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Parata della vittoria a Pechino, «basta tragedie storiche»

Parata della vittoria a Pechino, «basta tragedie storiche»

Politica estera

03/09/2025

da Remocontro

Remocontro

A Pechino la grande parata militare della vittoria, per celebrare il successo nella seconda guerra mondiale: sono arrivati anche Putin e Kim Jong-un, accolti dal presidente Xi. «La Cina è per una forza di pace e di sviluppo. Nessun bullo potrà intimidirci». Trump a Xi: «Saluti a Putin e Kim mentre cospirate contro gli Usa»

Xi: ‘Il mondo deve scegliere tra la pace e la guerra’

Alle 3 e 21 di questa mattina, ora italiana, al via la parata a Pechino. «Il mondo si trova di fronte a una scelta tra la pace e la guerra», avverte il presidente cinese Xi Jinping nel discorso di apertura della parata militare in occasione della cerimonia per gli ottanta anni della vittoria della seconda guerra mondiale. «La Cina è per una forza di pace e di sviluppo. Nessun bullo potrà intimidirci» ha aggiunto. E chi fosse il ‘bullo’ in questione era chiaro a tutti.

Risposta al volo di Washington

«La domanda più importante a cui rispondere è se il presidente cinese Xi Jinping menzionerà o meno l’enorme quantità di sostegno e sangue che gli Stati Uniti hanno donato alla Cina per aiutarla a liberarsi da un invasore straniero molto ostile», la risposta sarcastica di Donald Trump sul suo social Truth. «Vi prego di porgere i miei più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong-un mentre cospirate contro gli Stati Uniti, augurando al presidente Xi Jinping e al meraviglioso popolo cinese di vivere una giornata di festa grandiosa e duratura».

Gli alleati chiave sul fronte sud del mondo

Le immagini trasmesse dalla televisione di stato cinese hanno mostrato Xi Jinping mentre stringe, a turno, la mano a Putin, poi a Kim Jong Un e agli altri ospiti al momento del loro arrivo. Dopo uno scambio di convenevoli, i leader si sono incamminati lungo il tappeto rosso. Putin alla destra del presidente cinese e Kim Jong Un alla sua sinistra, i tre hanno guidato il gruppo verso piazza Tienanmen per la parata. Una scena dal notevole valore simbolico: tre uomini riuniti per celebrare la vittoria sulle ambizioni egemoniche del Giappone e della Germania nazista in un momento in cui sono a loro volta impegnati in uno scontro strategico con l’Occidente.

Assenze altrettanto simboliche

Nessun leader occidentale di spicco era presente, a parte il primo ministro slovacco Robert Fico, alleato di Putin all’interno dell’Unione Europea. Durante la parata, iniziata con colpi di cannone a salve, migliaia di partecipanti hanno cantato inni patriottici.

Tienanmen della vittoria

Piazza Tienanmen, tra bandiere rosse, corpi militari schierati, sorvolata da aerei ed elicotteri. Xi Jinping, in piedi nell’auto decappottabile, ha passato in rassegna le truppe e in un discorso ha detto la frase chiave già citata: «l’umanità si trova ancora una volta di fronte alla scelta tra la pace e la guerra, tra il dialogo e lo scontro» e ha chiesto di impedire il ripetersi di «tragedie storiche» come quella che ha visto milioni di cinesi morire per mano delle truppe giapponesi più di 80 anni fa. Si è però astenuto da qualsiasi riferimento esplicito nei confronti degli Stati Uniti o a questioni controverse come Taiwan o i dazi doganali.

Il Giappone ex pentito

Trent’anni dopo, il Giappone ha deciso di non rilasciare commenti ufficiali sulla resa. È la rottura di una tradizione che durava da molto tempo e che prevedeva una dichiarazione formale ogni dieci anni. Un’occasione per riconoscere le colpe del passato imperialista e ribadire la vocazione pacifista sancita dalla costituzione imposta alla fiune della guerra mondiale.

  • Il premier Shigeru Ishiba, leader moderato e da tempo sostenitore della necessità di custodire la memoria della guerra, sembrava intenzionato a mantenere la linea. Ma si è dovuto accontentare delle poche parole pronunciate durante le commemorazioni per le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, così come del «rimorso» espresso il 15 agosto. Una parte maggioritaria del partito di governo era convinta che fosse arrivato il momento di mettere fine alla cosiddetta “diplomazia delle scuse”. Ishiba non ha avuto la forza politica di andare controcorrente.

 

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