22/10/2025
da Il Fatto Quotidiano
La Confederazione europea dei Sindacati (secondo cui il numero di decessi per caldo estremo è aumentato del 42% dal 2000) ha chiesto l'adozione di una direttiva vincolante che definisca le temperature massime sui luoghi di lavoro
Nelle narici gli entra l’odore di sudore e calcestruzzo appena steso nel cantiere a San Lazzaro. La sua mano, scolpita dalla fatica in calli duri, si alza per dare un ultimo colpo di cazzuola. Poi, mentre lavorava in cantiere, Ait El Hajjam Brahim, muratore nato in Marocco 47 anni fa e padre di quattro figli, l’ha ammazzato l’estate: quella calda che in Italia rende le temperature roventi come lava che cola – ogni anno sempre di più. Quella dell’operaio a San Lazzaro è stata una morte sul lavoro e di lavoro più tragica e paradossale delle altre: è stramazzato sul cemento a luglio scorso, solo poche ore prima che venisse emanata dalla regione Emilia-Romagna un’ordinanza che vietava di lavorare nelle ore più calde a chi, come lui, doveva faticare nel luogo più spietato: sotto il sole. Sono le temperature in aumento il nuovo spartiacque economico in un mercato del lavoro sempre più precario e crudele, dove perfino l’ombra è diventata un privilegio.
Ad agosto 2024, mentre il calore gli squagliava il cielo in testa e la terra sotto i piedi, Dalvir Singh, uno dei braccianti indiani che ogni giorno coltivano le terre intorno a Latina, per picchi d’afa rovente, ha smesso di respirare ed è morto. Nello stesso mese l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che oltre 2 miliardi di lavoratori sono esposti al caldo estremo nei luoghi di lavoro: i numeri degli infortuni annuali emersi a galla parlano di 22 milioni di vittime, quasi 20mila sono invece i decessi. Adesso conferma la crisi lavorativa ed ambientale anche l’ultima indagine Osh Pulse 2025: circa un lavoratore su tre nell’Ue (il 33%) è esposto a rischi legati ai cambiamenti e rischi climatici estremi.
L’aumento delle temperature è diventato un’emergenza sociale, non solo ambientale. Dalle autorità è spesso ridotta a questione marginale, liquidata come preoccupazione da “figli di papà”, eppure sono i figli di nessuno a morirne: quelli più esposti ai pericoli, con minore accesso a tutele e diritti lavorativi. La Confederazione europea dei Sindacati (secondo cui il numero di decessi sul lavoro per caldo estremo è aumentato del 42% dal 2000) ha chiesto l’adozione di una direttiva vincolante che definisca le temperature massime sui luoghi di lavoro.
Ogni vera vita è una lotta, ma per alcuni la battaglia è diventata impossibile da vincere: giovani e migranti oggi patiscono insieme una crisi duplice, generata dai danni causati dal riscaldamento globale e dalle distorsioni di un mercato lavoro che non assicura rispetto e, talvolta, nemmeno reddito. Secondo i dati Istat appena pubblicati, in povertà assoluta in Italia vivono quasi sei milioni di persone, per la gran parte stranieri. I migranti in Italia oggi – come migranti in terre altrui erano gli italiani ieri – rimangono più degli altri inchiodati alle regole pervertite del sistema: il 16% degli incidenti mortali sul luogo di lavoro riguarda loro. Per normative inadeguate, compensi grotteschi, tutele vetuste e regole ingiuste, già piegate alla logica del profitto di pochi, sono morti in tanti, ma ne moriranno ancora di più: uno studio del Joint Research Centre della Commissione Ue pubblicato su The Lancet Public Health ha calcolato che con un riscaldamento globale ulteriore di tre gradi, i decessi aumenteranno e in Italia potrebbero triplicare e salire a oltre 28.000 morti annuali entro la fine del secolo.
L’estate è assassina per alcuni più che per altri: lo è per operai, agricoltori, rider. Per quei Cristi a cottimo nei campi, Cristi in bicicletta, sbattuti da un lato all’altro delle città dall’algoritmo, come anime sfinite piene di pacchi. E poi per i più giovani, impiegati senza tutele e cresciuti nell’ombra lunga della crisi lavorativa, pronti a dire sempre sì sotto continuo ricatto della necessità. Per tutti quelli costretti sotto la soglia della povertà – che è spesso anche quella della mancata dignità.
Per certi lavoratori è scoccata l’ora più calda e per molti è anche l’ultima, sotto un sole sempre più bollente dove l’unica cosa che continua a crescere, insieme ai frutti sugli alberi da raccogliere per due spiccioli all’ora, sono le diseguaglianze. Aumento del precariato e del calore procedono paralleli e inarrestabili. Producono pericolosi squilibri e avanzano ancora più veloci in questa era di regressione economica. Nel 2022, nell’Unione Europea sono morti oltre tremila lavoratori sul posto di lavoro in un ambiente di sfruttamento sistemico e non d’eccezione. Non è sfortuna, è la regola: lo ha detto anche il segretario dell’Onu Guterres, che ha davanti agli occhi le cifre degli individui costretti all’indigenza assoluta (nel mondo sono 700 milioni): “La povertà non è sconfitta personale, ma di tutto il sistema”. Nella nostra epoca rovente sono gli ultimi a cadere per primi sotto il sole, ma prima ancora della calura, a bruciarli vivi, sono indifferenza e silenzio.