Il tycoon ha rinviato la scadenza al primo agosto. E in Italia si punta il dito contro il flop della pontiera Meloni
Il presidente americano, Donald Trump, estenderà da domani al 1° agosto la scadenza per l’entrata in vigore dei dazi. E intanto pubblica le prime lettere con le tariffe punitive. Dopo Giappone e Corea del Sud, entrambi colpiti da dazi al 25%, tocca a Myanmar e Laos, sui cui prodotti saranno imposte tariffe del 40%, Sudafrica, colpito da dazi del 30%, e Malaysia e Kazakistan, che dovranno pagarli al 25%.
Stallo nelle trattative tra Usa ed Europa
All’Europa ancora non è stata recapitata alcuna letterina. Ma al momento non c’è alcuna intesa. I colloqui tra la Commissione e Washington continueranno nei prossimi giorni. Ormai tramontata la proposta europea di dazi zero per l’industria, i negoziatori di Ursula von der Leyen puntano sul compromesso dell’aliquota comune al 10%, con margini di flessibilità e possibili esenzioni per settori strategici come aviazione, tech ed eccellenze alimentari.
Permane il rischio del no deal
Il rischio del ‘no deal’ però resta sul tavolo accanto alla rappresaglia che Palazzo Berlaymont per ora ha soltanto messo nel cassetto. I due pacchetti di contromisure – uno già congelato in primavera e l’altro ancora in fase di finalizzazione – sono pronti a essere sfoderati per una stangata sui prodotti Usa che, nel complesso, potrebbe toccare i 120 miliardi di euro.
E Bruxelles non esclude di mettere in campo strumenti più incisivi per arrivare a colpire anche le major del tech.
A Roma c’è chi punta il dito contro la strategia fallimentare di Meloni
E c’è chi in Italia, come il M5S, punta il dito contro la strategia fallimentare di Giorgia Meloni che voleva fare da pontiera tra Usa e Ue. “Ci sarebbe da ridere se la situazione non fosse particolarmente pericolosa. Abbiamo alcuni esponenti governativi che sostengono che tutto sommato i dazi al 10% per l’Italia non sarebbero così dannosi, tra cui il ministro Tajani; abbiamo invece esponenti del mondo imprenditoriale, come il presidente della Confindustria Orsini, che dicono che proprio con il 10% rischieremmo di perdere 20 miliardi di export e 120mila posti di lavoro”, dichiarano i parlamentari M5s delle Commissioni bilancio di Camera e Senato.
“In tutto questo la Meloni è stata letteralmente presa per i fondelli dall’ ‘amico’ Trump, che ha chiesto all’Italia in particolare, e all’Europa in generale, di mettere su un vassoio d’argento pietanze particolarmente succulente per gli Usa. Il menù della resa italiana ed europea a Washington è il seguente e il conto è a carico degli italiani: esonero delle multinazionali Usa dalla ‘global minimum tax’; atteggiamento morbido sulla digital tax (Meloni dall’opposizione voleva potenziarla, ora che farà?); accordo Nato sul 5% delle spese per la difesa in rapporto al Pil; maggiori acquisti di armi americane che potrebbero spingere il mercato europeo ad aumentare la quota di importazioni a stelle e strisce dall’attuale 65 all’80%; maggiori acquisti di Gnl americano, ovvero gas naturale liquefatto, più costoso di quello via tubo. In un’Europa genuflessa, l’Italia è stata completamente sdraiata dalla Meloni. E gli Usa si sono fatti ampie beffe del suo rapporto ‘speciale’ con Trump e del tanto sbandierato ruolo di ‘pontiera’”, hanno concluso i pentastellati.
La scure di Trump sui Paesi pro Brics
Le minacce di Trump, invece, di un rincaro del 10% dei dazi per i pro Brics sono piovute tra lo stupore sull’ultimo giorno del vertice del blocco, a Rio de Janeiro. “Poco serio” intimidire “gli altri Paesi da Internet”, ha commentato Luiz Inacio Lula da Silva, padrone di casa del summit, invocando “rispetto” e “reciprocità”.
Pechino ha assicurato che i Brics non puntano “ad alcun tipo di confronto”, pur ribadendo che “le guerre commerciali non hanno vincitori e il protezionismo non offre” soluzioni.
Mentre il Cremlino ha reagito spiegando che “l’interazione nel quadro dei Brics non è mai stata e non sarà mai rivolta contro alcun Paese terzo”. Ore prima, Vladimir Putin aveva definito “la globalizzazione liberale obsoleta”, e il futuro ormai in mano “ai Paesi emergenti in rapida crescita”.
08/07/2025
da La Notizia