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Pensionati d’Europa uniamoci che il futuro è nero

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Politica 

05/10/2025

da Remocontro

Valerio Sale

In Grecia il governo conservatore di Nea Dimokratia propone l’età pensionabile a 74 anni. A ridurre ulteriormente il numero di chi arriverà al traguardo, prevede che un dipendente possa lavorare anche 13 ore al giorno. Il modello greco punta dell’iceberg di un progetto di ristrutturazione dei sistemi di previdenza che attraversa l’intera Europa.

Marasma pensioni in Europa

Nelle stesse ore delle pessime proposte greche, in Francia otto principali sigle sindacali chiedono l’abbandono dell’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni. A sostegno della protesta dei lavoratori francesi vengono richieste maggiori risorse per i servizi pubblici, una tassazione più incisiva sui grandi patrimoni e regole più severe sugli aiuti alle imprese. «C’è un forte senso di ingiustizia nella distribuzione della ricchezza. L’inflazione ci travolge e Lecornu (il nuovo primo ministro incaricato di formare il governo) deve ascoltarci», ha dichiarato Vincent Vitrac, segretario generale della CFDT Métallurgie Provence.

Crisi di sistema

La sostenibilità del sistema pensionistico in molti altri paesi dell’Unione europea è sempre più minacciata dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento del tasso di dipendenza. L’attuale configurazione del sistema pensionistico caratterizzato da spesa elevata rispetto al Pil, età di pensionamento effettiva bassa e tassi di sostituzione alti, rappresenta una sfida strutturale per le finanze pubbliche.

Paesi di ‘vecchi’ e longevi

Italia, Germania, Grecia e Portogallo i paesi più ‘vecchi’. L’età mediana della popolazione dell’Unione europea ha raggiunto i 44,5 anni: significa che metà della popolazione europea ha oltre di 44,5 anni e l’altra metà meno di questa soglia. In venti anni, la mediana è aumentata di 5,2 anni (di tre mesi l’anno, in media), da 39,3 anni nel 2004. In Italia, Grecia e Spagna l’aumento è stato di circa due anni. All’aumento dell’età mediana hanno contribuito il calo della fecondità da una parte, e l’aumento della speranza di vita dall’altra, non compensati da una maggiore immigrazione.

Pochi figli e poco lavoro

Nel complesso, il tasso di fecondità, inteso come numero di figli nati in media per ogni donna durante l’età fertile, è stato di 1,46 figli per donna, il valore più basso dal 2004. La Francia ha registrato la fecondità più elevata (1,79), seguita da Romania (1,71) e Bulgaria (1,65). La più bassa è stata riscontrata a Malta (1,08), in Spagna (1,16) e in Italia (1,24).

Previdenza complementare

Le soluzioni sul tavolo sono da anni le stesse. Dalla cosiddetta previdenza complementare con un aumento degli investimenti in fondi pensionistici complementari che può aiutare i lavoratori a integrare la futura pensione pubblica. Politiche per la natalità e l’immigrazione: incoraggiare la natalità e favorire l’immigrazione di giovani lavoratori può aumentare il numero di contribuenti. Migliorare l’efficienza della spesa per sanità e assistenza può alleggerire la pressione sul sistema.

In Francia, ‘Tassa Zucman’

In Francia non ci credono più e la proposta di applicare la ‘tassa Zucman’ è oggi al centro del dibattito. Un prelievo fiscale del 2% sui redditi superiori ai 100 milioni di euro, di cui abbiamo già parlato su Remocontro. Riequilibrio fiscale, patrimoniale, o qual dir si voglia, le finanze pubbliche europee stanno arrivando alla resa dei conti. Lo Stato sociale, di cui le pensioni sono pilastro, non è in grado di sostenersi se non con una rivoluzione nei conti pubblici.

Diseguaglianze: Italia record

I dati delle ineguaglianze sono incontrovertibili e nell’Unione Europea il primato spetta all’Italia. È quanto emerge dalla dodicesima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. Il numero di beneficiari di prestazioni pensionistiche al 31 dicembre 2023, è pari a 16,23 milioni di persone. Il numero di prestazioni erogate (ossia pensioni in essere, comprese eventuali plurime per lo stesso individuo) alla stessa data è 92 milioni.

Chi paga e chi non paga

  • Per quel che riguarda la ripartizione del carico fiscale, su 42,6 milioni di italiani che presentano la dichiarazione dei redditi, il 76,87% dell’intera Irpef è pagato da circa 11,6 milioni di contribuenti, mentre i restanti 31 ne pagano solo il 23,13%. Quelli che versano almeno un euro di Irpef in Italia sono 33,5 milioni, vale a dire circa il 57% della popolazione complessiva (58,9 milioni). Il restante 43% degli italiani non ha redditi o non li dichiara.
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