clamorosi quello avvenuto nell’ottobre 1985 di una nave da crociera italiana, «Achille Lauro», che si concluse con il controverso episodio di Sigonella.

Le guerre segrete

L’attività di intelligence, soprattutto da parte israeliana, precedette comunque gli scontri militari già prima del 1948. Sembra infatti che una parte delle sterline false stampate dai nazisti durante la guerra fosse stata recuperata da un gruppo di reduci della brigata ebraica rimasti in Europa ed impiegata poi per l’acquisto di armi sul mercato nero. Nel frattempo era stato incaricato della ricerca di informazioni in Libano e Siria un piccolo gruppo composto da giovani nati e cresciuti nel mondo arabo e chiamati ‘mistaravim’, perfettamente bilingui e ben mimetizzati in Libano e Siria. Furono loro a fornire informazioni determinanti per Israele, anche se – per la mancanza di collegamenti regolari con Tel Aviv e immersi nella propaganda araba – seppero dell’esito della guerra del 1948 solo dopo il ritorno in patria.
Un intermezzo dai caratteri grotteschi di questa guerra di spie si verificò anche all’aeroporto di Fiumicino nel 1964: agenti dell’intelligence egiziana tentarono di trasferire al Cairo il cittadino israeliano Mordechai Louk, da loro arruolato per spiare il suo paese, dopo avergli somministrato morfina e averlo rinchiuso in un baule. L’ingombrante oggetto, sebbene etichettato come ‘bagaglio diplomatico’, non sfuggì tuttavia ai controlli doganali: vistisi scoperti i trasportatori fuggirono con il baule caricandolo sullo stesso furgone con cui era giunto all’aeroporto, ma dopo un inseguimento cadde dal mezzo ed aprendosi svelò il contenuto.
Altre vicende sono più vicine a noi, ma non si può tralasciare la storia di Eli Cohen, ritenuto la più abile spia israeliana di tutti i tempi. Cohen, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1924, che collaborava con i servizi israeliani almeno dal 1954, assunse una falsa identità e divenne il siriano Kamal Amin Tabet. Grazie all’amicizia con un esponente di spicco del partito Baath ancora in clandestinità e dopo il colpo di stato del 1963 assunse un importante incarico al ministero della difesa di Damasco, non solo fornì informazioni determinanti sulle postazioni tra le alture di Golan, ma svelò un complotto che mirava a deviare le acque del lago di Tiberiade sottraendole all’agricoltura israeliana. Scoperto, fu condannato a morte e giustiziato pubblicamente a Damasco nel 1965.

22/10/2023

da Remocontro

Giovanni Punzo