ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Produzione industrale a picco, Cgil: «Mai così dal dopoguerra»

Produzione industrale a picco, Cgil: «Mai così dal dopoguerra»

Economia

11/10/2025

da Il Manifesto

Roberto Ciccarelli

I dati L’implacabile fotografia dell’Istat: -2,4% su base mensile. -2,7% su base annua

Lo schema è noto. L’Istat comunica una brutta notizia, ieri per esempio ha parlato del 31esimo calo della produzione industriale mensile su 34 mesi di Giorgia Meloni a palazzo Chigi. Il governo e la sua maggioranza non hanno commentato. Quando, a breve, arriveranno i dati sull’occupazione che invece aumenta dal punto di vista quantitativo, allora l’esecutivo tornerà a raccontare le favole del melonismo. Tra una tirata sui “valori” e i balbettii in politica estera, non c’è nessuno al governo che spieghi l’anomalia di un’economia che, salvo la produzione farmaceutica, i trasporti e la difesa, è in piena deindustrializzazione mentre l’occupazione che aumenta è quella povera e con i bassi salari. L’impressione è quella di una barca lasciata alla deriva senza guida. I giochi sono stati già fatti.

LA CONTRAZIONE registrata dall’Istat ad agosto è stata notevole: meno 2,4% rispetto al +0,4% di luglio. Rispetto all’anno scorso il calo è del 2,7%. Le stime mensili vanno trattate con circospezione. Ma è evidente che il crollo estivo non è stato dovuto solo alla chiusura degli stabilimenti per ferie. Questo è il segno di una difficoltà strutturale: dal settore minerario a quello della plastica, dal legno al tessile, fino alla chimica. In particolare è il sistema industriale manifatturiero ad essere in sofferenza.

La crisi industriale è piombo nelle ali di una crescita tra le più basse in Europa: 0,5% del Pil. Lo ha infine registrato il Documento programmatico di finanza pubblica. Così sarà anche nel Documento programmatico di Bilancio che il Cdm di martedì dovrà mandare a Bruxelles entro il 15 ottobre. Il calo della produzione lascia intendere la mancanza di un motore interno della crescita. Questo è il problema di un paese che è stato concepito solo in vista delle esportazioni. Le flebili speranze di una ripresa sono agganciate a fattori esogeni. Ad esempio l’aumento della spesa militare tedesca che ha rialzato le previsioni della crescita della Germania all’1,3%, due volte e mezzo quella italiana. Ma tale fattore potrebbe anche non avere un effetto significativo su un’economia che in più aspetta di determinare le conseguenze dei dazi di Trump.

IN QUESTE DIFFICILI condizioni le richieste di «politiche industriali» che arrivano tanto dai sindacati, quanto da Confindustria, restano lettera morta, anche per l’evidente scarsità delle risorse, per di più in diminuzione visto che le risorse legate al Pnrr, che hanno sorretto la stentata crescita di questi anni, sono avviate a terminare nel prossimo giugno.

LA CRISI È LAMPANTE e il governo è incapace di affrontarla, sostiene Pino Gesmundo della Cgil. Dopo tre anni non ci sono risposte alla crisi del tessile che ha perso in un anno quasi il 2%. Così anche per il legno, la carta e la stampa che hanno perso il 2,5% o la chimica che si è fermata a un meno 2,2% della produzione.
L’unico atto programmatico annunciato dal ministro del made in Italy Adolfo Urso, un «libro bianco» per la politica industriale, è rimasto lettera morta da un anno. «Non c’è fretta, se la prenda pure con comodo, tanto la situazione, non è così grave, né per il Paese né per i lavoratori. Questa è la crisi più grande del dopoguerra», ha commentato amaramente Gesmundo. Confcommercio si è soffermata sulla crisi industriale e ha evidenziato le difficoltà dei consumi, legati al potere di acquisto declinante dei salari. Dalla manovra si attende un segnale legato a un allargamento del taglio dell’Irpef fino a 50 mila euro di reddito la cui entità non sembra essere destinata a rialzare la domanda interna.

COME VUOLE LO SPARTITO, ieri le opposizioni sono tornate a denunciare la distanza tra lo storytelling di Meloni e la realtà. «Con l’ultima legge di bilancio sono stati tagliati drasticamente i fondi per le politiche industriali, a partire dal fondo automotive – ha detto Antonio Misiani (Pd) – La fine dei programmi di incentivazione 4.0 e 5.0 apre una fase molto preoccupante per il nostro tessuto produttivo». «La crescita non si fa spremendo chi lavora, ma alzando i salari – ha detto Tino Magni (Avs) – Il Documento di finanza pubblica appena approvato conferma una manovra a impatto nullo sulla crescita». «La manovra nasce letteralmente morta»” hanno sostenuto i Cinque Stelle delle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato.

share