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«No Meloni day», studenti in piazza contro il riarmo

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Politica italiana

15/11/2025

da Il manifesto

Luciana Cimino, Albertina Sanchioni

No Meloni Day. Manifestazioni in 60 città ma la destra si allarma per i tafferugli a Bologna e Torino

Se c’è davvero un problema con l’ordine pubblico delle piazze, forse va cercato non solo fra i manifestanti, come pretende il governo. Come già successo in occasione di altri cortei, anche nel caso dello sciopero studentesco di ieri gli unici momenti di tensione si sono verificati a Bologna e Torino. E naturalmente la destra li ha cavalcati per denunciare un presunto clima d’odio contro Meloni e la necessità di un’altra torsione sul diritto al dissenso. Anche se niente di tutto questo è successo nelle altre 60 città dove erano previste manifestazioni con contenuti, slogan e corollario visivo (cartelli e striscioni, anche macchiati di rosso, contro la presidente del Consiglio e i suoi ministri all’Istruzione e alla Famiglia) identici.

«VALDITARA ALIMENTA un’idea di scuola sempre più repressiva e improntata all’obbedienza – ha spiegato Angela Verdecchia, coordinatrice nazionale della Rete degli studenti medi -. Siamo stanchi di sentire che non ci sono soldi per l’istruzione: ci sono, il governo ha scelto di investirli in armi e non nel futuro del paese, chiediamo che il 5% del Pil previsto per il piano di riarmo venga destinato a scuola, università e ricerca». La piattaforma dello sciopero studentesco non riguarda solo l’istruzione. Oltre alla ferma opposizione alle riforme di università e scuola, (targate Bernini e Valditara) e al decreto sicurezza, ragazzi e ragazze hanno infatti portato in strada il loro dissenso per il genocidio dei palestinesi e per il nuovo assetto globale e europeo, che sacrifica il welfare e l’ambiente per concentrarsi sulla guerra permanente. Non è un caso che ieri abbiano sfilato anche i Fridays for Future. «Dopo le centinaia di occupazioni e picchetti che hanno attraversato scuole e atenei negli ultimi mesi, continua a crescere l’opposizione al governo e alle sue politiche a partire dalla manovra», hanno detto Cambiare Rotta e Osa (vicini a Usb e Potere al Popolo) che hanno intitolato la loro protesta “No Meloni day”. «Facciamo fatica a immaginare un futuro con casa, lavoro e servizi dignitosi, non sopportiamo più l’oppressione della scuola-gabbia, non più ascensore sociale, e le difficoltà di un’università costosa ed escludente».

I collettivi rivendicano il ruolo avuto nelle piazze contro il genocidio di ottobre e rilanciano: «Ora proviamo a immaginare nuovi strumenti per rispondere alle varie esigenze che si sono espresse in quelle manifestazioni».

DAL TRENTINO alla Sicilia le manifestazioni si sono svolte regolarmente. I tafferugli si sono verificati a Torino, dove sono state fermate due persone che avevano partecipato ai tentativi di raggiungere le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa, e a Bologna. Qui il corteo “No meloni Day” è stato bloccato dalla polizia in tenuta antisommossa mentre si dirigeva l’assemblea dell’Anci. I manifestanti hanno lanciato uova contro le forze dell’ordine che hanno risposto con una carica.

Animato da flash mob il corteo di Milano, partecipato da oltre 10 mila studenti: davanti la sede di Assolombarda è stato esposto uno striscione con i nomi dei bambini palestinesi uccisi. Sotto il consultorio di via Larga è stato bruciato un cartello che conteneva «tutti i tabù sessuali e omofobi imposti dalla società». Davanti alla sede della Città Metropolitana sono apparsi manifesti «contro ogni forma di degrado nelle scuole». E infine gli studenti si sono imbavagliati davanti alla prefettura per «rappresentare la repressione contro i movimenti».

Il coordinamento degli studenti palermitani, invece, ha sfilato per le vie del centro storico «contro il degrado dell’edilizia scolastica e l’emigrazione forzata dei giovani dalla Sicilia». Doppio presidio a Bari: «Più aule e non più bombe», lo slogan di Udu, Uds e Zona Franka. «Scuole e università pubbliche devono tornare a essere un presidio di inclusione ed emancipazione socioeconomica e rappresentare gli spazi in cui la formazione sia il presupposto per lo sviluppo del pensiero critico e non sia asservita all’ideologia conservatrice che ci vuole rendere cittadini passivi e ubbidienti- hanno detto dall’Uds -. L’istruzione sta diventando un lusso per pochi». Anche a Napoli, dietro gli striscioni contro «genocidio, repressione e riarmo», migliaia di studenti hanno sfilato per il centro cittadino, partendo da Piazza Garibaldi.

MOLTO PARTECIPATI anche i cortei nella Capitale, partiti da luoghi diversi per ricongiungersi davanti al ministero dell’Istruzione, con tappe al Colosseo e conclusione davanti all’Ufficio scolastico regionale. «Da qui partono le circolari repressive che l’Usr manda alle scuole per evitare di farci parlare di Palestina o transfemminismo – hanno spiegato – il sistema scolastico italiano è gerarchico e autoritario».

«Ho cominciato da poco a partecipare alle manifestazioni perché pensavo che certe cose non mi riguardassero -ha detto Sasha, 16 anni, di Bracciano – ma la mia scuola cade a pezzi e i soldi vanno alle armi che ammazzano i palestinesi. Quindi scendo in piazza».

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