11/10/2025
da Il manifesto
IL LIMITE IGNOTO. Da inizio ottobre il 60% della produzione ucraina è stata distrutta. Zelensky insiste sugli asset russi congelati in Europa per superare l’inverno
A Kiev interi quartieri sono al buio, decine di migliaia di persone hanno trascorso le ultime ore senza acqua né elettricità. È la conseguenza dell’ultimo, pesante, bombardamento russo, condotto con oltre 450 droni e 30 missili. Un solo morto (un bambino di 7 anni) e 33 feriti, ma stavolta l’obiettivo era infliggere un colpo devastante alla rete energetica russa e al momento sembra che sia andato a segno.
«È L’INFRASTRUTTURA civile ed energetica il principale obiettivo degli attacchi russi. Insieme, possiamo proteggere la popolazione da questo terrorismo. Quello che serve non sono gesti simbolici, ma azioni decisive da parte degli Stati Uniti, dell’Europa e del G7 nella fornitura di sistemi di difesa aerea e nell’applicazione delle sanzioni» ha scritto Volodymyr Zelensky su Twitter subito dopo l’attacco. Gli ordigni russi non sono caduti solo sulla capitale: da Odessa al Donetsk molte regioni sono state investite dalla pioggia di fuoco della scorsa notta. A Zaporizhzhia un bambino di 7 anni è morto in ospedale dopo essere stato ferito. L’obiettivo principale dei russi, sostengono gli ucraini – Zelensky l’ha definita un’operazione «cinica e calcolata» – era l’infrastruttura energetica di Kiev. Maksym Timchenko, direttore della Dtek, la più grande azienda privata del Paese (seconda solo alla pubblica Ukrenergo) ha dichiarato che si tratta di «una grave escalation nella campagna russa contro il sistema energetico», che ha causato «gravi danni alle centrali termoelettriche». La comunicazione istituzionale russa ha rivendicato, al solito, che «l’attacco è stato un successo» e che «tutti gli obiettivi sono stati colpiti». Stavolta Mosca ha anche indicato chiaramente che «l’attacco massiccio contro obiettivi dell’infrastruttura energetica» è stato mirato, in quanto si trattava della rete che «garantiva il funzionamento delle imprese del complesso militare-industriale ucraino». Ciò che i russi non dicono è che, con il quarto inverno alle porte, l’ennesima campagna di raid massicci contro la rete energetica ucraina nasconde un altro obiettivo, ben noto: utilizzare il freddo inverno orientale come arma contro gli ucraini stessi. Negli anni scorsi questa strategia ha parzialmente funzionato, i mesi invernali sono sempre stati il periodo più duro per i civili ucraini, costretti a riscaldarsi con i frammenti di legno degli alberi o delle case bombardate in Donbass, accalcati negli scantinati nelle periferie delle grandi città. Sopravvivere a -20 o a -30 non è cosa da poco senza elettricità, gas e acqua calda. E al Cremlino lo sanno. In ogni caso la speranza russa è sempre la stessa: che il prolungarsi della guerra e le difficoltà sul campo di battaglia spingano i civili ucraini a fare pressioni al governo per raggiungere un accordo nel più breve tempo possibile. Un accordo che per gli ucraini in questa fase sarebbe, nell’opinione di Vladimir Putin, equivalente a una resa.
ZELENSKY ha insistito che «non servono parole vuote, ma azioni decisive da Usa, Europa e G7 nell’attuazione di forniture di difesa aerea e sanzioni», ovvero destinare gli asset russi congelati fin dall’inizio dell’invasione allo sforzo militare di Kiev. Durante la telefonata con la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, il leader ucraino ha sottolineato proprio questo punto. «Esistono soluzioni, ma ci deve essere una volontà politica sufficiente in Europa, poiché la maggior parte di questi beni è concentrata lì». Anche perché, oltre alle armi, la capacità produttiva ucraina continua a deteriorarsi. Secondo fonti citate da Bloomberg, negli ultimi bombardamenti (in particolare in quello del 3 ottobre) i bombardamenti russi su Kharkiv e Poltava hanno distrutto addirittura il 60% dell’intera produzione di gas ucraina. Per il media Usa, correre ai ripari per Kiev potrebbe essere costosissimo, si stima intorno ai 2 miliardi di euro. Soldi che l’Ucraina in questo momento non ha.
MA I PAESI DELL’UE aspettano ancora il placet degli Usa per procedere con l’esproprio dei beni russi congelati, misura su cui Mosca ha già minacciato gli europei di «ripercussioni gravissime».