Ieri eravamo a Latina con la Cgil perché condividiamo l’indignazione e soprattutto la piattaforma che richiama proposte che avanziamo da tanti anni.
Il caporalato è il prodotto mortale della Bossi Fini che produce lavoro nero, sfruttamento e morte. Lo diciamo da quando la legge è entrata in vigore che legare indissolubilmente il possesso di un titolo di soggiorno al contratto di lavoro avrebbe prodotto effetti nefasti.
Ce lo ricorda la terrificante vicenda dell’omicidio di Satman Singh. Le ragioni che permettono una catena di sfruttamento di milioni di uomini e donne, spesso ai limiti dello schiavismo, sono di sistema. Il “caporale” è l’ultimo squallido anello di una catena che parte dalle modalità con cui si propone di governare l’immigrazione: contratti solo stagionali, decreti flussi, volontà di avere manodopera ricattabile e priva di qualsiasi potere contrattuale, in assenza anche di efficaci di sistemi di controllo, sono la norma e non l’eccezione.
Importante la piazza di ieri a Latina e le affermazioni prive di tentennamenti in cui si è parlato di diritti, dalla regolarizzazione al voto, di abolizione totale della Bossi Fini, di indici di congruità, dell’urgenza di una politica radicalmente nuova caratterizzata dal combinato disposto dell’eliminazione delle norme di razzismo di Stato e dalla necessità che lo Stato, i corpi intermedi, i sindacati e le forze sociali e politiche, si assumano la responsabilità di invertire radicalmente la rotta.
I 3 milioni e mezzo di lavoratrici e lavoratori in nero denunciati da Landini, sono il frutto nefasto di scelte ed errori dei passati governi di centrodestra e centrosinistra. Bisogna cambiare dando priorità ai bisogni delle persone e ai diritti di chi lavora non ai profitti delle grandi catene di distribuzione.
07/0/2024
Maurizio Acerbo, segretario nazionale, Stefano Galieni, responsabile immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea