08/11/2025
In Italia e in Europa esiste una questione “povertà” oppure si tratta di un falso mito come sostiene Marco Fortis sul Sole 24 Ore del 23 ottobre?
Secondo i dati dell’aprile 2025 (relativi al 2024) pubblicati da Eurostat, il 21% dei cittadini europei – ossia più di uno su cinque, pari a 93,3 milioni di persone – erano a rischio di povertà o di esclusione sociale. Tale percentuale in Italia è del 23,1% superiore quindi alla media UE. Utile precisare, seppur necessariamente semplificando, che per definire le due condizioni citate si utilizzano tre indicatori: il tasso di rischio di povertà è la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile inferiore al 60% della mediana; una condizione di grave deprivazione materiale e sociale, riguarda coloro che non possono permettersi 7 delle 13 condizioni che sono considerate necessarie per condurre una vita adeguata; il vivere in una famiglia con una molto bassa intensità di lavoro, ossia dove gli adulti in dodici mesi hanno lavorato per il 20% o meno del potenziale loro tempo di lavoro.
Nell’Unione europea il rischio di povertà è maggiore del 2% per le donne rispetto agli uomini e in Italia coinvolge maggiormente le famiglie con figli a carico, anche se questo dato non è omogeneo. Infatti in altri Paesi con un differente welfare, i figli spesso diventano una “rete di sicurezza”, sia economica che sociale, in età avanzata. Il rischio povertà coinvolge il 26,2% dei giovani europei tra i 18 e i 24 anni, i due terzi dei disoccupati e ben il 10,9% dei lavoratori dipendenti. Inoltre è in stretto rapporto con il livello d’istruzione, infatti riguarda un terzo di coloro con un basso livello di scolarità, quasi una su cinque delle persone con un livello medio e solo uno su dieci tra chi ha un alto livello d’istruzione.
La lettura di questi dati conferma un fatto. Il nostro continente sta sprofondando economicamente e socialmente, e neanche così tanto lentamente. Non si può considerare “normale” che in una delle regioni che ancora oggi ha un livello di vita tra i più alti del pianeta, una persona su cinque sia a rischio di povertà. In questi numeri ci sono le conferme di quello che vediamo ogni giorno: il disastro della condizione giovanile, l’insufficienza dei salari e il tasso di natalità collegato in modo diretto con l’organizzazione del welfare.
Se spostiamo l’attenzione sul nostro Paese, il dato che emerge è l’enorme differenza tra regioni. Il rischio di povertà o esclusione sociale riguarda meno del 15% della popolazione del nord Italia, delle Marche e dell’Umbria e raggiunge il 15,2% in Toscana. Dati, quindi, decisamente inferiori alla media europea. Ma se in cima alla classifica europea troviamo la provincia di Bolzano, in fondo ci sono Sicilia (40,9%) Campania (43,5%) e Calabria (48,8%). Davanti a questa situazione, frutto di squilibri strutturali e di politiche di lungo corso, può essere senza dubbio valutata positivamente la diminuzione in tre anni del 6% dell’indice di povertà in Campania. Ma il problema resta lì, di fronte a tutti noi.
Nel frattempo, secondo i dati del Consiglio Europeo
“Nel 2024 la spesa degli Stati membri nel settore della difesa ha raggiunto quota 343 miliardi di euro, facendo registrare un aumento per il decimo anno consecutivo. Nel 2025 si prevede che raggiunga un valore stimato di 381 miliardi di euro. Nel 2024 la spesa per la difesa è aumentata del 19% rispetto all’anno precedente e del 37% rispetto al 2021”
Una direzione evidente anche nel nostro Paese: nel 2026 la spesa militare italiana aumenterà di “oltre un miliardo in più rispetto al 2025, +3,52% in termini percentuali […] Il totale, secondo i calcoli di Mil€x – Osservatorio sulle spese militari – sui dati contenuti nella legge di Bilancio, sfiora i 35 miliardi di euro”.

