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Portuali bloccano armi destinate a Israele: “Non saremo complici di un genocidio”

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Dal Pireo a Roissy, cresce in Europa la disobbedienza dei lavoratori contro la macchina bellica: rifiutano di movimentare carichi militari destinati a Israele

Lunedì 14 luglio la Ever Golden è attraccata al porto del Pireo. La nave, proprietà giapponese e battente bandiera di Panama, ad Atene deve scaricare 75 fasci di acciaio di tipo militare proveniente dall’India. I lavoratori portuali organizzati nel sindacato Enedep, però, hanno affermato: «non scaricheremo un solo grammo di questo carico di morte». Perché? Perché la destinazione finale della merce, dopo il trasferimento che dovrà avvenire dalla Ever Golden alla Folk Dammam, di proprietà del fondo saudita Saudi Public Investment Fund (Pif), è il porto israeliano di Haifa. «Questo carico di guerra, se scaricato e trasferito, finirà per essere usato per colpire civili, ospedali, scuole, bambini, neonati, donne nel massacro portato avanti dallo Stato assassino di Israele contro il popolo palestinese”, ha scritto il sindacato greco. “Il nostro obiettivo è bloccare lo scarico e impedire il trasferimento di questo carico di morte. Non macchieremo di sangue le nostre mani, non diventeremo complici. Il porto del Pireo non è l’avamposto degli Usa, della Nato, dell’Ue o degli speculatori di guerra».

 L’iniziativa dei portuali greci è l’ultima in ordine di tempo da parte di lavoratori e lavoratrici che con le loro azioni agiscono per rompere la catena di complicità che rende possibile il genocidio israeliano in Palestina.  Agli inizi di giugno erano stati i portuali di Marsiglia prima, Genova e Salerno poi, a incrociare le braccia quando scoprirono che la Contship Era, di proprietà dell’israeliana Zim, avrebbe dovuto caricare ben 19 pallet di pezzi di ricambio per mitragliatrici. «Non parteciperemo al genocidio orchestrato dal governo di Israele», dissero i portuali del sindacato Cgt a Marsiglia e scioperarono per dar seguito, coi fatti, alle loro parole. «Non saremo complici del genocidio che prosegue a Gaza», gli fecero eco i portuali del Calp di Genova.

 Nella diserzione del genocidio israeliano e, più in generale, della guerra, ai lavoratori portuali si sono aggiunti quelli degli aeroporti. L’8 luglio i sindacati Sud Aérien e Cgt Roissy comunicano agli iscritti di essere venuti a sapere che si prevede che «un carico di materiale militare destinato a Tel Aviv parta domani dall’aeroporto di Roissy-Cdg. Di fronte a questa grave situazione, […] riaffermiamo che mai un solo lavoratore o una sola lavoratrice di Roissy dovrà rendersi complice, contro la sua volontà, di un crimine di guerra o di un trasferimento di armi verso uno Stato che viola il diritto internazionale» La Cgt concludeva il suo comunicato affermando che «un sindacalismo di classe non difende solo i salari. Rifiuta la guerra, la repressione e ogni complicità con questi crimin». La reazione di imprese e istituzioni di fronte a queste azioni è tutt’altro che tenera. Erik Helgeson, lavoratore da vent’anni al porto di Goteborg in Svezia, è il portavoce della Swedish Dockworkers’ Union. Un sindacato che nel suo “curriculum” ha la lotta contro l’apartheid in Sudafrica e contro la dittatura di Pinochet in Cile. A dicembre 2024 decide di bloccare il carico e scarico di qualsiasi materiale militare proveniente da o destinato a Israele: «Quando almeno 3mila bambini palestinesi sotto i 5 anni sono stati uccisi, i nostri membri si sono rifiutati di continuare come nulla fosse«, aveva affermato Helgeson in quell’occasione.

A febbraio, quando dalle parole erano passati ai fatti, proclamando sei giorni di blocco di 20 porti svedesi contro i carichi militari destinati a Israele, Helgeson è stato licenziato dalla Dfds, l’impresa danese di cui è dipendente e che controlla la maggioranza dei terminal di Goteborg. Dfds lo accusa addirittura di essere una minaccia per la “sicurezza nazionale”. Helgeson è tutt’altro che pentito: «la solidarietà è fonte di potere. Se non hai una cultura della solidarietà che va oltre le questioni quotidiane, allora verrai isolato quando sarà il tuo turno».Luigi Borrelli, invece, è un lavoratore della Gda Handling, impiegato da anni all’aeroporto civile di Montichiari, Brescia. Il 9 luglio ha ricevuto una lettera di contestazione con cui gli si imputa di aver divulgato informazioni che hanno violato il “dovere di riservatezza” e messo a rischio la sicurezza aeroportuale.La “colpa” di Borrelli, Rsa dell’Unione Sindacale di Base e RlsL, è di aver reso noto che il 24 giugno l’aeroporto civile sarebbe stato teatro del carico di materiale bellico. Usb aveva dunque proclamato uno sciopero, esclusivamente per i lavoratori addetti a quelle specifiche operazioni. Sciopero peraltro annullato vista la cancellazione del volo e del carico di missili. Ciononostante la Commissione di garanzia dello sciopero ha condannato lo sciopero perché avrebbe interrotto un servizio pubblico essenziale. Caricare armi è quindi un servizio pubblico essenziale?

Dalla Francia alla Svezia, dalla Grecia all’Italia, questi lavoratori e queste lavoratrici stanno mostrando all’intero continente che se guerre e genocidio possono andare avanti è solo grazie a una lunga catena di complicità dei nostri Paesi, che va dalla produzione al trasferimento di armamenti. Ma fanno di più: non si limitano a indicare con la parola, ma mostrano coi fatti che possiamo fare qualcosa: oggi sono un granello di sabbia nell’ingranaggio bellico e genocidario, capace di rallentarlo e far saltare alcune operazioni. La moltiplicazione dei granelli, però, ha le potenzialità di produrre un blocco complessivo. Di questo ha paura chi, invece, prosegue nella sua complicità con guerra e genocidio. Ha paura perché “sente” che i lavoratori, per quanto potere politico e mediatico provino a convincerci del contrario, sono tutt’altro che “senza potere”. In particolare alcuni segmenti, posizionati in settori e luoghi chiave dell’apparato produttivo e distributivo hanno il potere, se organizzati, di mettere alle corde un intero sistema. È una consapevolezza di cui far tesoro se vogliamo fermare la tendenza a guerra e riarmo, cioè la strada intrapresa dalle classi dominanti di tutto il continente, siano esse di destra, centro o sinistra.

14/07/2025

da Left

Giuliano Granato

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