ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Quei «gravi indizi» raccolti senza garanzie

Quei «gravi indizi» raccolti senza garanzie

Commenti

30/12/2025

da Il Manifesto

Emilio Sirianni

Prova d'accusa Dell’ordinanza con cui la gip di Genova ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di nove persone con l’accusa di finanziare Hamas colpiscono le pagine iniziali. Si narrano costituzione ed evoluzione della suddetta associazione.

Dell’ordinanza con cui la gip di Genova ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di nove persone con l’accusa di finanziare Hamas colpiscono le pagine iniziali. Si narrano costituzione ed evoluzione della suddetta associazione.

Iniziando dal 1928, anno di nascita del movimento dei Fratelli Musulmani di cui Hamas è filiazione, e si percorre un secolo di storia contemporanea di quella parte di mondo che gli Stati europei hanno plasmato in un processo storico efficacemente definito «l’invenzione del Medio oriente».

Sono pagine che colpiscono tanto lo storico che il giurista, consapevoli entrambi delle diversità epistemiche fra verità storica e verità giudiziaria. La prima, prodotto della libera esplicazione del pensiero umano, libera nei mezzi e nei fini. La seconda, estrinsecazione di un potere coercitivo, condizionata da procedure e approdi predeterminati a tutela dei diritti individuali. La prima, che trae la propria autorità dal pubblico confronto fra studiosi ed è pertanto eternamente revocabile nell’evolversi collettivo del pensiero storico. La seconda, che trae autorità dalla forza della legge, che la impone come irrevocabile: verità meramente convenzionale, una volta che il prescritto iter procedurale sia compiuto.

Anche per questo, mentre fra le fonti storiche spesso compaiono atti giudiziari e sentenze, non dovrebbe accadere mai il contrario: un’analisi storica non è né acquisibile né verificabile o falsificabile con gli strumenti formali del giudizio. Insomma, quelle 30 pagine iniziali dell’ordinanza, che spaziano dalla caduta dell’impero ottomano all’attentato del 7 ottobre 2023 e alla successiva aggressione di Israele, passando dalla Nakba alla guerra del ’67, dalla rivoluzione degli Ayatollah alle guerre in Iraq ed Afghanistan, processualmente non hanno alcun valore.

Nonostante ciò, attraverso di esse si vorrebbero fornire i criteri di interpretazione, da un lato, di mezzi di prova sempre largamente controvertibili quali conversazioni telefoniche, digitali ed ambientali oggetto di intercettazione e, dall’altro, di un materiale probatorio ancora più incandescente.

Una grande parte dei «gravi indizi di colpevolezza» nei confronti degli indagati è, infatti, costituita da documentazione trasmessa dallo Stato di Israele «tramite i canali della cooperazione». Non, dunque, dall’autorità giudiziaria israeliana all’esito di rogatorie internazionali e con il rispetto di tutte le garanzie procedurali. Bensì, dall’esercito israeliano (Idf) «nel corso di operazioni militari»: l’operazione «Scudo difensivo» del 2002 e quelle che, dopo l’attentato del 7 ottobre 2023, hanno raso al suolo Gaza.

Dovendosi valutare l’attendibilità di questi documenti, quel che stupisce è che non si sia prima adeguatamente valutata l’attendibilità, in sé, della fonte. L’autorità giudiziaria procedente non può, infatti, non essere a conoscenza di quello che le massime autorità giudiziarie ed istituzioni internazionali hanno sancito riguardo alle attività e agli atti computi da Israele e dal suo esercito proprio negli anni e nel contesto in cui sarebbe stata acquisita quella documentazione. È notorio che la Corte penale internazionale il 21 novembre del 2024 ha emesso mandati di arresto nei confronti del primo ministro e del ministro della difesa israeliani per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi in danno della popolazione civile di Gaza. E che la Corte internazionale di giustizia ha ritenuto plausibile che nel territorio di Gaza si stessero commettendo atti di genocidio in danno dei palestinesi ed ha emesso misure cautelari nei confronti dello Stato di Israele finalizzate a garantire l’immediata cessazione di quegli atti genocidiari. Misure rimaste totalmente inadempiute.

Come altrettanto noto dovrebbe essere, infine, che il 16 settembre scorso è stato pubblicato l’ultimo rapporto della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui territori palestinesi occupati (emanazione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu), nel quale si afferma che gli eventi accaduti in Gaza dal 7 ottobre 2023, «preceduti da decadi di occupazione illegale e di repressione seguendo una ideologia che richiede la rimozione della popolazione palestinese dalla sua terra e la sua sostituzione», siano tali da indurre a concludere che Israele e le sue forze di sicurezza abbiano commesso e continuino a commettere atti in cui sono ravvisabili l’elemento materiale e quello psicologico del delitto internazionale di genocidio.

La domanda allora è se il giudizio debba procedere in una sorta di camera iperbarica, impenetrabile persino alle statuizioni delle massime autorità giudiziarie mondiali. La domanda è se quelle statuizioni incidano, e quanto, sull’attendibilità della documentazione posta a fondamento delle misure cautelari.

share