20/08/2025
da Remocontro
«Si leggono sui media e si ascoltano dai nostri politici cose impensabili. Il riconoscimento di uno stato palestinese sarebbe una trappola, un incoraggiamento alle posizioni estremiste di Hamas e del governo israeliano», denuncia sul manifesto Alberto Negri, mentre parte l’occupazione di Gaza City.
Occupazione ‘solo’ di Gaza City
- Verso nuovi prevedibili massacri e deportazioni. Mentre il governo Netanyahu si prepara con gli insediamenti illegali a tagliare in due tra nord e sud la Cisgiordania, separando Gerusalemme est, araba, da quanto rimane della Palestina.
La trappola vera è un’altra
Da decenni non vengono imposte sanzioni reali e concrete a Israele per le violazioni continue del diritto internazionale e dei diritti umani più elementari. Non solo: noi e gli stati arabi commerciamo con Israele, vendiamo e compriamo armi, come fanno l’Egitto, la Turchia e gran parte dell’Europa. E abbiamo accordi segreti o semi-segreti – l’Italia nella cybersecurity – che fanno di Israele un pilastro della nostra sicurezza.
Non mediatori ma parte in causa
- Noi non siamo mediatori come facciamo finta di essere, siamo alleati di Tel Aviv e complici del genocidio in atto.
Più di tutti il presidente americano Trump per il quale Netanyahu non è un criminale ma un «eroe» a cui si paragona con orgoglio. Garantiamo a Israele – l’impunità più assoluta e trattiamo Netanyahu come se non avesse sulla testa un mandato di cattura della Corte penale internazionale. Business as usual, che poi è quello che vogliono nella sostanza sia gli Usa che Israele, partner storici nell’industria bellica, della sicurezza, dell’alta tecnologia, nella finanza.
Asse Stati Uniti-Israele
Nessun altro paese al mondo riceve da Washington una quantità di aiuti lontanamente paragonabile. Aiuti che gli Stati uniti non sottopongono a condizioni. Dagli anni settanta in poi non c’è mai stata un’amministrazione Usa che abbia voluto usarli come leva, per piegare i governi israeliani alla propria volontà (unica velata eccezione Bush padre nel 1991). Anche quando i governi israeliani hanno fatto il contrario di quel che voleva Washington (per esempio gli insediamenti illegali dei coloni).
Europei al seguito
E noi europei che facciamo? Nulla o quasi, al di là delle solite dichiarazioni. Il vero mantra per noi è: «Mai una sanzione contro Tel Aviv». Se ci ribelliamo concretamente a Israele ci ribelliamo agli americani, e con Trump i governi nostrani finirebbero presto in lista nera. La stessa recente proposta della Commissione europea di sospendere parzialmente Israele dal fondo di ricerca Horizon Europe – con l’esclusione da sovvenzioni e investimenti per 200 milioni di euro – non ha ottenuto la maggioranza necessaria. Un sussulto di orgoglio – o di vergogna – è venuto da oltre 1.700 funzionari Ue (su 32mila) che hanno appena scritto una lettera urgente su Gaza a von der Leyen e Kallas.
Annientamento di una popolazione
Dicono che siamo alle soglie dell’annientamento della popolazione e che senza un ripristino immediato degli aiuti Gaza è destinata a superare i 100 decessi al giorno per fame nelle prossime due o tre settimane (ma i morti ammazzati per fame per noi non esistono come dimostra Marah Abu Zhuri, deceduta a Pisa per la denutrizione).
Sanzioni millantate
I funzionari sottolineano che l’Unione europea è il principale partner commerciale di Israele e che, nonostante alcuni stati membri si siano opposti alla sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele, si possono considerare «sanzioni mirate, comprese restrizioni alle transazioni finanziarie e controlli sulle esportazioni, nei confronti delle entità responsabili di ostacolare l’accesso umanitario, compresi i massimi dirigenti israeliani».
Codardia europea
Ma non sarà questa lettera a salvare la coscienza europea: serve che i governi europei vadano oltre la loro codardia e dicano «basta» a Israele. E basta anche alla propaganda israeliana cui prestano orecchio. Secondo la quale – scriveva ieri sul manifesto Chiara Cruciati – «la fame non esiste, i morti di stenti soffrivano di altre patologie, gli aiuti ci sono ma è l’Onu a farli marcire, ospedali e scuole sono centri di Hamas, i giornalisti combattenti camuffati dietro i giubbotti Press».
83% di vittime civili
La stessa intelligence militare israeliana ammette – lo rivela un’inchiesta di +972Magazine e Guardian – che l’83% dei morti a Gaza sono civili, contraddicendo in maniera clamorosa tutte le fonti ufficiali. Per ora, paradossalmente, l’unica chance reale dei palestinesi è la lotta di potere tra Netanyahu e i militari, secondo quanto scrive sul Guardian il direttore di Haaretz, Aluf Benn.
‘Solo Gaza City’ da radere al suolo
- Lo scontro tra Netanyahu e i vertici militari ha raggiunto l’apice in un’infuocata riunione del gabinetto di sicurezza il 6 agosto: il capo di stato maggiore Zamir ha messo in guardia dal mandare le truppe in quella che è «equivalente a una trappola» e dal mettere a rischio la vita degli ostaggi. Il risultato è un compromesso: occupare solo Gaza City, costringendo alla fuga un milione di abitanti e raderla al suolo. Forse, un giorno verrà la tregua. Ma è quanto di peggio possa immaginare anche l’anima europea più cupa e indifferente.