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Polonia, Russia e la guerra dei droni: in gioco c'è il dominio dei cieli

Polonia, Russia e la guerra dei droni: in gioco c'è il dominio dei cieli

Politica Estera

11/09/2025

da Avvenire

Francesco Palmas 

L'incursione di Mosca potrebbe essere stata una sorta di test per valutare l'efficacia del sistema di difesa aereo integrato. L'obiettivo sullo sfondo è fiaccare le capacità difensive del nemico

Parla di attacco deliberato la Polonia: 19 droni russi ne hanno violato lo spazio aereo, fra la notte e l’alba scorse. E, per la prima volta, velivoli russi sono stati abbattuti nei cieli di un Paese della Nato, se si esclude il precedente turco-russo, durante la guerra civile siriana. «È un evento che cambia il dato politico», a dire del premier polacco, Donald Tusk: «Non siamo in guerra, ma questa provocazione è di gran lunga superiore alle precedenti».

Difficile prevedere le conseguenze, ma la stessa Varsavia ha lanciato un segnale di moderazione, evocando misure consultive con gli alleati della Nato, previste dall’articolo 4 interalleato in caso di minaccia a uno dei membri. «Ci aspettiamo un sostegno più netto», dichiara Tusk.
Le incursioni in Polonia sono avvenute simultaneamente a un attacco contro l’Ucraina occidentale, con missili e droni, in un contesto in cui gioca un ruolo preponderante la sfida per il dominio dello spettro elettromagnetico, combattuta sulla sincronia tempestiva dei segnali da disturbare, più o meno selettivi, a volte di sbarramento dell’intera gamma di frequenze regolabile. Un campo in cui gli ucraini hanno capacità da vendere: non è da escludere che i loro sistemi abbiano mandato fuori rotta i droni russi, sebbene polacchi e tedeschi dichiarino che i velivoli fossero diretti senza equivoci in Polonia, Paese che nella base sudorientale di Rzeszow ospita il principale snodo logistico degli aiuti militari internazionali per Kiev.

Il ministero della Difesa russa smentisce intenzionalità di attacco, sebbene i suoi droni possano esser visti come un test per valutare l’abilità della difesa aerea integrata nemica, per saggiarne i tempi di risposta e raccogliere dati sulle capacità dei sistemi di contrasto, rivelatisi sinergici, politi e tempestivi, innervati da sensori poliformi e armi anti-aeree.
In passato, piattaforme russe sono penetrate più volte nei cieli dell’Alleanza Atlantica: alcuni aerei spia, a volte elicotteri, altre volte jet, che non comunicano i piani di volo, spegnendo i trasponder e silenziando i contatti radar.
È sempre avvenuto, fin dal tempo della guerra fredda, ed il confronto è ripreso soprattutto dal tempo del colpo di mano russo in Crimea nel 2014 e della maggior presenza occidentale a ridosso della Russia. Il rischio di incidenti non è nullo. Sul mar Nero è già successo a un drone statunitense, senza conseguenze.
 

Oggi i jet alleati presidiano il fianco orientale della Nato con missioni di polizia aerea: dall’Islanda, strategica per il corridoio fra la Groenlandia e il Regno Unito, fino ai Balcani, passando per i Baltici, la Polonia, la Romania e l’Ungheria, dimostrando solidità di garanzie, cogenza ed effettività di risposta, di fronte a minacce non soverchianti, con mezzi non sempre economici. La provocazione è reciproca perché gli aerei radar e i sensori occidentali volano spesso a ridosso dell’Ucraina; la aiutano nella raccolta d’intelligence, rivelandosi provvidenziali.
Si interessano del mar Nero, delle marche di frontiera circostanti, del nord Europa, del Baltico e dell’Artico. Sono voli che permettono di anticipare offensive in itinere e compilare l’ordine di battaglia avverso, radiografando un nemico revanscista, guardingo, ostile a un’Alleanza Atlantica che preme ai confini e che con i suoi sistemi di comando e controllo sta disegnando un ordito integrato ed interoperabile di supporto alla pianificazione, all’esecuzione, alla sorveglianza aerea e alle operazioni tattiche dalla Turchia fino all’Artico: una capacità di combattimento integrata, sebbene nessuno abbia in animo di attaccare la Federazione russa. Sono misure preventive, utili in momenti difficili, in cui permangono incognite sulle capacità di contrastare attacchi aero-missilistici massicci.

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