02/12/2025
da Remocontro
Il primo ministro israeliano Netanyahu ha rivolto al presidente Isaac Herzog una richiesta di grazia per essere assolto da ogni responsabilità nei tre filoni di processo che lo vedono imputato per corruzione e che, finita successione di guerre, lo porterebbero a sentenza e alla quasi certa condanna al carcere.

La richiesta di grazia a Herzog
Un documento di 111 pagine, sottolinea Andrea Muratore su InsideOver a sostenere con presidente della Repubblica che Netanyahu, liberato dall’assillo di una condanna, “potrebbe dedicare tutto il suo tempo, le sue capacità e le sue energie al progresso di Israele in questi tempi critici, e di comporre la frattura nazionale e di abbassare la temperatura della contesa politica israeliana”. Netanyahu moderato e moderatore!
Tre filoni di processo
Il processo in cui Netanyahu è imputato sono il frutto di indagini che proseguono da dieci anni e sono arrivati in aula nel 2020. Il capo del governo da allora è riuscito a perdere e riconquistare il potere, ad avviare la controversa riforma della giustizia che ha polarizzato la politica di Israele verso lo scontro interno, a condurre Tel Aviv nella ‘guerra grande’ dopo il 7 ottobre 2023 senza che nessuno dei tre filoni di processo arrivasse anche lontanamente vicino alla conclusione. Anzi, spesso esigenze di sicurezza nazionale o impedimenti personali di Netanyahu hanno ritardato le udienze e le deposizioni che il premier si era impegnato a fare ogni lunedì. Ma c’era sempre un nuovo fronte di guerra aperto a imporre la sua presenza a difesa del Paese.
Netanyahu e la proposta di Trump
La mossa a sorpresa è stata definita ’straordinaria’ dall’ufficio del presidente Herzog, ora al centro di una decisione che, quale essa sarà, lacererà il Paese. «Il Presidente valuterà la richiesta con responsabilità e sincerità». Verso il sì, verso il no? A un anno dal voto per il rinnovo della Knesset e nella complessa situazione politica regionale per Israele, Netanyahu getta il sasso nello stagno e riprende la proposta formulata dal presidente statunitense Donald Trump nella sua visita nello Stato Ebraico a ottobre. Il gatto e la volpe.
Immunità di carica, anche dal genocidio
Netanyahu intende la sua funzione più vasta delle prerogative che gli concederebbe l’ufficio di primo ministro e, sostanzialmente, svincolata da qualsiasi responsabilità penale e la tutela della sua figura personale, prima ancora che della sua carica, fondamentale per la tenuta stessa di Israele. Un senso di impunità, che pervade lo stesso Israele nella regione per circa due anni. Nessun mea culpa, né per quanto concerne gli ambigui rapporti con finanziatori di peso e imprenditori legati alla politica né per la questione degli scandali che hanno sconvolto il suo ‘cerchio magico’, precisa ancora Muratore. Netanyahu vittima di una persecuzione giudiziaria e chiede a Herzog di agire per il bene del Paese, non per il suo privilegio personale, prova a sostenere. La nuova Israele neo repubblica delle banane nel Mediterraneo. Le proteste di piazza il corso denunciano questo.
Parola d’ordine: impunità
Inoltre Netanyahu, ricorda il Times of Israel, “afferma di avere la responsabilità pubblica di favorire la riconciliazione all’interno del Paese e che la chiusura del processo abbasserà le fiamme del disaccordo politico”. Si professa innocente, ma cerca di far passare la richiesta di grazia come se fosse una concessione fatta da lui al Paese. Il capo dell’opposizione Yair Lapid attacca: “Solo i colpevoli chiedono la grazia”, ma per Bibi l’innocenza sarebbe stata provata a processo anche se “l’interesse pubblico impone diversamente”.
Bibi a costo di qualsiasi guerra
Netanyahu vuole affrontare il 2026, anno finale del suo sesto governo e al voto anticipato. Con il Medio Oriente che ribolle e un caos strisciante che emerge, essere libero da processi potrebbe liberare tempo a Netanyahu per muoversi sul piano politico e militare nei vari teatri di Israele: «dalla prospettiva di un ritorno della guerra a Gaza a un secondo round con l’Iran, gli scenari critici non mancano».
- Parola d’ordine, impunità. A partire da lui per poi toccare le denunce per crimini di guerra e torture che coinvolgono centinai di militari israeliani. Impunità davanti alla legge globale, che lo vede ricercato dalla Corte Penale Internazionale, così come davanti alla legge interna, che Netanyahu propone non sia più uguale per tutti. Se la richiesta venisse accettata sarebbe per Israele un passo ulteriore lontano dalla definizione di democrazia dell’attuale Stato Ebraico.

