20/10/2025
da La Notizia
Questa la chiamate pace?
Oggi Rafah è stata colpita dai raid israeliani in risposta a un attacco contro soldati dell’Idf. In serata il ministero della Sanità di Gaza ha contato almeno 33 morti, poi 44, forse 45 secondo le ultime stime. Ogni volta la tregua viene dichiarata morta a colpi di bombe e poi resurrezione annunciata come fosse un atto di volontà divina.
Questa la chiamate pace? Israele ordina la chiusura dei valichi e lo stop agli aiuti umanitari. Poi, dopo le telefonate degli Stati Uniti, riapre e annuncia che «il cessate il fuoco riprende». È una pace che si interrompe e si accende a piacimento, come un interruttore nelle mani di chi decide chi può vivere e chi deve morire.
Questa la chiamate pace? Dal 10 ottobre, quando la finta tregua è stata firmata e celebrata come vittoria diplomatica, ci sono stati oltre 200 morti e centinaia di feriti. Ogni giorno una decina, venti, trenta corpi. Bambini, donne, uomini. Ogni giorno il genocidio riprende fiato e poi finge di fermarsi per ingannare gli allocchi che già si sentivano pronti a parlare di “fase post-conflitto”.
Questa la chiamate pace? Si parla di Gaza come se il sangue potesse essere marketing, come se la morte potesse farsi brand. Nel frattempo i giornali del mondo iniziano a togliere Gaza dalle prime pagine, come se l’orrore potesse essere archiviato per stanchezza.
La restituzione degli ostaggi è stata l’amo per gli allocchi. Hanno abboccato in fretta, convinti che il genocidio fosse stato sospeso. Ma a Gaza la guerra e il genocidio sono tornati. O forse non se ne sono mai andati.
Per quello dobbiamo tenere gli occhi su Gaza.