Medio Oriente. L’annuncio di Emmanuel Macron sul prossimo riconoscimento francese dello Stato di Palestina ha sollevato interrogativi sui riflessi che la mossa avrà sui rapporti tra Parigi e Tel Aviv
L’annuncio di Emmanuel Macron sul prossimo riconoscimento francese dello Stato di Palestina ha sollevato interrogativi sui riflessi che la mossa avrà sui rapporti tra Parigi e Tel Aviv, sulla linea di politica estera dell’Unione europea e sul rischio che il governo Netanyahu, con il via libera dell’amministrazione Trump, proceda all’annessione di gran parte della Cisgiordania occupata. Tra le ripercussioni, è da considerare la ridefinizione del ruolo e dello status dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), alla quale Macron ha indirizzato una lettera a conferma della sua decisione.
Dopo anni di isolamento e boicottaggio da parte di Israele, quasi priva di consenso tra i palestinesi e tenuta ai margini dai paesi arabi, l’Anp ora si ritrova tra le mani l’opportunità di un rafforzamento della sua legittimità e la possibilità di arginare la narrazione dominante che la dipinge – con motivazioni concrete – come un’entità debole, corrotta o inefficace. Ciò sarà ancora più vero se Parigi riuscirà a spingere altri Stati dell’Ue a seguire i suoi passi, ridando centralità all’Anp proprio nella sua fase di maggiore debolezza nei confronti di Hamas, che raccoglie il sostegno della maggioranza dei palestinesi.
Non sorprende, peraltro, che a proporsi come voce dell’Anp in questo caso non sia stato il presidente Abu Mazen, bensì il suo vice e delfino Hussein Sheikh. «Questa posizione riflette l’impegno della Francia nei confronti del diritto internazionale e il suo sostegno ai diritti del popolo palestinese all’autodeterminazione e all’istituzione del nostro Stato indipendente», ha commentato Sheikh, che dopo la sua controversa nomina a vicepresidente qualche mese fa agisce da leader in pectore.
E, con ogni probabilità, ritiene – grazie a Macron – di avere l’occasione per emergere sulla scena internazionale, nonostante il sistematico boicottaggio dell’Anp da parte di Israele e la morte di fatto della soluzione a due Stati.
«Saranno necessari cambiamenti fondamentali nel modo di agire e nei contenuti delle scelte dell’Anp affinché ciò possa concretizzarsi» dice al manifesto Ghassan Khatib, docente di scienze politiche all’Università di Birzeit. «L’Anp – aggiunge – non dovrà accontentarsi di traguardi diplomatici simbolici, perché la mossa di Macron non è destinata a cambiare qualcosa sul terreno». Piuttosto, esorta Khatib, «il riconoscimento francese deve stimolare nell’Anp un processo di rilegittimazione, che passi per le elezioni e, soprattutto, per il coinvolgimento della società civile palestinese». Altrimenti, prevede l’analista, «tutto si limiterà a qualche incontro con parti internazionali, che non invertirà la tendenza al declino dell’Anp tra i palestinesi».
Che a generare questo cambio di rotta in positivo possa essere Hussein Sheikh è improbabile. Cresciuto nella nomenklatura del partito Fatah e noto per i suoi rapporti amichevoli con Israele, Sheikh – nella percezione di molti palestinesi – si è ritrovato vicepresidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) e dell’Anp solo per volontà di Abu Mazen e perché non risulta sgradito a Israele e agli Stati uniti. D’altronde, le decisioni che Sheikh ha preso negli ultimi mesi, insieme al premier Mohammed Mustafa, sono apparse più orientate a guadagnare le simpatie dell’Amministrazione Trump che a promuovere l’unità dei palestinesi. Mentre la popolazione di Gaza affronta la fame e le bombe israeliane, Sheikh e Abu Mazen attaccano frontalmente Hamas – contro l’opinione prevalente tra i palestinesi – nel tentativo, palese quanto vano, di proporsi come partner affidabili della Casa Bianca in vista del futuro governo di Gaza.
26/07/2025
da Il Manifesto