La riduzione della seconda aliquota porta benefici per un massimo di 36 euro al mese e arriva dopo anni in cui il fisco ha continuato a tassare i redditi nello stesso modo senza tener conto della riduzione nel loro potere d’acquisto: un "drenaggio" da oltre 20 miliardi. L'economista Bordignon: "Il governo dovrebbe restituire quella che è una tassa implicita che migliora i conti pubblici e di cui la gente non si accorge"
A leggere la raffica di dichiarazioni trionfalistiche sul “taglio dell’Irpef al ceto medio” arrivate in queste ore da molti esponenti di maggioranza, il contribuente medio potrebbe essersi convinto che l’anno prossimo lo attendano finalmente buste paga più pesanti. La realtà è un po’ diversa. Per riassumere, chi guadagna 40mila euro l’anno si potrà permettere una pizza in più al mese e chi ne prende 55mila avrà ben 36,6 euro in più mensili da spendere a piacimento. Ma il contentino che verrà inserito nella legge di Bilancio arriva dopo che, tra 2022 e 2024, tutti i lavoratori dipendenti con imponibile sopra i 35mila euro hanno subìto per effetto della maxi inflazione degli scorsi anni un salasso fiscale pesantissimo. Che l’intervento annunciato dal governo è ben lontano dal compensare. “Due punti in meno di Irpef di certo non sono sufficienti”, conferma Massimo Bordignon, vicepresidente esecutivo dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica. “Serve una qualche forma di restituzione di quella che è una tassa implicita che migliora i conti pubblici e di cui la gente non si accorge”.
Ripartiamo dall’inizio. Il Documento programmatico di bilancio appena inviato alla Commissione Ue cita la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% come misura principe di una manovra da soli 18 miliardi complessivi, che ne fanno la meno ambiziosa da un decennio. “Prosegue il percorso di riduzione della tassazione sui redditi da lavoro che il governo sta portando avanti dall’inizio della legislatura”, recita il testo firmato da Giancarlo Giorgetti. In attesa del testo del disegno di legge di Bilancio vero e proprio, il Dpb che ne è la cornice stima il costo in 2,8 miliardi l’anno nel triennio 2025-2025 (resta da capire se la misura verrà poi resa strutturale). I benefici saranno di una quarantina di euro l’anno per chi ne prende 30mila fino ad arrivare a 440 euro l’anno nel caso l’imponibile sia sopra i 50mila. Ecco: l’aumento della pressione fiscaleche negli ultimi anni ha colpito il tanto corteggiato “ceto medio” vale molto, molto di più.