Politica italiana - Lavoro
In Italia i lavoratori in nero sono 2 milioni e 990mila, in aumento di circa 73mila unità rispetto al 2020 e il dato Istat è riferito al 2021.
Il racconto del governo sul mercato del lavoro si infrange, ancora una volta, contro la realtà. Il dato dell’occupazione in crescita continua a nascondere i principali problemi per i lavoratori italiani: non solo le paghe da fame e la precarietà, ma anche gli occupati irregolari. In occasione dell’iniziativa per i 74 anni della Uil, il segretario Pierpaolo Bombardieri lancia una campagna sul lavoro sommerso e precario, denunciando come in Italia ci siano ben tre milioni di persone occupate in nero. Li definisce dei “fantasmi”, che devono tornare “a essere persone con un contratto e un lavoro stabile”. I lavoratori in nero sono per l’esattezza 2 milioni e 990mila, in aumento di circa 73mila unità rispetto al 2020 e il dato proviene dall’Istat (risale all’ottobre del 2023 ed è riferito al 2021).
IN ITALIA I LAVORATORI IN NERO SONO 2 MILIONI E 990MILA, IN AUMENTO DI CIRCA 73MILA UNITÀ RISPETTO AL 2020 E IL DATO ISTAT È RIFERITO AL 2021
Il primo passo mosso da Bombardieri per far emergere queste persone è proprio il tentativo di renderli reali e non dei fantasmi: lo ha fatto attraverso gli stessi lavoratori in nero che hanno raccontato le loro testimonianze e le loro esperienze di giovani sfruttati e sottopagati. Intrecciando, così, anche un altro dei temi su cui si battono i sindacati e l’opposizione: il salario minimo. D’altronde la ricetta fornita dal governo di fronte alle paghe da fame è semplicemente quella di puntare sulla contrattazione collettiva. Contrattazione che, ovviamente, non può essere prevista per i lavoratori che per lo Stato non esistono. Un problema che evidenzia come non sia sufficiente neanche parlare di salario minimo di fronte agli stipendi troppo bassi, figuriamoci se possa bastare affidarsi soltanto alla contrattazione collettiva.
La battaglia della Uil si concentrerà quindi sui lavoratori fantasma ma anche sulla precarietà: “Continueremo a combattere le regole che permettono troppa precarietà”, annuncia Bombardieri. Che non si ritiene però molto fiducioso sull’idea di ricorrere a un referendum sul tema, come invece vuole fare la Cgil. Anche perché gli ultimi voti referendari “hanno mostrato una scarsa partecipazione”. Al contrario, per Bombardieri, serve una “mobilitazione, una discussione con i governi e la politica”.
GRAN PARTE DEI NUOVI CONTRATTI RIGUARDA ATTIVITÀ A TEMPO DETERMINATO O A TERMINE
La Uil ha presentato anche una ricerca riguardante i primi nove mesi del 2023: quel che emerge è che il 36% dei rapporti di lavoro cessati ha avuto una durata massima di 30 giorni. Inoltre, in base all’elaborazione Eures-Uil, si evidenzia che nel 2022 a fronte di 8,15 milioni di contratti attivati nel settore privato, solamente il 17% è stato a tempo indeterminato. Il 4,3% è un contratto di apprendistato e ben il 78,6% riguarda invece forme precarie: a termine, stagionali, in somministrazione o intermittenti. E anche nei primi nove mesi del 2023 i contratti atipici sono stati il 79,5% del totale, contro il 20,5% di contratti stabili.
D’altronde, come sottolinea Bombardieri, incrociando i dati dell’Inps e del ministero emerge che più del 40% dei lavoratori è a tempo determinato, a cui aggiungere tre milioni di sommersi. Un fenomeno presente soprattutto nel caso di lavoratori immigrati “senza contratto dei quali bisogna preoccuparsi”. Insomma, la battaglia si sposta dal campo del salario minimo a quello della precarietà e dell’irregolarità.
06/03/2024
da La Notizia