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Paura, potere e disperazione: così la vecchia guardia cerca di fermare Zohran Mamdani

Paura, potere e disperazione: così la vecchia guardia cerca di fermare Zohran Mamdani

Politica estera

20/10/2025

da Pressenza

Partha Banerjee

A poche settimane dalle elezioni per la carica di sindaco di New York, il tono della campagna è passato dalla competizione alla disperazione.

La prevedibile campagna di paura dell’estrema destra ha trovato un alleato inaspettato nell’arrogante macchina democratica che un tempo serviva Andrew Cuomo e che ancora oggi protegge il suo marchio politico. Insieme, stanno mettendo in atto una strategia su due fronti per danneggiare la credibilità di Zohran Mamdani: demonizzarlo come “troppo radicale” e contemporaneamente sabotarlo dall’interno dell’establishment che lui rappresenta meglio di loro.

Il copione dell’estrema destra è familiare. I tabloid urlano “comunista”, “a favore dei terroristi”, “anti-Israele” e “anti-polizia”, riciclando il panico della Guerra Fredda e l’islamofobia post 11 settembre. Trasformano ogni proposta politica progressista in un’arma culturale. Il congelamento degli affitti diventa “lotta di classe”. Il trasporto pubblico gratuito diventa “suicidio fiscale”. Anche l’empatia è sospetta.

L’obiettivo non è la persuasione, ma la paura. La loro narrativa si basa su una nostalgia spasmodica per una New York che non è mai esistita, dove il privilegio mascherava la stabilità. In quella città fantastica, la diversità era decorativa, i sindacati erano obbedienti e i miliardari erano generosi.

Ma l’opposizione più rivelatrice e pericolosa ora proviene dall’ala Cuomo-Adams dell’establishment democratico. Gli stessi addetti ai lavori che per anni hanno difeso la corruzione, il clientelismo e gli accordi segreti sono improvvisamente preoccupati per l’“inesperienza” di Mamdani. Sono gli stessi democratici che applaudivano la teatralità da uomo forte di Cuomo mentre maltrattava i suoi collaboratori, ignorava la crisi abitativa della classe operaia e premiava gli imprenditori edili. Gli stessi potenti che non sono riusciti a ispirare una generazione di nuovi elettori ora sussurrano che Mamdani non è in grado di “costruire un consenso”. Ciò che intendono realmente è che non accetterà ordini.

L’élite democratica sta ora sostenendo apertamente la candidatura indipendente di Cuomo, un atto di sabotaggio politico che rasenta l’autodistruzione. La loro giustificazione? “L’eleggibilità”. La vera paura? Dover rendere conto delle loro azioni.

La vittoria di Mamdani alle primarie democratiche non è stata solo una sorpresa, ma anche un atto di accusa contro un partito ormai sordo alle esigenze della propria base. Il messaggio degli elettori era chiaro: vogliono un sindaco che parli a nome degli inquilini, dei lavoratori e dei quartieri dimenticati, non della classe dei donatori. Eppure la vecchia guardia del partito preferisce perdere contro un reazionario piuttosto che vincere con un socialista democratico.

Questa ipocrisia è profonda. Gli stessi consulenti politici che predicano “l’unità contro la destra” stanno ora spendendo milioni in pubblicità aggressive che riprendono le posizioni della destra. Denunciano la “divisività” mentre cospirano con miliardari e magnati dei media per dividere l’elettorato sulla base della paura e della classe sociale. Affermano di difendere la democrazia, mentre minano il risultato delle loro stesse primarie. Così facendo, rivelano la loro vera fedeltà: non al partito, all’ideologia o persino al governo, ma al potere stesso.

I media mainstream amplificano questa farsa. I principali organi di informazione, alcuni liberali di nome ma conservatori nella struttura, descrivono la campagna di Mamdani come una “prova di estremismo” piuttosto che come un movimento democratico. Questo è ciò che da tempo chiamo giornalismo dell’esclusione: quando le notizie che mettono in discussione la ricchezza e la guerra vengono etichettate come ‘marginali’ e quelle che servono il potere vengono trattate come “obiettive”.

In questo modello, il compito dei media non è quello di informare il pubblico, ma di rassicurare l’élite che nulla di fondamentale cambierà.

Eppure qualcosa sta cambiando. Ogni attacco, ogni diffamazione, ogni titolo citato in modo errato non fa che chiarire la posta in gioco. L’ascesa di Mamdani non rappresenta solo una campagna, ma un riallineamento politico: un nuovo Secondo Cerchio di lavoratori, sindacati, immigrati e progressisti che vedono oltre il teatro della paura. Sanno che le accuse più veementi di “radicalismo” provengono spesso da coloro che temono di perdere i propri privilegi.

La disperazione del vecchio ordine è un segno del suo declino. L’élite al potere e i media che la sostengono possono rallentare la marea, ma non possono invertirla. Quando l’establishment definisce un movimento “pericoloso”, di solito significa che sta finalmente diventando efficace.

Se il Partito Democratico continua a sostenere di difendere la democrazia, dovrebbe smetterla di combattere i suoi elettori e iniziare ad ascoltarli.

Traduzione dall’inglese di Anna Polo

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