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Possibile ordine di Cessate il fuoco, già il No d’Israele ma per Usa ed Europa?

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Disobbedienza annunciata prima dell’ordine. «Nessun potere sulla terra fermerà Israele dal proteggere i suoi cittadini e perseguire Hamas nella Striscia». Dichiarazioni di Israele alla vigilia della decisione della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja, su un possibile ‘Ordine’ di fermare ogni azione di guerra a Gaza e l’attacco in corso a Rafah.
Israele di sempre, ma forse una violazione di troppo per gli alleati che ancora gli rimangono che diverrebbero anche formalmente complici.

Israele contro tutti e contro se stessa

Un terremoto. Se oggi la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja dovesse imporre il cessate il fuoco a Gaza, i giochi diplomatici in Medio Oriente ne uscirebbero sconvolti. Questo pomeriggio, infatti, il massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite si pronuncerà sull’ultima richiesta avanzata dal Sudafrica, e sostenuta anche dall’Egitto, cioè quella di fermare la guerra o, almeno, l’offensiva israeliana di Rafah. Nell’istanza rivolta alla Corte, si citano «uccisioni indiscriminate da parte delle forze di Tel Aviv, una crisi umanitaria e la carestia nell’area». Nel governo israeliano, dichiarazioni dure di sempre, ma aleggia un’aria di forte pessimismo.

Rischio immediato di sanzioni internazionali

Il primo problema lo spiega la stessa stampa di Tel Aviv: «Se la Corte Internazionale di Giustizia emettesse effettivamente un ordine sulla cessazione dei combattimenti a Gaza – scrive Haaretz – o fermasse l’intervento dell’IDF a Rafah, Israele si ritroverebbe ad affrontare una sfida diplomatica significativa. La sua decisione di continuare l’operazione nonostante tale ordine, lo esporrebbe al rischio di sanzioni internazionali».

Netanyahu nei guai, ma anche Biden…

Tutto diventerebbe più complicato per Netanyahu. Ma in questo caso, Biden che farebbe? Ieri ha fornito una prima risposta, sia pure indiretta, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca: «Non riconosciamo la giurisdizione e il modo in cui viene esercitata. È così semplice. Non pensiamo che ci sia equivalenza tra ciò che ha fatto Israele e quello che ha fatto Hamas». Nessuno ha mai fatto equivalenze, e lui fa molta confusione. Il Presidente Usa parlava della Corte‘Penale Internazionale’, che spicca ordini di arresto ‘ad personam’. Il caso a sentenza oggi, riguarda invece gli Stati. E l’impatto della pronuncia ha implicazioni decisamente più pesanti. E anche davanti alla Corte di Giustizia, Biden continuerà a sconfessare il ruolo di ‘terzietà’ delle istituzioni planetarie, come l’Onu, pur di difendere il suo spigoloso alleato, fino alle estreme conseguenze?

L’Europa elettorale in corsa a destra?

E l’Europa, che già si sta spaccando tra chi sostiene la sua autonomia e chi invece è più sensibile ai ‘consigni’ della Casa Bianca, eventualmente come si orienterà? Insomma, ciò che accadrà questo pomeriggio nei Paesi Bassi, rischia di avere ripercussioni geopolitiche a tutte le latitudini.

Arroganza impaurita con minacce di rilancio

Intanto, a Tel Aviv mettono le mani avanti: «Nessun potere sulla terra fermerà Israele dal proteggere i suoi cittadini e perseguire Hamas nella Striscia», ha dichiarato uno dei portavoce del governo. Una presa di posizione che fa capire ciò che si teme possa arrivare, oggi, dalla Corte dell’Aja. Ma la denuncia del Sudafrica non si ferma solo alle operazioni militari in senso stretto e ai loro ‘danni collaterali’. «Il Sudafrica – scrive Haaretz – ha chiesto misure di emergenza per proteggere Rafah, dove si sono rifugiati più di un milione di palestinesi. E di ordinare a Israele di consentire l’accesso senza ostacoli, a Gaza, ai funzionari delle Nazioni Unite, alle organizzazioni che forniscono aiuti umanitari, ai giornalisti e agli investigatori».

Fine del fuoco e dell’assedio e primi conti da saldare

Queste ‘domande accessorie’, sono in verità cruciali e vengono avanzate in un momento particolarmente scomodo per Netanyahu. I rifornimenti, essenziali per la sopravvivenza della popolazione palestinese stipata nella Striscia, arrivano a singhiozzo e vengono distribuiti a casaccio. Molto serio è anche il problema dell’incolumità degli operatori umanitari delle organizzazioni internazionali. Proprio ieri, lo Stato maggiore dell’Esercito israeliano ha dovuto ammettere l’ennesima uccisione «fatta per sbaglio». La morte del colonnello indiano dell’Onu. Un episodio incredibile, perché i filmati BBC mostrano un veicolo delle Nazioni Unite, bianco, con logo enorme forato da raffiche i proiettili. Chi ha sparato, sapeva a cosa stava sparando.

Certo, se la Corte di Giustizia Internazionale dovesse esprimersi sulla base del comportamento che l’Esercito israeliano sta tenendo, proprio in queste ore, nell’area di Rafah, allora il pessimismo di Netanyahu sarebbe più che giustificato. «Sfidando la pressione internazionale – titola d’apertura il New York Times – le forze israeliane si spingono più in profondità a Rafah». Ogni ulteriore commento è superfluo. 

24/05/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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