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Poveri ma fuori moda: il dramma sociale che non buca lo schermo

Poveri ma fuori moda: il dramma sociale che non buca lo schermo

La povertà, come la precarietà, è diventata un dato ambientale. Non spaventa, non mobilita, non commuove. È passata di moda

Di povertà si parla poco. Non perché manchino i poveri, ma perché mancano i riflettori. E quando arrivano i numeri, come quelli dell’Istat o della Caritas, sembrano più fastidiosi che allarmanti. L’Italia dei due stipendi che non bastano più è ormai diventata una normalità imbarazzante. La povertà non fa notizia, perché non è più eccezione: è struttura.

Il potere d’acquisto è crollato del 10,5% in cinque anni, i salari reali sono tra i peggiori del G20, eppure il dibattito politico resta impigliato tra bonus effimeri e bandierine ideologiche. Intanto, milioni di italiani rinunciano a curarsi, saltano le vacanze, tirano avanti con part-time involontari, si stringono nei margini invisibili di un ceto medio che non esiste più. E chi ne parla viene subito archiviato tra i “piagnoni”, come se la fame fosse una colpa e non un fallimento collettivo.

Il 62% degli italiani pensa che il governo non stia facendo abbastanza. Ma il vero dramma è che nessuno sembra più aspettarsi risposte. La povertà, come la precarietà, è diventata un dato ambientale. Non spaventa, non mobilita, non commuove. È passata di moda.

Si finge che basti lavorare per salvarsi, ma il lavoro oggi non salva. La Cgil lo denuncia da anni: si è poveri anche da occupati, specie se giovani, specie se donne. Contratti brevi, salari bassi, mutui ingestibili, città disuguali. I dati parlano di 5,7 milioni di persone in povertà assoluta. Ma il numero è sterile se nessuno lo guarda negli occhi.

La povertà è scomoda perché impone di scegliere: chi proteggere, chi ascoltare, dove investire. Ed è per questo che viene nascosta. Non è solo un problema economico. È una questione di giustizia. E di verità.

04/07/2025

da Left

Giulio Cavalli

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