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Nel delirio collettivo del riarmo la Lettonia riabilita le mine antiuomo

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La Lettonia è la prima nazione a riabilitare le mine antiuomo, ritirandosi dalla Convenzione di Ottawa. Altri Paesi europei vogliono seguirla

È la Lettonia il primo dei Paesi del mar Baltico a ritirarsi dal trattato sulla messa al bando delle mine antiuomo. Il Parlamento lettone ha approvato in settimana a larga maggioranza il ritiro dalla Convenzione di Ottawa, che entrerà in vigore sei mesi dopo la notifica ufficiale alle Nazioni Unite. A breve, la decisione di Riga potrebbe essere seguita anche da Polonia, Finlandia, Lituania e Estonia, che hanno già annunciato di voler fare altrettanto attraverso una dichiarazione congiunta dei loro ministri della Difesa.

Una decisione scellerata, assunta con la scusa della necessità di garantire sicurezza a e che potrebbe produrre invece terribili conseguenze per lunghi anni a venire. Il problema delle mine antiuomo, infatti, è che hanno poca o alcuna valenza militare, ma colpiscono in modo atroce i civili. In particolare i bambini, che ne sono le prime vittime. Questi ordigni rimangono sul terreno anche per decenni dopo la fine dei conflitti, continuando a mietere vittimi tra i civili. Come se alcuni battaglioni alleati avessero continuato a sparare contro la Germania anche negli anni Cinquanta, nonostante la fine della Seconda guerra mondiale.

La Convenzione di Ottawa per la messa al bando delle mine antiuomo

La Convenzione di Ottawa, concordata nel 1997, è entrata in vigore due anni dopo grazie alla ratifica di 164 Stati. Compresi tutti i Paesi membri della Ue e la maggior parte dei Paesi africani, asiatici e americani. Tra gli Stati che invece non hanno ratificato il trattato ci sono i soliti noti: Stati Uniti, Cina, Russia, Israele, India, Iran e Corea del Nord. La Convenzione, oltre che all’utilizzo, vieta anche la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento delle mine antiuomo. Inoltre, chiede ai Paesi firmatari di distruggere le loro scorte, ripulire le aree minate e assistere le vittime.

Per questo uno trattati fondamentali del tentativo di disarmo multilaterale firmati nel secolo scorso. Secondo il Landmine Monitor, infatti, il numero di persone uccise o ferite dalle mine antiuomo è sceso da circa 25mila nel 1997, anno di adozione della Convenzione, a meno di 6mila nel 2023. Ora però tutto rischia di cambiare nuovamente.

«Questo passo è molto problematico anche da un punto di vista simbolico. Perché in questo modo si sgretolano quelle che sono le conquiste fatte in decenni di percorsi di disarmo umanitario», spiega a Valori Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Pace e Disarmo. «Già si sta mettendo a rischio tutto il lavoro sul disarmo nucleare. E ora a questo aggiungiamo lo smantellamento della Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo. Tra l’altro mi chiedo come ora si possa continuare a sostenere che l’Europa possa continuare a presentarsi come paladina diritto internazionale, anche nei conflitti, quando poi alcuni suoi Paesi escono da questi trattati fondamentali».

        Un’arma progettata per uccidere i civili, soprattutto i bambini

«Il ritiro dalla Convenzione di Ottawa darà alle nostre forze armate un margine di manovra in caso di minaccia militare, e consentirà loro di utilizzare tutti i mezzi possibili per difendere i nostri cittadini», ha dichiarato a Le Monde Inara Murniece, presidente della Commissione parlamentare per gli affari esteri della Lettonia.

Ma le cose non stanno proprio così. «Questa decisione in realtà non ha alcuna valenza militare. Perché sappiamo bene che, in caso di guerra o invasione, la presenza di mine antiuomo non garantirebbe affatto più difesa nei territori o sui confini. Anzi, avrebbe un impatto negativo per molti decenni proprio sulla popolazione che si vorrebbe difendere», continua infatti Francesco Vignarca. «E quindi è una follia anche da un punto di vista logico e militare».

Le mine antiuomo infatti sono progettate per esplodere in risposta alla presenza, alla vicinanza o al contatto di una persona. E non distinguono tra soldati e civili inermi. Oltretutto i terreni minati possono portare allo sfollamento della popolazione civile, ostacolare la consegna di aiuti umanitari e impedire le attività agricole. Per questo sono state considerate illegali per il diritto umanitario internazionale, quello che l’Europa si vanta di difendere ed esportare.

Il report del 2024 di Landmine Monitor dice infatti che i civili sono stati l’84% delle vittime di mine antiuomo. E i bambini ben il 37%. Per capire ancora meglio, un rapporto di Human Rights Watch racconta come nel decennale conflitto siriano, delle 249 vittime delle mine antiuomo ben 60 siano stati bambini. E no, le mine antiuomo non hanno mai aiutato nessuno a vincere una guerra, o tantomeno a resistere a un invasore. Servono solo a procurare morte, strazio e dolore.

20/04/2025

da Valori

Luca Pisapia

 

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