"Il nostro esercito entrerà a Gaza con tutta la forza, andremo fino in fondo", aveva promesso poche ore prima del nuovo attacco
La liberazione dell’ostaggio israelo-americano Idan Alexander non aveva fatto indietreggiare Benjamin Netanyahu. Mentre Hamas e Donald Trump si ringraziavano a vicenda rispettivamente per le forniture di aiuti umanitari e, appunto, la liberazione di uno dei prigionieri catturati il 7 ottobre 2023, il primo ministro israeliano aveva avvertito che nessuna concessione avrebbe cambiato i suoi piani: “Il nostro esercito entrerà a Gaza con tutta la forza, andremo fino in fondo”. E ha rispettato la promessa: nella notte tra martedì e mercoledì i raid israeliani hanno colpito il campo profughi di Jabaliya, dopo che nella serata le Forze di Difesa di Tel Aviv (Idf) avevano ordinato l’immediata evacuazione di alcune zone settentrionali della Striscia. Il numero dei morti è uno dei più pesanti delle ultime settimane: almeno 60 le vittime complessive, delle quali 50 solo a Jabaliya, e tra loro ci sono 22 bambini. Decine i feriti, come denunciano fonti mediche citate da al-Jazeera. E l’aeronautica militare sta attaccando da questa mattina il sito bombardato ieri a Khan Younis, vicino all’ospedale europeo per colpire il leader di Hamas Muhammad Sinwar. Un attacco, spiega Idf, per il quale “non c’è stato il tempo di informare gli Usa”. Una fonte ha inoltre dichiarato a Ynet che “i caccia sono decollati di fretta, è stata un’opportunità improvvisa: se Sinwar era davvero lì, è difficile credere che sia sopravvissuto”. Ma non c’è certezza che il leader di Hamas sia stato effettivamente eliminato. E dall’ufficio di Netanyahu arrivano pesanti attacchi a Emmanuel Macron, dopo che ieri ha definito “una vergogna” quello che fa il governo israeliano a Gaza. “Il presidente francese ha nuovamente scelto di schierarsi al fianco di un’organizzazione terroristica islamista e assassina, facendo eco alla sua propaganda menzognera e accusando Israele con infami calunnie. Invece di sostenere il campo democratico occidentale nella sua lotta contro le organizzazioni terroristiche islamiste e di chiedere il rilascio degli ostaggi – hanno concluso -, Macron ancora una volta chiede a Israele di arrendersi e di premiare il terrorismo. Israele non si fermerà né si arrenderà”.
Gli attacchi d’Israele sono inoltre pronti ad abbattersi nuovamente anche sullo Yemen. Le Idf hanno diramato un avviso ai civili di sgomberare i porti gestiti dai ribelli Houthi: una prassi che anticipa raid militari. La mossa arriva dopo che nella mattinata di mercoledì Israele afferma di aver intercettato un missile lanciato dal territorio yemenita. “Visto che il regime terroristico Houthi utilizza i porti marittimi per le sue attività terroristiche, invitiamo coloro che si trovano in questi porti a evacuare e a tenersi lontani fino a nuovo avviso”, ha scritto il portavoce in arabo dell’esercito israeliano Avichay Adraee su X riferendosi soprattutto ai porti di Ras Issa, Hodeida e Salif.
Oms: “Il blocco degli aiuti ha ucciso 57 persone” – A Gaza i bambini muoiono per le bombe, ma anche per la malnutrizione. Secondo l’‘Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’inizio del blocco degli aiuti umanitari il 2 marzo, almeno 57 bambini sono morti a causa degli effetti della malnutrizione. E la mancanza di nutrimento adeguato, tra zero e cinque anni, se non uccide causa l’arresto della crescita, ostacola lo sviluppo fisico e mentale, aumenta il rischio di contrarre malattie mortali, l’atrofia muscolare fino all’incapacità di muoversi. Danni che persistono negli anni. L’Oms spiega che, nella maggior parte dei casi, la malnutrizione colpisce lentamente e silenziosamente, rallentando lo sviluppo fisico e intellettivo del bambino, provocando ritardi permanenti e infine erodendo la capacità dell’organismo di reagire alle infezioni e alle malattie. E la mancanza di acqua potabile e servizi igienici, oltre all’assistenza sanitaria ormai inesistente a Gaza favoriscono le infezioni. Dunque, dietro la morte di un bambino per dissenteria o polmonite c’è spesso una storia di malnutrizione.
Dopo diciannove mesi di conflitto, l’intera popolazione di Gaza, circa 2,1 milioni di persone, sta affrontando “un rischio critico di carestia”, con il 22% della popolazione che presto si troverà in una situazione “catastrofica”, avverte l’Onu. Richard Peeperkorn, rappresentante dell’Oms per i Territori Palestinesi Occupati, ha descritto la situazione come “una delle peggiori crisi alimentari del mondo” e ha riferito di aver visto bambini che sembrano anni più giovani della loro età. “Se la situazione persiste, si prevede che quasi 71mila bambini di età inferiore ai cinque anni soffriranno di malnutrizione acuta nei prossimi 11 mesi”, ha avvertito, aggiungendo che anche quasi 17mila donne incinte e in allattamento sono a rischio. “Sappiamo tutti – ha sottolineato – che le conseguenze a lungo termine della malnutrizione possono durare tutta la vita: arresto della crescita e dello sviluppo cognitivo, problemi di salute” che segnato il futuro di questi bambini.
Nyt: “Israeliani consapevoli della crisi alimentare a Gaza” – Ufficiali militari israeliani, parlando al New York Times, hanno dichiarato che i gazawi rischiano una crisi alimentare se non verranno ripristinate le consegne di aiuti entro poche settimane e Israele ne è consapevole. Per mesi Tel Aviv ha sostenuto che il blocco dei rifornimenti di cibo e carburante a Gaza non rappresentava una grave minaccia per la vita dei civili nel territorio, nonostante le Nazioni Unite e altre agenzie umanitarie affermassero che si profilava una carestia. Tuttavia, gli ufficiali militari che monitorano le condizioni umanitarie a Gaza hanno detto in condizione di anonimato al quotidiano americano di aver avvertito i loro comandanti negli ultimi giorni che, se il blocco non verrà revocato rapidamente, molte aree dell’enclave probabilmente non avranno più cibo a sufficienza per soddisfare il fabbisogno nutrizionale giornaliero minimo. Poiché intensificare le consegne umanitarie richiede tempo, le fonti hanno affermato che sono necessari provvedimenti immediati per garantire che il sistema di fornitura degli aiuti possa essere ripristinato abbastanza rapidamente da impedire la carestia.
14/05/2025
da Il Fatto Quotidiano