UE. Budapest reagisce: «Contro di noi attacco infantile». L’Ungheria paga la vicinanza a Mosca
Alla fine, dopo una lunga discussione, la decisione è stata presa: non si terrà più a Budapest, bensì a Bruxelles, la riunione informale dei ministri degli Esteri prevista per il 28 e 29 agosto. La presidenza semestrale di turno del Consiglio, iniziata questo mese, aveva in programma, come da prassi, un meeting informale del Consiglio esteri da tenersi nella capitale del paese ospitante. Ma sul trasloco, dal valore certamente simbolico, ha pesato l’attivismo di Orbán, che ha trascorso i pochi giorni dall’inizio del suo mandato in missioni diplomatiche in solitaria tra Mosca, Pechino e come coda la visita da Trump.
L’azione non è andata giù ai governi europei: «Mancanza di leale cooperazione» da parte dell’Ungheria la definisce l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Josep Borrell, che è riuscito a portare dalla sua anche i paesi più cauti se non addirittura contrari. La divisione tra le capitali in effetti c’era eccome. Secondo fonti diplomatiche, erano solo 5 i paesi che si opponevano apertamente a tenere la riunione a Budapest e che quindi non avrebbero inviato i loro ministri, mentre 13 paesi erano favorevoli alla «soluzione istituzionale», che tradotto dal linguaggio delle feluche vuol dire semplicemente: Budapest va bene (magari per evitare di irritarla).
Interessante notare che di questa maggioranza fanno parte gli stati più grandi, come Spagna, Francia e Germania. I restanti 8 paesi hanno semplicemente rimandato la scelta al capo della diplomazia Ue. Borrell è riuscito a comporre le profonde divisioni emerse facendo esprimere le capitali sull’iniziativa di pace di Orbán: dato che 25 contro due, Budapest e Bratislava, hanno sottoscritto la condanna dell’iniziativa, Borrell ha messo a segno un colpo che aveva in canna già diverse settimane.
Certamente contro la soluzione ungherese si era espressa Varsavia. Nel corso del Consiglio di ieri a Bruxelles, il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski aveva addirittura proposto di tenere eventualmente la riunione in Ucraina, incontrando – a detta dello stesso ministro – la sola opposizione di Budapest. Molto distante la posizione del capo della diplomazia italiana. ha frenato invece Antonio Tajani: «Anche noi non condividiamo le missioni di pace di Orbán, ma l’aspetto politico non può inficiare l’alternanza alla guida delle istituzioni comunitarie». Smentite nettamente le previsioni del leader di FI, che prima della decisione di Borrell aveva assicurato: «Mi pare ci sia una maggioranza molto ampia per andare a Budapest».
«Non userei il termine boicottaggio, dato che la riunione avrà luogo e gli ungheresi parteciperanno», getta acqua sul fuoco lo stesso Borrell. Di sicuro Budapest reagisce con stizza. Di «isteria aggressiva e bellicosa sulla nostra missione di pace» ha parlato il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó, mentre il portavoce del governo e fedelissimo del premier, Zoltan Kovacs, definisce «infantile» il comportamento dei partner europei. Ma nonostante il vittimismo, non gli resta che ammettere: siamo pronti a partecipare all’incontro, anche se a Bruxelles».
«Finora i governi nazionali sono stati piuttosto riluttanti ad agire contro la presidenza ungherese», dice al manifesto Daniel Freund, europarlamentare tedesco dei Greens, apertamente critico nei confronti di Orbán. «Adesso possiamo solo limitarci a osservare a quello che è riuscito a fare in pochi giorni dall’inizio, con iniziative non concordate. Se non si pone rimedio, il grande rischio è di incoraggiare il premier ungherese a comportarsi ancora di più in questo modo».
«Non c’è mai stata una presidenza così» continua l’eurodeputato dei Verdi, che poi ricorda: «Il governo di Budapest è incorso in ogni sorta di sanzioni: per violazioni dei diritti valori fondamentali dell’Ue, per corruzione dilagante, per ignorare le sentenze della Corte Giustizia Ue».
Freund cita anche i ricatti e i veti a Bruxelles sul tema Ucraina: «Poiché prende ordini da Mosca e non è una buona idea fargli guidare l’Europa. La mia proposta è che alla presidenza vada la Polonia, a cui spetta il turno successivo. Magari già a partire dal primo settembre».