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«Niente truppe Usa in Ucraina», Trump prepara il suo vertice

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Politica Estera

20.08.2025 

da Il Manifesto

Sabato Angieri

Soldi e soldati. La macchina è partita, grande movimento di generali, si lavora sulle "garanzie di sicurezza". Ginevra o Budapest per il trilaterale

Stavolta la diplomazia intorno all’Ucraina si sta muovendo davvero, e potrebbe essere l’ultima. La Casa bianca ha annunciato che «i preparativi per il vertice Putin-Zelensky sono in corso» e Donald Trump ha rilasciato un’intervista a Fox News nella quale spiega bene la fase delicata in cui siamo con tre frasi: «Spero che Putin sia bravo, altrimenti la situazione sarà dura. Anche Zelensky deve mostrare flessibilità», «lasciamo» che i due belligeranti si vedano prima tra di loro soltanto, ed «è possibile che Putin non voglia raggiungere un accordo. Scopriremo di più nelle prossime due settimane».

Al di là delle valutazioni sul vertice in Alaska, se sia stata o meno una vittoria per Putin ormai sembra essere diventata una discussione da salotto, e su quella di Washington, che insiste sul vestiario di Volodymyr Zelensky neanche fossimo a Palazzo Pitti, il dato reale è che la macchina è partita ma non si sa dove arriverà e, soprattutto, se arriverà da qualche parte.

ANCHE laddove si dovesse fermare, sarà comunque una svolta. Difficile che Trump si impegni di nuovo così tanto in prima persona perché il rischio sarebbe di passare dalle aspirazioni al Nobel per la pace ai meme sui social network. Ma il presidente degli Stati uniti non può perdere, anche se perde davvero. Quindi a rimetterci sarebbe l’Ucraina, con l’Europa al traino, e le decine di migliaia di soldati al fronte impegnati a risolvere la guerra col sangue e i civili nelle città bombardate. Con l’incognita delle forniture militari, del fastidio di Washington e della tenuta interna di Kiev. Il rischio è reale, nonostante i proclami ottimistici di alcuni leader del Vecchio continente che hanno passato le ultime ore a pianificare garanzie di sicurezza credibili per l’Ucraina. Per ora si tratta e ognuna delle parti coinvolte cerca di incastrare gli altri. Da Mosca è arrivata la proposta di tenere il bilaterale con Zelensky… a Mosca. Il che farebbe sorridere se non fosse una chiara dichiarazione di intenti. Il primo passo del Cremlino nella nuova fase di negoziati è stato, nella pratica, invitare la controparte a certificare la sua resa. Umiliandola pubblicamente, per giunta. Com’era scontato, Zelensky ha rifiutato.

IL PRESIDENTE francese Emmanuel Macron ha invece proposto Ginevra, in Svizzera, e l’ha definita «più di un’ipotesi, è la volontà collettiva». Anche perché per gli altri membri dell’Ue, Italia compresa (Roma era tra le possibilità), ci sarebbe il problema enorme di dover arrestare Putin appena sceso dall’aereo in virtù del mandato di arresto della Corte penale internazionale. Ma il ministro degli esteri svizzero Ignazio Cassis ha chiarito che il governo elvetico assicura l’immunità a «una persona sottoposta a mandato d’arresto internazionale che si presenta per una conferenza di pace». Secondo la rivista Politico, invece, la Casa bianca punterebbe a Budapest come sede del colloquio.

Intanto i governi europei hanno iniziato a delegare i propri capi di stato maggiore per sondare il terreno. Ieri l’ammiraglio britannico Tony Radakin si è recato negli Usa per parlare con l’omologo Usa e oggi l’italiano Luciano Portolano prenderà parte ai colloqui con i rappresentanti militari degli altri stati presenti al vertice di lunedì a Washington per iniziare la pianificazione dei vari aspetti delle garanzie di sicurezza. Prevista oggi anche una videoconferenza tra i capi di stato maggiore di tutti i 32 paesi Nato. La macchina si muove.

TRUMP ha ribadito che «l’Ucraina non entrerà a far parte della Nato» e che «Francia, Germania e Regno Unito vogliono truppe sul campo», ma gli Usa assolutamente no. Secondo Axios, gli Stati uniti sarebbero però favorevoli alla fornitura di sistemi di difesa aerea a «eventuali forze europee che potrebbero essere dispiegate in Ucraina». Su questo nei prossimi giorni dovrebbe essere pronto un «piano dettagliato» da consegnare alla Russia. La quale ha già fatto sapere, nel modo più categorico possibile, che non accetterà la presenza di truppe di Paesi Nato sul suolo ucraino. Ma come si poteva pensare il contrario resta un mistero, dato che Putin da tre anni e mezzo ripete che «l’espansione della Nato» alle porte della Federazione è uno dei motivi dell’invasione? Durante la telefonata di lunedì, tra l’altro, Putin avrebbe menzionato a Trump l’eventualità che la Cina sia uno dei potenziali garanti di un accordo con Kiev.

L’ALTRA questione fondamentale, quella dei territori, è invece avvolta dal massimo riserbo. Durante l’incontro tra Zelensky e Putin alla Casa bianca, uno degli assistenti di Trump ha pubblicato una foto con i due presidenti di fronte a una grande carta dell’Ucraina. Zelensky poco dopo ha dichiarato alla stampa che intende «parlarne direttamente con Putin». Secondo il Wall street journal, il presidente ucraino starebbe valutando uno scambio di territori «proporzionale» con il Cremlino. Come questo scambio possa essere “proporzionale” in una fase di scontri violentissimi – e con l’esercito russo in avanzata continua, seppur lenta e costosissima in termini di vite umane – e considerando le richieste massimaliste di Putin, appare difficile da immaginare.

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