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Non è un caso Paragon. È un caso Italia

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Giorgia Meloni, per ora, ritiene inutile proferire una sola parola sul caso Paragon, come se avere giornalisti spiati fosse un incidente normale in una democrazia

Quindi anche Roberto D’Agostino, anima del sito Dagospia, è stato spiato con il Graphite, il software che l’azienda Paragon Solutions vende solo ai governi e ai loro apparati di intelligence. Con Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino – di Fanpage – D’Agostino è il terzo giornalista ad essere stato avvisato di avere il telefono infettato. Nel suo caso è stata Apple a chiedergli di spedire il telefono per ulteriori controlli a un laboratorio statunitense.

Quando si tratta di spioni, di spiati e di servizi, il gioco dei governi consiste nel rendere complicato anche ciò che è lapalissiano. Giorgia Meloni, per ora, ritiene inutile proferire una sola parola sull’argomento, come se avere giornalisti spiati fosse un incidente normale in una democrazia. Qualche commentatore vorrebbe rivendere la questione come una sgrammaticatura non grave, il grillo di governo Italo Bocchino ha bisbigliato che «anche altri governi spiavano i giornalisti».

Eppure Paragon Solutions, anche ieri, ha ribadito di aver interrotto i rapporti con il governo italiano “a seguito del sospetto di un uso improprio che andava oltre le condizioni d’uso definite nell’accordo con l’azienda”, ricordando che è a disposizione per scoprire (o forse semplicemente svelare) chi siano gli spioni.

Il “caso Paragon” non esiste. Esiste, per ora, una compatta omertà di governo, di maggioranza, e di pezzi dell’opposizione che aspettano che la polvere si posi e che tutto passi. Non farlo passare è l’imperativo di ciascuno di noi. Anche se lo scandalo dovesse scoperchiare qualche malefatta di coloro che si considerano amici.

Giorgia Meloni, per ora, ritiene inutile proferire una sola parola sul caso Paragon, come se avere giornalisti spiati fosse un incidente normale in una democrazia

Quindi anche Roberto D’Agostino, anima del sito Dagospia, è stato spiato con il Graphite, il software che l’azienda Paragon Solutions vende solo ai governi e ai loro apparati di intelligence. Con Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino – di Fanpage – D’Agostino è il terzo giornalista ad essere stato avvisato di avere il telefono infettato. Nel suo caso è stata Apple a chiedergli di spedire il telefono per ulteriori controlli a un laboratorio statunitense.

Quando si tratta di spioni, di spiati e di servizi, il gioco dei governi consiste nel rendere complicato anche ciò che è lapalissiano. Giorgia Meloni, per ora, ritiene inutile proferire una sola parola sull’argomento, come se avere giornalisti spiati fosse un incidente normale in una democrazia. Qualche commentatore vorrebbe rivendere la questione come una sgrammaticatura non grave, il grillo di governo Italo Bocchino ha bisbigliato che «anche altri governi spiavano i giornalisti».

Eppure Paragon Solutions, anche ieri, ha ribadito di aver interrotto i rapporti con il governo italiano “a seguito del sospetto di un uso improprio che andava oltre le condizioni d’uso definite nell’accordo con l’azienda”, ricordando che è a disposizione per scoprire (o forse semplicemente svelare) chi siano gli spioni.

Il “caso Paragon” non esiste. Esiste, per ora, una compatta omertà di governo, di maggioranza, e di pezzi dell’opposizione che aspettano che la polvere si posi e che tutto passi. Non farlo passare è l’imperativo di ciascuno di noi. Anche se lo scandalo dovesse scoperchiare qualche malefatta di coloro che si considerano amici.

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