16/09/2025
da Remocontro
Netanyahu dichiara guerra al mondo, attacca persino la Cina, costretto ad ammettere, pubblicamente, che il suo Paese rischia l’isolamento dalla comunità internazionale, dopo ciò che sta facendo a Gaza. «Israele sarà una ‘nuova Sparta’ -ha detto-, capace di sapersi difendere e di attaccare tutti i suoi nemici».
Parlamentari statunitensi ospiti di Israele
Israele ‘nuova Sparta’
Un discorso che sottolinea la ormai inarrestabile deriva bellicista della sua politica estera. Ma che, soprattutto, mette le mani avanti rispetto alle devastanti onde d’urto diplomatiche, che lui si aspetta dopo l’attacco in Qatar e la decisione di bruciare Gaza City. Ormai il leader del Likud si è aggrappato al potere con tutte le sue ventose ed è disposto a scatenare qualsiasi ecatombe, pur di non perderlo. È pronto a scendere a patti con ogni gruppo, fazione o partitino, anche il più estremista. E per questo si offre di firmare qualsiasi tipo di cambiale politica. Sappiamo che l’attenzione di tutti gli analisti è rivolta alle cronache di guerra della Striscia e della Cisgiordania, ma paradossalmente le mosse che possono ‘illuminarci’ di più sulle intenzioni dello Stato ebraico, vengono dal suo fronte interno.
Fronte interno avvelenato
La velenosa dialettica politica, ormai trasformatasi in un vero e proprio scontro di modelli istituzionali, è alla base dei clamorosi sbandamenti ‘comportamentali’ di Israele nell’arena mondiale. Per il disprezzo, l’arroganza e la violenza spesso gratuita, con cui tratta i suoi avversari e le regole degli organismi internazionali, se non fosse per la copertura diplomatica americana, lo Stato ebraico sarebbe già considerato quasi come una Corea del Nord qualsiasi. L’indignazione internazionale monta, ed è direttamente proporzionale alla violazione dei più elementari principi umanitari di cui si stanno macchiando le Forze armate di Tel Aviv. Presto, molto presto, la pressione mediatica diventerà insostenibile anche per gli imbelli governi europei, sempre pronti (tranne poche lodevoli eccezioni) ad applicare due pesi e due misure.
Verso la resa dei conti
Insomma, al di là della forza finanziaria che gli possono offrire alcune potenti lobby ebraiche (soprattutto negli Usa), presto Netanyahu dovrà cominciare a fare i conti con possibili boicottaggi commerciali ‘impegnativi’. Non solo di facciata. Per questo, parlando alla conferenza economica «Cinquanta Stati – Un solo Israele», ospitata dal Dipartimento dei Contabili del Ministero delle Finanze (con la più grande delegazione di legislatori americani che abbia mai visitato il Paese), il Premier ha affermato che «Israele deve adattarsi a tale isolamento, anche producendo armi, per ridurre la sua dipendenza dalle nazioni straniere». Singolare, però, la tesi per spiegare la solitudine israeliana nel contesto internazionale, dovuta, suo parere, in primis all’immigrazione illimitata verso i Paesi dell’Europa occidentale da parte di minoranze musulmane.
Immigrazione musulmana in occidente
«Non sono ancora la maggioranza – ha detto – ma sono una minoranza significativa, molto schietta e combattiva, che piega i governi. Queste cose influenzano i leader. Non lo negano nelle conversazioni private». Certo, un modo abbastanza capzioso di giustificare la crescente ostilità del resto del mondo nei confronti della politica israeliana. Ma la vera novità della ‘uscita’ abbastanza sopra le righe di Natanyahu è l’attacco indiretto portato alla Cina di Xi Jinping. Forse un grazioso omaggio al suo principale mentore, Donald Trump? Nei fatti, sembra proprio così. «In secondo luogo – aggiunge il Premier – Paesi come il Qatar e la Cina influenzano l’opinione pubblica attraverso investimenti significativi nei social media. Questo cambia la situazione internazionale di Israele; dovremo investire ingenti somme di denaro in tutto questo».
