28/08/2025
da Il Manifesto
Tra crisi e delocalizzazione. Anche in assenza di un piano industriale, Stellantis ha chiesto e ottenuto un ulteriore anno di ammortizzatori sociali in deroga. La Cgil teme che alla fine del 2026 possano scattare esuberi e licenziamenti
Il biennio della cassa integrazione ordinaria nello stabilimento di Pomigliano d’Arco sta per terminare, ma Stellantis rilancia e propone e ottiene un anno di cassa in deroga, fino all’otto settembre 2026. Il piano industriale intanto può aspettare, secondo l’azienda, perché non arriverà prima del 2029 o del 2030. È quanto emerso ieri durante l’ incontro che si è svolto tra la direzione aziendale di Stellantis e i sindacati. «Si è concluso – informa la Cgil Fiom – con la firma di un ulteriore anno di cassa integrazione in regime di solidarietà in deroga, poiché il biennio degli ammortizzatori sociali si è esaurito».
LA CGIL TEME dunque che allo scadere di settembre 2026 – e in mancanza di una seria politica di rilancio produttivo («che allo stato non si vede») – possano scattare gli esuberi e i licenziamenti. «La fabbrica di Pomigliano – racconta Mario Di Costanzo, responsabile per il settore automotive della Fiom di Napoli, che per 24 anni ha lavorato proprio in quello stabilimento – in pochi anni ha già perso un migliaio di lavoratori. Erano oltre 4700, poi gli esodi incentivati hanno fatto sì che ne rimanessero 3750 a produrre la Panda ed il Tonale».
Per gli operai di Pomigliano d’Arco si prospettano dunque ancora mesi di difficoltà e preoccupazioni economiche. Quantifica Di Costanzo: «Ogni giorno di cassa integrazione comporta una decurtazione di circa 35 euro lordi sullo stipendio pieno. Se moltiplichiamo per sette o per otto, perché tanti saranno i giorni di cassa ogni mese per ciascun lavoratore, si ricava che ciascun operaio si troverà a fine mese in busta tra i 240 ed i 280 euro lordi in meno. Per stipendi che ammontano a 1500 o 1600 euro netti è un problema serio».
La Cgil ha chiesto ieri che Stellantis anticipi il suo piano industriale: «Il 2029 resta una data troppo lontana per poter pensare di mantenere i livelli occupazionali, che sono già scesi a soglie preoccupanti».
LA PROFONDA CRISI che attraversa il settore automobilistico, accusa il sindacato, giustifica solo in parte le scelte di Stellantis per le fabbriche italiane: «Non possiamo ignorare il fatto che l’azienda continui a investire fuori dai confini nazionali. Il nostro modello più importante, la Nuova Panda, è stato assegnato e viene attualmente prodotto in Serbia e, solo pochi giorni fa, è stato annunciato anche un ingente investimento in Marocco».
IL GRANDE LATITANTE in questa vicenda, accusa il sindacato, è il governo Meloni, al quale ribadisce la richiesta di convocare per un incontro i vertici dell’azienda, anche perché «sono aumentati i contratti di solidarietà e la cassa integrazione negli stabilimenti Stellantis in Italia, nonostante tra il 2024 e il 2025 siano stati dichiarati oltre 6.000 esuberi». La Fim ieri si è associata alla Cgil nella richiesta a Stellantis di un piano industriale chiaro prima del 2029, quando per alcune delle italiane dell’azienda potrebbe essere ormai troppo tardi.
Crescenzio Auriemma, della Uilm Campania, ha dipinto scenari molto preoccupanti per Pomigliano al termine dell’incontro con la direzione aziendale dello stabilimento: «Il modello Alfa Romeo Tonale fatica sul mercato, mentre anche la nuova Panda e la versione speciale Pandina mostrano segnali di rallentamento, con il rischio di chiusura dello stabilimento già dal prossimo settembre nei giorni di venerdì e lunedì. A questo si aggiungono problemi di fornitura che hanno causato stop produttivi e mettono a rischio l’intero indotto campano». La Uim chiede «un tavolo di crisi tra governo, azienda e sindacati che porti a impegni vincolanti, ossia nuovi modelli per Pomigliano e per gli stabilimenti italiani, un cronoprogramma preciso e investimenti veri».
POCHI GIORNI FA sindacati e azienda avevano concluso una intesa analoga a quella di Pomigliano d’Arco per la fabbrica Stellantis di Termoli: dal primo settembre 2025 al 31 agosto 2026 scatta un nuovo contratto di solidarietà per i 1.823 lavoratori. «L’ennesima misura tampone – il commento della Cgil – che scarica i costi della mancanza di prospettive sulle spalle dei lavoratori».