18/12/2025
da Il manifesto
Poco e niente Nuovo dietrofront sulla manovra: la Lega corregge Giorgetti e gli «zelanti tecnici del Mef». La premier: «Chi ha riscattato la laurea non tema, il taglio varrà per il futuro»
C’è una «manina» che si aggira tra il ministero dell’economia, il Senato e la Ragioneria dello Stato. È quella che, a un passo dal voto di fiducia sulla manovra, ha fatto scivolare l’emendamento-killer sulle pensioni dentro il ventre enorme del maxiemendamento presentato solo pochi giorni fa in commissione bilancio al Senato dal ministro Giancarlo Giorgetti.
LA METAFORA della «manina», chiaramente «gelida», è presa dalla Bohème di Puccini. È rispuntata di nuovo ieri mattina quando Armando Siri – il consigliere per le politiche economiche del vicepremier Salvini – si è accorto del disastro politico fatto dal governo che voleva «abolire la riforma Fornero» e ha aumentato l’età pensionabile e ha tagliato il valore degli anni di laurea da riscattare. Il colpevole è sempre un tecnico di alto livello che approfitta della distrazione del ministro di turno, o magari chi dirige la Ragioneria di Stato, in ogni caso mai coloro che hanno una responsabilità politica.
DI UN «TECNICO troppo zelante» ha parlato anche un altro leghista, il senatore Claudio Borghi, che nel pomeriggio di ieri ha ricevuto l’incarico di presentare un sub-emendamento con il quale il governo correggerà il colossale errore. «Ho fatto depositare l’emendamento che cancella la parte su finestre e riscatto della laurea e sostituisce con una copertura individuata nell’Irap sulle banche, specificando che è una clausola di salvaguardia» ha detto Borghi.
C’È UNA RAGIONE per credere al Pd o ai Cinque Stelle secondo i quali la «manina» è quella di Giorgetti. Non può che essere lui il «mandante» dei «tecnici troppo zelanti» al ministero dell’economia evocati da Borghi e da Siri. I quali, per la cronaca, sarebbero componenti dello stesso partito di Giorgetti: la Lega. È la stessa «manina» che, negli ultimi due mesi, non è mai stata ferma e ha cercato di aumentare la cedolare secca degli affitti brevi o di inserire una tassa in più sui dividenti delle holding. Queste, e altre misure, sono state riviste proprio dal maxiemendamento del governo da cui però è sfuggita la norma sulle pensioni.
LA MANOVRA è una tela di Penelope disfatta, soprattutto quando si tratta di votarla davvero, e mancano una manciata di giorni dall’esercizio provvisorio. In questi momenti farseschi, evocare il complotto della «manina» è utile per nascondere i conflitti dentro la Lega, la difficoltà del governo a trovare le coperture per una manovra davvero modesta, o la pura e semplice cialtronaggine.
PER OGNI EVENIENZA c’è sempre a disposizione il vecchio fossile della politica italiana: la manina. La stessa che fu rivendicata apertamente da Craxi per giustificare il suo intervento sul decreto che regalò le frequenze televisive a Berlusconi nel 1984. Oppure quella evocata da Luigi Di Maio nel 2018, allora vicepremier del governo Conte-Salvini, per giustificare una modifica al testo di un decreto fiscale dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri. La «manina» è la metafora di testi approvati che si scrivono da soli, senza responsabilità dei politici, e dove tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo un anonimo correttore di bozze con troppo potere.
STA DI FATTO che, a tredici giorni dalla fine dell’anno, la legge di bilancio 2026 sarà riscritta un’altra volta ancora a causa del sub-emendamento correttivo sulle pensioni. Ad assicurare sul fatto che chi ha una laurea non perderà il diritto al riscatto dei contributi è dovuta intervenire ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il suo intervento al Senato in vista del Consiglio Ue. «Nessuno che ha riscattato la laurea vedrà cambiata l’attuale situazione». E poi la minaccia: «Qualsiasi modifica che dovesse intervenire varrà solo per il futuro». Dunque, si preparino tutti i prossimi laureati a perdere il valore contributivo dei loro anni di studio. Per la segretaria del Pd Elly Schlein la «stangata sulle pensioni è un furto per giovani e anziani». «È utile solo a dire a Bruxelles che la spesa è sotto controllo» ha osservato Stefano Patuanelli dei Cinque Stelle. La «manina» ha solo sbagliato il momento, ma ha visto bene: si lavorerà sempre di più, sempre peggio, e più a lungo. Ma nessuno vuole assumersi la responsabilità di una tendenza in atto. Ci pensa la «manina».