Guerra anche ai ‘social nemici’
Insomma, torna la narrazione dei ‘social’ come fabbrica di ‘fake news’, che devono essere controllati dal potere centrale, per evitare che i cittadini vengano ingannati. L’alibi di tutti gli aspiranti autocrati, che dicono di voler difendere la democrazia, ma in effetti hanno il manganello nel Dna. Indubbiamente (e questa è una novità), è la prima volta che il governo israeliano prende di mira Pechino. Così descrive il cambiamento di rotta Haaretz, il quotidiano di Tel Aviv: «Oltre ai guadagni militari – in particolare per quanto riguarda le minacce provenienti dall’Iran – Netanyahu ha avvertito che stanno emergendo nuove sfide. ‘Anche quando si abbatte una grande potenza, altre forze emergono. Da qui mi rivolgo al Ministero degli Esteri; non farò nomi’, ha detto. ‘Riflettete tra di voi sui rischi. I rischi non scompaiono; cambiano soltanto.
Anche i rischi si trasformano soltanto
Successivamente, Netanyahu ha tentato di chiarire le sue osservazioni durante un colloquio con i parlamentari statunitensi presso il Ministero degli Esteri israeliano. Il Primo ministro – prosegue Haaretz – ha affermato che Israele è riuscito a liberarsi dall’assedio imposto dall’Iran, ma ha aggiunto che dovrà rompere un ‘assedio sociale’, organizzato principalmente da Qatar e Cina. Netanyahu ha affermato che Israele investirà risorse significative anche per respingere questo assedio, aggiungendo che lo sforzo di boicottare Israele è coordinato e che è in atto un attacco organizzato alla legittimità di Israele. L’Europa occidentale – ha detto – è sotto pressione da parte delle sue minoranze musulmane affinché si unisca a questo assedio a Israele. «Alcuni Paesi europei hanno bloccato le spedizioni di componenti per armi. Possiamo uscirne? Sì, possiamo. Siamo piuttosto bravi a produrre armi».
Nuova Sparta in armi contro il mondo
È stato a questo punto che Netanyahu si è riferito a Israele come ‘Nuova Sparta’, una città-Stato che nella sua visione è perennemente assediata dai nemici e in guerra eterna con loro. E per questo non può perdere tempo in inutili inezie, in sofismi burocratici, in ‘divertissement intellettuali’, come il rispetto di certe regole istituzionali. Che secondo lui ingesserebbero l’azione del governo, rendendola lenta e incapace di reagire alle sfide degli avversari. Ridotto all’osso, il ‘Bibi-pensiero’ è molto semplice, ma di una brutalità disarmante: Israele resta una democrazia a sovranità popolare limitata. La cui legge fondamentale dello Stato non è la Costituzione, ma la sopravvivenza. Da questo assunto, che molto poco ha a che fare con i padri del pensiero politico occidentale, Netanyahu fa discendere tutto il resto. Traumi storici, visioni bibliche, sogni messianici e tante nefandezze.
Sparta contro Atene della democrazia
- Ha detto che «Israele dovrà comportarsi come Sparta, famosa per le sue guerre contro l’antica Atene. Dovremo sviluppare industrie belliche qui. Nei prossimi anni per essere in grado di approvare questi enormi progetti dobbiamo ridurre drasticamente la burocrazia. So che questa questione, come al solito, incontrerà un rifiuto. Ci saranno rifiuti da parte degli organi giuridici. Non abbiamo tempo. Dobbiamo agire molto rapidamente perché il mondo si muove a una velocità incredibile. Abbiamo bisogno di molta più flessibilità. La vita è più importante della legge».
In quest’ultima frase c’è forse tutto il dramma dell’Israele contemporaneo. Un Paese che, ferito da eventi terribili e travolto da traumi che non riesce ancora a rimuovere, pensa di essere talmente in credito con la storia da potersi permettere di avere, comunque, diritto di vita o di morte sul resto dell’umanità.